Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, la grande caccia ai mafiosi dopo la cattura di Totò Riina. Uno dei magistrati è Alfonso Sabella. Le indagini sono diventate poi un libro, “Cacciatore di mafiosi”.

Giuseppina, quarant'anni, sposata con un milanese, è appena uscita di casa. È tornata dalle vacanze e sta per cominciare il suo shopping. Vuole approfittare degli ultimi saldi prima che le vetrine della zona elegante di Palermo, tra via della Libertà e via Notarbartolo, si riempiano di articoli invernali.

È il 24 settembre 1994 e fa ancora caldo, tanto caldo che alle sei del pomeriggio non c'è quasi nessuno in giro. È un sabato e molti palermitani affollano ancora le spiagge di Mondello e Sferracavallo. Giuseppina si sofferma a guardare una delle splendide palazzine liberty sopravvissute al sacco edilizio degli anni Sessanta. Nonostante viva a Palermo da parecchi anni, ancora si stupisce per il verde brillante delle siepi di melograno nano che circondano la villa, per quella miriade di piccoli frutti ornamentali dai colori accesi che, quasi a rimarcare altezzosamente la generosità di quella terra, spuntano superbi dalla recinzione.

All'improvviso due botti e il rumore di una moto che sgomma via. Giuseppina si volta. Non capisce. Sul marciapiede dall'altra parte della strada vede un uomo per terra. È alto e robusto e indossa una giacca sulla camicia aperta. Sotto di lui c'è una macchia rossa, vermiglia e sgargiante come quei melograni, che si allarga e comincia subito a cambiare colore, a scurirsi.

Nessun urlo, nessun lamento. La donna si guarda intorno, guarda in alto verso le finestre aperte che, stranamente e silenziosamente, vanno accostandosi l'una dopo l'altra come spinte da una forza invisibile. Allora si gira, e vede un'ombra, una figura umana che procede carponi dietro una fila di macchine. L'uomo alza la testa. Un istante, giusto il tempo di incrociare gli occhi smarriti di Giuseppina, e scappa via.

A poco a poco qualcuno comincia ad avvicinarsi alla macchia ora di un rosso torbido e che ormai cola fin sotto il marciapiede. Qualche automobile si ferma, qualche finestra si riapre; e quindi le sirene, le macchine della polizia.

Chi è stato ucciso? Chi è che fuggiva?

Un uomo in divisa si avvicina al corpo per terra. Lo tocca sulla fronte e ne afferra delicatamente il polso. Stacca dalla cintura una radio portatile e comincia a parlare. Poi sposta con attenzione la giacca dell'uomo privo di vita, prende il portafogli dalla tasca interna ed estrae un documento: Capomaccio Massimo, nato a Gaeta nel 1958, residente a Cefalù, provincia di Palermo, professione imprenditore, segni particolari nessuno.

«Signora venga con noi, abbiamo bisogno di interrogarla.» Giuseppina capisce che il suo shopping è finito ancor prima di cominciare e sale, mansueta, sulla volante della polizia che la porta in questura. La donna non ha visto uccidere Massimo Capomaccio, ma ha visto bene, in faccia, quell'uomo che scappava. I poliziotti prima la assillano con mille domande e poi la portano in un'altra stanza e le mostrano nasi, occhi, menti, attaccature di capelli come quelli che, da bambina, ritagliava dal «Corriere dei piccoli» e incollava con la coccoina per costruirsi le bambole di carta.

I tecnici della polizia scientifica sono quasi deliranti per la gioia: quando mai a Palermo era capitato di preparare un identikit partendo dalle dichiarazioni di un testimone oculare? Caso più unico che raro. Vogliono fare un buon lavoro perché chissà quando ricapiterà un'altra occasione così.

Consegnano un disegno a Giuseppina, il disegno di un volto come quelli degli attori che aveva visto a Roma, realizzati dagli artisti di strada di piazza Navona: «Sì, mi sembra proprio questo l'uomo che si nascondeva dietro le macchine». La donna firma i verbali e si allontana. Sotto la questura c'è il marito che l'aspetta in macchina.

Un paio di mesi dopo un poliziotto si presenta a casa di Giuseppina e le chiede di seguirlo. Stavolta

niente più figurine di carta. Le fanno vedere due fotografie. Ritraggono un uomo sulla trentina, di fronte e di profilo, e sullo sfondo le righe orizzontali e i numeretti che caratterizzano le segnaletiche degli uffici matricola delle carceri. Una rapida occhiata all'ispettore seduto davanti a lei, uno sguardo interrogativo come a dire «Ma devo proprio farlo?». Appena un cenno d'assenso dalla faccia del poliziotto, inequivocabile e, soprattutto, ineluttabile. Giuseppina chiude gli occhi come a mandar via la paura che l'attanaglia e poi quasi un sussurro: «È lui. Non ho il minimo dubbio.»

Le foto sono state scattate appena due giorni prima, all'Ucciardone. Sotto ci sono un cognome e un nome: Farinella Domenico, di Giuseppe e di Manzone Rosa, nato a San Mauro Castelverde il 22 agosto 1960 - arrestato il 29 novembre 1994.

copertina libro sabella cacciatore

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