Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, tocca al racconto del mondo dei cantanti neomelodici legati a boss e malavita.

Tra i tanti protagonisti del proscenio neomelodico che abbiamo passato in rassegna, il catanese Niko Pandetta è certamente uno dei più rappresentativi. Le sue suggestioni musicali non lasciano troppo spazio all’immaginazione e un brano tra i tanti proposti alle piazze è, forse, quello che li riassume meglio di altri: si tratta di «Dedicata a te», che appena scaricato su Youtube ha collezionato ben 3.340.000 visualizzazioni e 22 mila like. Il brano è dedicato alla zio del cantante, Salvatore "Turi" Cappello, tra le figure di maggior peso della Cosa Nostra catanese, che da Pandetta viene chiamato a modello, a esempio di vita «...a tutti questi ragazzi che ti vogliono assomigliare», come recita la canzone.

«Tu - esordisce Pandetta nel brano - che sei più di un padre per me, tu che per questa gente sei importante, tu padre di Catania, questo sei per questa città [...] Zio Turi io ti ringrazio ancora per quello che fai per me, sei stato tu la scuola della mia vita, che mi hai insegnato a vivere con onore, per colpa di questi pentiti stai rinchiuso la dentro al 41 bis, t'hanno condannato a questa vita senza pudore e senza dignità».

Lo zio mafioso

“Zio Turi”, l’uomo cui il neomelodico rende omaggio in stretto dialetto napoletano, che sarebbe stato una "scuola di vita", a cui viene tributato perfino il titolo di "padre di Catania", è stato protagonista tra il 1986 e i primi anni Novanta di una delle più cruente guerre di mafia che abbiano mai insanguinato il capoluogo etneo. Al termine di una lunga latitanza, lo zio di Pandetta venne tratto in arresto nel 1992 proprio a San Giovanni a Teduccio, alla periferia di Napoli, dove - spiegano gli inquirenti - molto probabilmente si era recato per trattare l’acquisto di una partita di mitra Uzi spedita proprio da Carmine Alfieri in Sicilia e bloccata dai Carabinieri all'imbarcadero di Villa San Giovanni. «Pe colp’e chist pentit – canta Pandetta - stai chiuso là dint’. T’hann cundannat a sta vita senza pudore e senza dignità».

In linea con il contenuto della sua canzone e con i modelli che propone ai suoi fans, la vita di Niko “The King” un tantino spericolata lo è stata anch'essa, con un esordio nel maggio 2017, quando il cantante non si ferma all’alt intimatogli dai Carabinieri, mentre viaggia a bordo di uno scooter senza assicurazione; poi, nell’ottobre 2017 finisce tra i 25 indagati dell’inchiesta "Double track" condotta dalla Squadra Mobile di Catania a carico di alcuni membri della cosca mafiosa Cappello-Bonaccorsi. Nonostante all’epoca dei fatti contestatigli, Pandetta fosse già detenuto agli arresti domiciliari, secondo gli inquirenti «non avrebbe avuto un rapporto stabile con il clan Cappello, ma risulterebbe impegnato in una parallela e intensa attività di spaccio, in particolare per quanto riguarda la cocaina». Nel luglio 2019, per questi reati viene condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi di reclusione e a 30 mila euro di multa.

Poi alcune interviste improvvide («...la mafia non esiste») e una comparsata alla prima puntata di “Realiti”, il programma di Rai2 condotto da Enrico Lucci, gli hanno procurato un profluvio di insulti che il cantante ha dovuto fronteggiare con una dichiarazione molto sobria e misurata, pubblicata su Facebook : «Volevo solo dire che io ho parlato e replicato degli sbagli che ho fatto da adolescente e che ho pagato con consapevolezza. Oggi sono una persona diversa grazie alla musica e al pubblico che mi ha reso Niko Pandetta non ho mai offeso questi due grandi eroi (Giovanni Falcone e Paolo Borsellino) che hanno dato la propria vita per una giusta lotta. Oggi sono un uomo diverso e canto per essere ogni giorno una persona migliore». Una dichiarazione sobria, dicevamo, e promettente: ma fino a che punto costruita ad arte per sottrarsi alle pesanti polemiche che in quel momento lo avevano preso a bersaglio? Perché pochi mesi dopo, Pandetta è ricascato nei panni dell'antico personaggio e nei modelli che esalta nelle sue canzoni; e, dimentico delle dichiarazioni da "umilissimo cittadino italiano", alla vigilia del Natale 2019, a Fisciano, in provincia di Salerno, ha improvvisato in strada un concerto non autorizzato, con tanto di dedica speciale ai camorristi detenuti al 41 bis. Testualmente: «A tutti quelli che stanno al 41bis per una presta libertà e con la speranza che possano tornare dalle loro famiglie». Visionato il video del concerto, il Questore di Salerno, Maurizio Ficarra, ha preso atto che «[...] il comportamento ossequioso avuto dal suddetto cantante, volto a rendere omaggio a persona sottoposta a regime carcerario di cui all’art. 41 bis, così come rilevato dalla riproduzione di un video dello spettacolo, rappresenta un disvalore assoluto che offende la moralità pubblica». Inoltre, dal momento che il concerto era stato effettuato davanti a un locale pubblico, «in violazione delle più elementari norme destinate a tutelare la sicurezza degli avventori e che tali episodi sono pregiudizievoli per l’ordine e la moralità pubblica creando allarme sociale e sconcerto nell’opinione pubblica», il Questore disponeva la chiusura del locale per la durata di quindici giorni.

Il tatuaggio dedicato a Falcone e Borsellino

«Oggi sono un uomo diverso e canto per essere ogni giorno una persona migliore», ha scritto Pandetta. Diciamo, però, che riesce davvero complicato conciliare simili affermazione con le frequentazioni coltivate a Palermo dal cantante neomelodico, che nel capoluogo dell’isola può contare sull’amicizia di Jari Massimiliano Ingarao, indicato dagli inquirenti quale uomo d’onore della famiglia mafiosa di Borgo vecchio.

Il 15 giugno 2019 Ingarao lo riceve addirittura presso la propria abitazione, a dispetto del fatto che stia frattanto scontando la misura degli arresti domiciliari. Nei giorni successivi, i Carabinieri accendono i microfoni, fanno scattare l'intercettazione e così apprendono che il padrone di casa avrebbe voluto inserire Nico "the King" tra i cantanti neomelodici che – di li a pochi giorni – avrebbero animato il concerto per la festa del quartiere del Borgo. Nel corso della conversazione, però, altri amici presenti, fanno notare che l'intervento di Pandetta non risultava contemplato nel programma del concerto. Ingarao insiste e, anzi, si rivolge in tono imperioso agli ospiti e a muso duro chiarisce: «Io lo devo dire se puo' cantare o no... hai capito? Solo io». E poi, la trovata ingegnosa, degna del migliore istinto mimetico di un predatore della savana. Ingarao - come racconta agli amici - si sarebbe rivolto a Pandetta, suggerendogli la strategia vincente per superare ogni difficoltà; visto che i suoi problemi derivavano da alcune imprudenti dichiarazioni pubbliche in favore di esponenti della criminalità organizzata, allora la soluzione era semplice, intuitiva: «...fatti un tatuaggio e ti scrivi "Giovanni Falcone e Paolo Borsellino" e si risolvono i problemi».

Testi tratti dal libro “La mafia che canta. I neomelodici, il loro popolo, le loro piazze”, di Calogero "Gery" Ferrara e Francesco Petruzzella.

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