Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, tocca al racconto del mondo dei cantanti neomelodici legati a boss e malavita.

Come accade in tante città del Mezzogiorno, non c’è stagione o mese in cui a Palermo, ora questo, ora quel quartiere non si illumini a festa per la celebrazione in onore del santo patrono. Nelle periferie, nelle borgate, nei luoghi dove l’arte d’arrangiarsi è la regola mentre lo stipendio è un privilegio, quella è la festa più attesa, l’appuntamento da bere d’un fiato, tra il sacro e il profano: lo struscio in piazza, ma anche il triduo di preghiere; le bancarelle sui marciapiedi, ma anche la sfilata coi labari in spalla e i devoti in processione. E infine, a chiusura, il concerto in piazza dei neomelodici.

Nel 2020, la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo è tornata a indagare sulla famiglia mafiosa del Borgo, scoprendo che proprio in occasione della festa di S. Anna, patrona del quartiere, gli affiliati alla famiglia mafiosa di quella zona della città, taglieggiavano i commercianti per garantire lo svolgimento del concerto in piazza dei cantanti neomelodici.

Ma perché proprio i neomelodici, su invito diretto dei capimafia di quartiere? Abbiamo provato a immergerci in questo mondo di musica e parole, sapendo già che non tutti i cosiddetti “neomelodici” sono uguali; molti di loro coltivano repertori romantici, trame della vita “in rosa”, in cui si parla di amori, di abbandoni e tradimenti; altri hanno qualcosa di molto diverso che li distingue dalla maggioranza della categoria perché possiedono un repertorio ricco di pezzi musicali dal contenuto narrativo pressoché monotematico, che racconta con tono apologetico storie di latitanti e carcerati, gesta epiche di capimafia e malfattori, faide, vendette, e soprattutto lo sprezzante ripudio per pentiti e confidenti di Questura e l'odio per gli sbirri, declinato in tutte le sue possibili varianti.

Alcuni dei titoli di maggior successo: «Nun ci'amma arrennere» che mette alla gogna i collaboratori di giustizia; «Nu' Latitante» che si duole delle difficoltà affrontate da un ricercato per incontrare la propria famiglia; «A società» un vero e proprio inno alla consorteria camorrista; «O’ reè di Corleone», dedicata al defunto Salvatore Riina.

"Musica camorrista" la chiamava Nunzio Giuliano, assassinato nel 2005 a Napoli; proprio lui, che insieme ai fratelli, controllava la zona di Forcella, a seguito della morte del figlio per overdose, aveva deciso di dissociarsi dalla famiglia d'origine per dedicarsi al recupero dei giovani e al riscatto del suo territorio. E con la musica dei neomelodici era andato giù duro fin da subito, spiegando che «... questo tipo di musica trasmette volgarità, degrado, squallore, e questo è inaccettabile».

Perfino Nino D’Angelo, antesignano dello stile neomelodico, che negli anni Ottanta faceva sognare gli adolescenti di mezz’Italia con le storie semplici di riscatto sociale e di amori impossibili, ha liquidato questo nuovo filone musicale in due battute: «Questi non sono neomelodici, sono cantanti di malavita».

Testi tratti dal libro “La mafia che canta. I neomelodici, il loro popolo, le loro piazze”, di Calogero "Gery" Ferrara e Francesco Petruzzella.

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