Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, tocca al racconto del mondo dei cantanti neomelodici legati a boss e malavita.

Ovviamente non tutti i neomelodici si esibiscono nelle piazze esaltando camorristi e malacarne, non tutti se la prendono coi pentiti e non tutti salutano con deferenza gli “ospiti dello Stato” e “gli amici al 41 bis”. Sarebbe ingeneroso generalizzare, stroncando nella sua interezza un fenomeno musicale estremamente complesso e articolato, che al suo interno annovera produzioni di singolare valore e interesse. Franco Ricciardi, neomelodico vincitore del David di Donatello con il pezzo «’A verità», contenuto nella colonna sonora del film Song’e Napule dei Manetti Bros, ha tentato di segnare una linea di demarcazione in difesa dei neomelodici, spiegando che «[…] a Napoli, purtroppo, la linea che divide il conoscere un membro della criminalità organizzata dal farne parte è molto sottile. Anch’io vengo dalla periferia, da Secondigliano, quartiere a rischio. Potrei mai non conoscere persone che svolgono attività dubbie? Inutile essere ipocriti».

Ricciardi non ha tutti i torti; però vorrà convenire che una cosa è conoscere o incontrare occasionalmente e inconsapevolmente personaggi della malavita, altra cosa è frequentarli stabilmente, stringere con costoro un rapporto sinergico di convenienza per accelerare la propria carriera o - peggio ancora - condividerne gli orientamenti valoriali attraverso le canzoni o le proprie dichiarazioni pubbliche.

Alfredo Di Martino canta per Riina

E poi, diciamolo pure, ci sono una serie di limiti imposti dal comune sentire, dall’orizzonte di senso di una comunità che dovrebbe rifiutare la violenza e dovrebbe coltivare la solidarietà e la legalità come strumenti di esercizio della democrazia. Se questi limiti fossero davvero rispettati, sarebbe complicato vantare un brano del proprio repertorio più volte rimasterizzato e arrangiato, come quello dal titolo «Sei grande zio Totò», intonato dal palermitano Alfredo Di Martino, che fa di continuo capolino nei concerti di piazza dei neomelodici di terza generazione. Il brano è un esempio significativo di modello valoriale proposto da alcuni autori neomelodici e condiviso con orgoglio dagli appassionati seguaci del genere: il sanguinario capo di Cosa Nostra, Salvatore Riina – affettuosamente chiamato “zio Totò” – viene celebrato con parole degne di un re, perché «… uomini d’onore come te non ce ne sono più...». E poi, in un breve ma significativo crescendo, Di Martino descrive l’emozione suscitata dalle immagini del film “il capo dei capi” dedicato al capomafia, in quelle persone che gli vogliono ancora bene, concludendo con un trionfale «[…] sei grande zio Totò». A giudicare dall'entusiasmo e dal calore con cui la canzone è stata accolta nelle piazze e sui social, il "modello Riina" proposto da Di Martino sembra aver trovato una sconcertante, ampia platea di condivisione e consenso.

L’autore, già nel novembre 2013, si era cimentato una prima volta nella celebrazione canora della figura del capomafia corleonese, con un brano pubblicato su Youtube intitolato «’O rre di Corleone». Il brano è anch’esso una sorta di apologia della vita di Riina, descritto come un uomo che – tra la paura e l’ammirazione dei suoi concittadini – è pronto a spendersi per risolvere i problemi di chi ricorre al suo aiuto. Nel testo, prevale la dimensione familiare e familistica, quella del capomafia corleonese visto come un pater familiae, sposo affidabile, membro di una famiglia unita e solida, garante di valori tradizionali nei quali ci si può facilmente identificare e al quale si può fare ricorso in caso di bisogno, per trovare aiuto e conforto. Un modello d’uomo, insomma.

Già solo la scelta di idealizzare storie e personaggi di questo genere, dovrebbe imporre una riflessione molto seria circa il valore sociale, etico da attribuire a questo tipo di composizioni musicali; e invece intorno alla “melodia” di Di Martino è calato solo un gran silenzio. In questo come in altri casi analoghi, il peso di queste scelte asseritamente “artistiche” è stato sottovalutato, marginalizzato, ignorato per quello che invece è e rappresenta: il sintomo grave di un male grande, che non può essere liquidato con un sorriso o una battuta. E che deve ancor più preoccupare, solo che si voglia scorrere il numero di visualizzazioni e di compiaciuti consensi raccolti dalla pubblicazione sui social dei due brani in questione.

Daniela Montalbano ricorda gli Inzerillo

Proviamo ad andare avanti, scorrendo il nostro motore di ricerca sul web e scoprendo ancora un brano neomelodico costruito intorno alla memoria di un singolo personaggio; un brano che merita particolare attenzione per la sua dimensione celebrativa e apologetica, è certamente quello intitolato «Zio Franco» (2017), cantato dalla neomelodica Daniela Montalbano, e dedicato alla memoria di Francesco Inzerillo, storico uomo d'onore della famiglia mafiosa palermitana di Passo di Rigano. Personaggio ben conosciuto dagli investigatori e su cui hanno diffusamente riferito numerosi collaboratori di giustizia, Inzerillo viene indagato per la prima volta nel 1988 da Giovanni Falcone, nell’ambito dell'inchiesta “Iron Tower”, perché ritenuto l'organizzatore di un traffico di sostanze stupefacenti bivalente, consistente nell’esportazione dell’eroina dalla Sicilia verso gli Stati Uniti e nell’importazione, in senso inverso, della cocaina. Deceduto nel 2016, Inzerillo era cugino di Salvatore “Totuccio” Inzerillo, già capo mandamento della famiglia di Passo di Rigano-Boccadifalco e componente della “commissione” di Cosa Nostra, assassinato nel 1981 nel corso della seconda guerra di mafia.

Nel testo della canzone, però, di tutta questa assortita biografia non c'è traccia. Il brano nulla dice della storia personale di Inzerillo e si limita a muovere sul piano del ricordo umano e personale, non tralasciando di mettere in evidenza il senso di smarrimento e di vuoto in cui sarebbe precipitato l'intero quartiere palermitano di Passo di Rigano dopo la morte dell'uomo.

Testi tratti dal libro “La mafia che canta. I neomelodici, il loro popolo, le loro piazze”, di Calogero "Gery" Ferrara e Francesco Petruzzella.

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