Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, tocca al racconto della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo.

Il tratto autostradale interessato dall’esplosione ai fini dell’individuazione del punto di scoppio può identificarsi con quello individuato nel km 4 +773 della corsia lato monte nel senso di marcia Punta Raisi- Palermo, larga 10 metri, che risulta divisa da quella opposta, lato mare da un tratto di terreno non superiore ad un metro circa, racchiuso da due guardarail interni.

Nel predetto punto infatti si constava l’esistenza del cratere determinato dalla deflagrazione, la cui forma poteva assimilarsi a quella di una ellisse, il cui asse maggiore, lungo 14.30, si poneva come trasversale rispetto alla corsia di marcia, mentre quello inferiore era in posizione longitudinale rispetto alla stessa estendendosi per una lunghezza di 12.30.

Il punto di maggiore profondità del cratere raggiungeva in alcuni tratti i 4 metri, con una media di 3.5, determinando nel complesso una profondità che scendeva di oltre un metro rispetto al piano di campagna che stava intorno all’autostrada. Proseguendo sulla stessa linea del cratere nella corsia lato mare era possibile rilevare sull’intera lunghezza di essa il disfacimento dell’asfalto e la sopraelevazione dello stesso per un metro di altezza lungo i primi 4.7 metri e per 60 cm circa per i restanti 7.40.

Era possibile constatare anche sul terreno adiacente il tratto autostradale interessato dall’esplosione lo squassamento del manto stradale per un’estensione in lunghezza di altri 13,10 metri, in larghezza di m.1,5, cui si accompagnava un avvallamento di circa 50 centimetri di profondità, dal quale emergevano pietre annerite e frammenti di tubo di cemento di 5 cm di spessore.

Dall’osservazione prospettica dell’intero sito descritto si poteva constatare immediatamente “de visu” che la stessa traiettoria univa l’asse che attraversava il centro del cratere e l’insieme dei punti costituenti la linea che passava lungo la corsia lato mare e il terreno adiacente interessato dalla sopraelevazione dell’asfalto.

Dal cratere, formato nella maggior parte da materiale argilloso e pietre calcaree (calcite e dolomite), la stessa sera dell’attentato, alle ore 23 circa, prima dell’inizio della pioggia, venivano prelevati tramite tamponi, da personale appartenente al nucleo della Polizia Scientifica di Palermo e al Centro di Investigazione Scientifiche dei Carabinieri, una zolla di terra e due campioni di sostanze presenti nei pressi dello stesso; durante la pioggia, sopravvenuta quella stessa notte, altre quattro estrazioni della medesima specie venivano eseguite a circa due metri dalla voragine, oltre ad altre aventi ad oggetto frammenti di materiale in cemento anneriti nella parte interna.

Il giorno dopo altri campioni di tamponi venivano prelevati ancora nel cratere su alcune pietre annerite (1+2), nei pressi della Fiat Croma occupata dagli agenti deceduti (3) ed anche in quella occupata dai due giudici (5), e venivano altresì repertate pietre annerite raccolte in prossimità della voragine, nonchè frammenti di carta e plastica ritrovati presso la stessa (9).

Successivamente, il 29 maggio, venivano raccolti altri quattro frammenti di tubo di cemento annerito, prelevati fra il materiale di risulta venuto fuori nel corso dei lavori di scavo realizzati dalla ditta incaricata del ripristino del manto stradale. Va fra l’altro segnalato che nel corso delle prime ispezioni veniva subito notato dagli inquirenti un elettrodomestico, che si trovava nella scarpata lato monte. [...]

Una volta identificato nel cratere, attraverso le coordinate riferite, quello che può sin d’ora qualificarsi inequivocabilmente come il punto di scoppio dell’ordigno, appare opportuno rilevare rispetto ad esso quale fosse la posizione delle autovetture interessate dall’esplosione.

Sulla corsia P. Raisi-Palermo ponendosi alle spalle del cratere nel senso di marcia relativo alla corsia lato monte, al Km 4 + 780, distante due metri dal margine sinistro e otto dal destro, in posizione obliqua rispetto all’asse della corsia e con le ruote anteriori sul ciglio del cratere, si trovava l’autovettura blindata ( Fiat Croma bianca targata Roma 0F4837 ) nella quale viaggiavano i due magistrati e l’autista Costanza.

La parte anteriore della macchina, fino al vano motore, era completamente distrutta, residuando per la restante parte quel che rimaneva del cofano, completamente accartocciato, retto dalla sola cerniera destra. Il vetro del parabrezza, completamente incrinato, era stato sbalzato nel cratere, mentre la portiera sinistra, divelta, si trovava nel terreno adiacente all’autovettura.

Per quanto riguardava l’interno, il lunotto si era riversato nell’abitacolo, la metà sinistra del cruscotto e degli elementi sottostanti era squassata ed arretrata verso la posizione dell’autista, la cui spalliera era contorta e piegata in avanti, mentre sul volante, la cui parte inferiore era anch’essa contorta in avanti, veniva rilevata una macchia di sangue da cui si dipartivano dei rivoli.

L’interno dell’abitacolo era poi invaso da cumuli di detriti e di terra, che nella parte posteriore raggiungevano i cinquanta centimetri.

Al km 4+786, e quindi dietro alla precedente autovettura a 13,40 dal margine destro e 6,35 da quello sinistro, anch’essa in posizione obliqua rispetto al senso di marcia, si trovava l’altra Croma blindata di colore azzurro, targata Pa 889982, occupata dai tre agenti di scorta sopravvissuti.

Il tetto del mezzo risultava coperto da uno strato di terriccio e pietre spesso circa 2 cm; la parte anteriore dell’autovettura, arretrata verso l’interno, era contorta al pari del cofano, che risultava divelto dalle cerniere; il parabrezza incrinato; il lunotto effranto e rientrato verso l’abitacolo di circa 10 cm; il volante con la metà inferiore contorta verso il basso.

A quattro metri di distanza dalla citata autovettura si rinveniva la Lancia Thema, con il tetto completamente schiacciato, il parabrezza incrinato e fuoriuscito dal sito, il lunotto e i fari effranti, cumuli di detriti e terriccio in prossimità della leva del cambio.

Della Fiat Croma resta ben poco

[...] Sin qui la descrizione del tratto autostradale interessato dall’esplosione: è evidente che in essa non si sia ricompresa la prima auto di scorta perchè, come si è già accennato in precedenza, questa era stata sbalzata fuori dalla corsia di marcia nella quale viaggiava il corteo, quella lato monte, e scaraventata in un terreno contiguo all’autostrada, cioè dal lato opposto, quello che dava sul mare, a ben 62 metri di distanza dal cratere, in corrispondenza del km 4+795, e quindi leggermente arretrata rispetto al punto di scoppio.

Sia la sollecitazione ascrivibile all’esplosione che l’impatto con il terreno erano stati la causa della completa distruzione dell’autovettura.

Infatti, della Fiat Croma blindata di colore marrone (targata Pa A 06677) era rimasta solo la parte inferiore della scocca con le ruote, tranne quella anteriore destra, parte del cruscotto - con il contachilometri che segnava la velocità di 160 e il contagiri fermo a 60 - parte del volante, ed infine il cambio ed i sedili anteriori, sui quali si ritrovava sostanza riconducibile a materia cerebrale, oltre a piccole parti di arti. Nel raggio di dieci metri dall’autovettura venivano poi ritrovati il motore, la ruota destra con la sospensione, e altre parti mancanti. […].

Gli effetti della deflagrazione sotto il profilo dell’ estensione del raggio di gittata di detriti, pezzi di asfalto e pietre da essa provocati si misuravano, rispetto al cratere, in 142 metri in direzione Palermo e 156 in direzione Trapani. […].

A questo proposito appare opportuno dar conto in modo specifico degli effetti dell’esplosione sugli immobili e le autovetture che si trovavano nei pressi del punto di scoppio circostanti provocati dal lancio dei detriti, nonchè delle lesioni personali riportate da quanti seguivano ed incrociavano il corteo delle macchine colpito dalla deflagrazione.

Quanto a quest’ultimo aspetto, oltre agli agenti di scorta sopravvissuti e all’autista giudiziario, restavano coinvolte nell’esplosione Gabriel Eberhard e Gabriel Eva, che viaggiavano a bordo dell’autovettura Opel Corsa, Ferro Vincenzo, che era a bordo della Lancia Thema, Ienna Spanò Pietra e Mastrolia Oronzo, alla guida della Fiat Uno, i quali riportavano tutti lesioni personali giudicate guaribili rispettivamente in giorni quindici, dieci, trenta, trenta e sette.

Per la parte relativa ai danneggiamenti delle autovetture, oltre a quelle di proprietà del Ministero degli Interni e a quella del Ministero di Grazia e Giustizia, e a quelle già citate in precedenza, venivano investite dai detriti dell’esplosione anche un’altra Fiat Uno ( targata Pa, 702416, di proprietà di Licandro Francesco) e una Alfa Romeo 33 (targata Pa A32829, di proprietà di Bruno Stefano).

I danneggiamenti si estendevano poi ad alcuni villini che insistevano in prossimità del punto di scoppio, situati per la precisione nel tratto di strada denominato Passaggio della Lepre, ai capannoni di una azienda avicola, la Sia Sicula Industriale Srl, e a due roulotte parcate nella strada provinciale che costeggiava l’autostrada.

Le indagini sul "posizionamento” dei killer

Ritornando alla descrizione dei luoghi, deve tenersi presente ai fini di una più completa raffigurazione degli stessi che la corsia lato monte dell’autostrada, lungo il tratto interessato dall’esplosione, risulta parallela alla statale 113, che per un pezzo è costeggiata dalle abitazioni che avevano riportato i danni sopradescritti. Alle loro spalle si diparte un’estensione di terreni la cui altitudine rispetto al livello del mare aumenta progressivamente.

La posizione di preminenza di questi siti rispetto al luogo dell’esplosione aveva reso evidente sin dall’inizio agli inquirenti che tali zone dovevano aver costituito punto privilegiato di osservazione per gli autori dell’attentato, in quanto quella posizione non poteva che essere l’unica che al contempo garantiva sia la visione piena del nastro autostradale, che l’eventuale avvistamento e avvicinamento dell’obiettivo da colpire.

In tale ottica si spiegano pertanto le perlustrazioni effettuate sui luoghi indicati già il giorno dopo la strage dai Carabinieri e successivamente il 29 maggio dalla Polizia, sull’esito delle quali hanno riferito in dibattimento sia la dott. ssa Pluchino che i consulenti del Pm, nonchè il rilievo dell’individuazione dei seguenti elementi, che giova tener presenti anche in questa fase preliminare, al fine di fissare topograficamente quelli che potevano rilevarsi, come poi si rilevarono, i luoghi interessati dall’attentato e dalla fase preparatoria dello stesso.

Orbene, gli investigatori appuravano e hanno riferito nel corso della loro audizione, che lungo la strada in cui si affacciavano le citate villette, andando in direzione Trapani, ad un centinaio di metri dalle ultime abitazioni, ci si imbatteva in un cancello con le bande accostate, ma privo di serratura: oltrepassatolo, l’osservatore poteva immettersi in una stradella asfaltata, interrotta ad un certo punto, dopo circa 70 m, da una frana e, prima di essa, da una recinzione di filo spinato i cui fili risultavano tranciati in modo tale da consentire il passaggio.

A 150 m dalla frana, sulla scarpata lato mare si notava un albero che attirava l’attenzione perchè nel lato destro ne risultavano tranciati i rami, che venivano ritrovati nel terreno adiacente, i quali avevano le foglie completamente secche al contrario dei rami che all’interno erano ancora verdi.

A dieci metri dall’ arbusto vi era un mandorlo e fra le due piante erano stati ritrovati numerosi mozziconi di sigaretta.

Ai rilievi eseguiti partecipava l’ispettore Ricerca (deposizione dell’ 11-10-95) che così ha riferito: «Nella scarpata sottostante abbiamo due alberi: uno di mandorlo, che per chi guarda l'autostrada e' sulla destra; l'altro non ricordo il tipo di albero, comunque il giorno 26 portai io li', spiegherò il perche', il professore Raimondo, il direttore dell'istituto Ortobotanico di Palermo. Perche' portiamo li'? Perche' ci accorgemmo di una cosa: che alcuni rami di questo albero che e' sulla sinistra, che possiamo vedere, presentavano dei tagli. Il giorno, se non vado errato, il 26, di pomeriggio, con il professor Raimondo e con alcuni suoi collaboratori, andammo sul posto per verificare l'origine di questi tagli e perche' ci aveva insospettito, tra l'altro, un principio di essiccamento della pianta. Da un primo esame cosi', a voce detto, furono poi effettuati, se non vado errato, dei prelievi, e furono fatte delle fotografie; da quello che il professore ad occhio, subito pote' stabilire, riferi' al sottoscritto, che relazionai dicendo che sarebbe naturalmente seguita la relazione tecnica, specifica, che quest'albero presentava due tipi di tagli, sia come durata temporale sia di tagli effettuati in un arco temporale diverso: un primo taglio che era di 30 - 40 giorni, alcuni tagli che erano stati fatti... perche' noi ritenemmo che era importante questa recisione degli alberi? Perche' questi rami che erano stati tagliati non facevano altro che ostruire la visuale del tratto autostradale, perche' da questo punto, oltre a vedere perfettamente il luogo che era stato creato della voragine, si aveva una visione panoramica dell'autostrada, per circa un chilometro, per cui subito salto' all'occhio che quei rami, verosimilmente, erano stati tagliati perche' ostruivano questa visuale, perche' da un chilometro di distanza, dall'aeroporto... cioè da un chilometro di autostrada indietro verso l'aeroporto a venire, già il corteo delle macchine poteva essere seguito anche ad occhio nudo o con l'ausilio, eventualmente, di binocoli.... tra l'altro, l'altro albero di mandorlo che si trovava sulla destra e dove furono trovate la maggior parte delle sigarette, aveva proprio una specie di muretto di contenimento, dove era facilissimo... dove uno si poteva sedere e, tra l'altro, aveva sempre la visuale del punto dove si e' creata l'esplosione e vi era consentita una maggiore mimetizzazione con gli alberi».

Testi tratti dalla sentenza della Corte d'Assise di Caltanissetta (Presidente Carmelo Zuccaro)

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