Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, tocca al racconto della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo.

Successivamente al caricamento del condotto era iniziata la fase dell’attesa dell’arrivo del dott. Falcone. Tale momento era stato preceduto dalla riunione di concerto fra il gruppo palermitano e quello che operava invece a Capaci: l’incontro si era verificato al casolare, che poi era abbandonato per non dare adito ai vicini di sospettare sull’insolito movimento, a favore di un altro immobile, sempre nei paraggi, di cui Troia aveva la disponibilità .

Si era convenuto in quella riunione che Domenico Ganci, non appena avesse avuto la consapevolezza che la Croma si dirigeva verso l’aeroporto, avrebbe dovuto chiamare sia Brusca che Ferrante, e che quest’ultimo avrebbe stazionato nei pressi dell’aeroporto.

Un ruolo particolare aveva assunto nel piano la posizione di La Barbera, che aveva il compito di seguire il corteo dalla strada provinciale prima che si avvicinasse al condotto caricato: «E allora oltre alla casa dove c’era la cavalla, cioè il recinto con la cavalla, nelle vicinanze a distanza sempre di cento metri circa, centocinquanta metri il TROJA aveva la disponibilità di un villino che noi, siccome avevamo fatto del movimento, in quella casa c’era stato un po’ di traffico, c’erano delle persone di un palazzo vicino che potevano notare questo movimento, per non attirare più l’attenzione di questo movimento a secondo, in base a quello che doveva succedere, ci siamo spostati in quel villino. Però, prima di spostarci in quel villino, le persone responsabili che dovevano portare a termine l’operazione abbiamo fatto una riunione per dividerci i compiti. La riunione l’abbiamo fatta nel casolare. C’eravamo Io, BIONDINO, GANCI RAFFAELE, CANCEMI, DOMENICO, credo che c’era pure DOMENICO, FERRANTE; ripeto, può darsi che qualcuno magari non c’era e io lo sto mettendo o qualcuno c’era, eravamo tutti, cioè tutti presenti, però può darsi in quel momento dico che c’era e poi magari quello non c’era, però o c’era qualcuno o che mancava qualcuno, però i responsabili eravamo tutti presenti e le spiego subito il perché: perché c’era GANCI DOMENICO, GANCI RAFFAELE e CANCEMI che dovevano darci, che controllavano PALERMO, per controllare l’uscita, cioè l’uscita del corteo quando si incamminavano per andare a PUNTA RAISI, il compito era di questi tre e in particolar modo di GANCI DOMENICO che doveva chiamare sia FERRANTE che a noi. Cioè, per dire, una macchina è partita per andare a PUNTA RAISI, cioè con un segnale convenzionato... e poi infine LA BARBERA doveva controllare per eccesso di zelo la velocità, con una strada parallela, del Giudice FALCONE, cioè il corteo delle macchine....l’autostrada ad un dato punto, credo, uscendo dal CARINI, non so, JONNHY WALKER o nelle vicinanze di CARINI c’è un tratto di strada che costeggia all’autostrada che si può camminare alla stessa velocità in quanto rettilineo e si può controllare ad occhio nudo, cioè le macchine che camminano sull’autostrada e poterci camminare parallelamente. Ad un dato punto questa di qua, questa strada finisce, credo che finisce al JONNHY WALKER e inizia molto prima, credo che inizia a VILLA GRAZIA DI CARINI, se non ricordo male,...che era l’ultimo punto che il LA BARBERA doveva chiamare a noi per darci il via definitivo».

Due gruppi in azione

Il coordinamento fra i due gruppi era possibile grazie anche all’opera di Salvatore Biondino, che doveva fare da spola fra Palermo e Capaci e che era il “trait d’union” fra i due poli, incaricato quindi di portare notizie nuove a chi a Capaci attendeva notizie sull’arrivo del convoglio: «In questi termini, che loro dovevano provvedere, cioè a controllare questa posizione, il BIONDINO doveva fare da spola tra noi e PALERMO, per dire montiamo, smontiamo, per oggi leviamo mano, cioè domani continuiamo, cioè per avere sempre il punto di collegamento. E noi rimanevamo a CAPACI per poi azionare, un gruppo doveva azionare il telecomando e un altro gruppo doveva operare la ricevente».

Precisati in questi termini i compiti di ogni singolo operatore, la riunione aveva avuto termine e, il gruppo incaricato di eseguire gli appostamenti si era trasferito nella villetta, dove aveva inizio l’ultima fase che aveva preceduto la realizzazione dell’attentato: con riferimento a tale periodo l’attenzione degli operatori era in particolare rivolta agli ultimi giorni della settimana, giovedì, venerdì e sabato, con esclusione della domenica: «...Dopo avere fatto questa riunione, dopo avere messo a punto ognuno i suoi compiti, da quel momento in poi, cioè per gli appostamenti, cioè per aspettare quando arrivavano, ricevevamo le chiamate ci siamo spostati in questo villino nel casolare, credo, tutto complessivo due, tre giorni, quattro giorni, non mi ricordo, cioè il tempo, cioè tutto quel lavoro che abbiamo fatto prove, caricamento, tutto quello che si è svolto lo abbiamo fatto nel casolare. L’appostamento si faceva nei fini settimana, partendo da, credo, giovedì, venerdì e sabato, la domenica no. loro credo che controllavano sempre la macchina, però il punto fisso da parte nostra era giovedì, venerdì e sabato...chi aveva controllato, cioè il gruppo di PALERMO che aveva controllato le abitudini del Dottor FALCONE la domenica credo che non, il Dottor FALCONE non viaggiasse o non camminasse per le notizie che loro avevano. Addirittura qualche volta nel primo pomeriggio di sabato levavamo pure mano. Quando non effettuavamo l’appostamento, cioè l’appostamento e aspettavamo la chiamata, nel villino nella disponibilità del TROJA.... in attesa delle chiamata, cioè nella attesa della chiamata ci aspettavamo nel villino. Ognuno ce ne andavamo a casa propria, cioè noi ce ne andavamo ad ALTOFONTE, perché io in quel periodo fino al 23 maggio sono stato ad ALTOFONTE. RAMPULLA se ne andava, però quelli di PALERMO credo che continuavano sempre la attività anche perché GANCI DOMENICO, l’abitazione di GANCI DOMENICO e dove aveva macelleria l’aveva sempre sott’occhio poteva controllare benissimo i movimenti...».

Il collegamento fra la città e Capaci aveva operato non solo in occasione della strage, ma anche prima, all’incirca un paio di giorni dopo il caricamento del condotto: gli operatori infatti avevano sperimentato, in occasione di alcuni falsi allarmi, l’operatività del meccanismo che avevano creato: «Sì, è arrivato un falso allarme in quanto da PALERMO avevano visto che la macchina stava prendendo il corteo per PALERMO, ma poi è finito, cioè è arrivata la conferma, dice: “No, è tutto falso, non c’è niente da fare”...c’è arrivata la chiamata di prepararci, di tenerci pronti in quanto dovevamo andare, perché noi avevamo bisogno di un po’ tempo, cinque, dieci minuti di tempo per andare ad azionare, cioè andare a mettere la ricevente sul luogo, perché la ricevente la mettevamo cinque minuti, dieci minuti prima di azionare il telecomando, perché prima non la dovevamo mettere per non rischiare qualche problema...in quell’occasione che avevamo il telefonino di LA BARBERA...Ma credo in questo falso allarme fu il primo, se non ricordo male, fu il primo tentativo e credo che eravamo nel casolare, cioè nel recinto...il primo giorno, perché poi subito ci siamo spostati, però non, mi ricordo che mentre eravamo lì dentro o mentre che stavamo preparando, ci trovavamo per caso, perché poi ci passavamo quasi sempre dal casolare, quindi mentre ci trovavamo lì dentro è arrivata la telefonata per poi spostarci nel villino, dico, però che eravamo dentro il casolare, eravamo dentro il casolare...fu uno uno dei primi giorni dopo il caricamento».

L'incidente dell’artificiere 

Era stato durante il secondo appostamento che Brusca era entrato in possesso del cellulare comprato per lui da Santino Di Matteo, che poi era stato utilizzato principalmente il giorno della strage: l’accorgimento ideato da Brusca era quello di far risultare la telefonata fra La Barbera e il commando operativo di cui lui era a capo, come una conversazione fra due soggetti che già si conoscevano e pertanto non potevano dare adito a nessun sospetto: «Viene utilizzato da noi, da LA BARBERA, io e GIOE’ e per il motivo che ho spiegato poco fa’, per avere la telefonata tra il DI MATTEO e LA BARBERA in maniera che, se domani è sotto inchiesta, potevano spiegare le loro amicizie, le loro conoscenze paesane, per motivi di lavoro, potevano dare una giustificazione plausibile. Infatti appositamente, chiedo scusa, appositamente la telefonata è stata fatta durare credo parecchio, tre, quattro, cinque minuti, cioè è stato predisposto prima, per dire: non staccare subito, sì, pronto? Apposto, parla della qualunque cosa, nel frattempo dici la velocità in maniera che la telefonata durasse del tempo. Credo che questo apparecchio lo abbia utilizzato o LA BARBERA o GIOE’ per telefonate sue, per i fatti suoi, io non l’ho utilizzato, ma loro lo hanno utilizzato […]».

Ci fu un episodio che aveva caratterizzato in particolare la fase degli appostamenti, verificatosi o nel corso dell’ultima settimana o in quella precedente, e cioè l’incidente stradale occorso a Pietro Rampulla, che aveva comportato gli sforzi di tutta l’organizzazione, ed in particolare di Salvatore Biondino, che si era impegnato per fare in modo che non rimanesse alcuna traccia formale dell’evento, perchè era ben chiaro agli operatori il peso di un futuro probabile ritrovamento di una traccia della pemanenza nelle zone palermitane del Rampulla: «Io direttamente non ho visto niente, però ho saputo che RAMPULLA PIETRO ha subito un incidente credo allo svincolo di ISOLA DELLE FEMMINE...ho saputo che poi mi hanno raccontato che aveva subìto questo incidente e che la macchina si era un po’ distrutta e che si cercava in qualche modo il titolare, cioè con cui ha avuto il contatto, cioè il contatto, ecco, lo scontro di non fargli fare assicurazioni in maniera da non fargli, cioè per non fargli, oggi o domani si potesse scoprire essere un alibi a discapito del RAMPULLA. Poi se non gli hanno fatto l’assicurazione o gliel’hanno fatta, come sono andati a finire i fatti questo non me lo ricordo. Tutti lo abbiamo saputo che GIOE’, LA BARBERA, poi BIONDINO, che poi BIONDINO si sono presi l’incarico di fargli sistemare la macchina da un meccanico di loro fiducia, cioè da un lattoniere di loro fiducia, non me lo ricordo chi per primo me lo disse, però lo sapevamo tutti che aveva avuto questo incidente...se non ricordo male, aveva un PEUGEOT 205. Ma credo o nella seconda o il giorno prima dell’ultima postazione, perché poi all’ultimo giorno lui non poté venire, perché aveva degli impegni, perché se c’era lui non, cioè il telecomando lo doveva azionare lui, quindi o prima o l’ultima».

Un altro episodio particolare, sulla cui effettiva realizzazione Brusca ha dato la sua versione, è quello relativo alla presenza a Palermo del dott. Falcone insieme al dott. Borsellino il 18 maggio, cioè il lunedì della stessa settimana in cui si era verificata la strage. Era stato sempre Salvatore Biondino che aveva informato Giovanni Brusca dell’occasione mancata: […].

Da Biondino, Brusca aveva anche appreso, ma solo dopo la realizzazione della strage, che in un’altra occasione la Croma era stata seguita oltre la circonvallazione, fino a Villabate: «Già noi lo sapevamo prima, che c’è stata una uscita e che l’autista si è recato CIACULLI VILLABATE infatti si pensava di vedere dove è andata a finire questa macchina per controllare con chi avesse contatto questo poliziotto o questo, cioè l’autista del Dottore FALCONE, ci poteva essere una base, qualche contatto con queste persone. Sempre BIONDINO, CANCEMI o GANCI, quando poi ci siamo rivisti si è parlato di questo fatto...credo me lo disse nuovamente nella casa di GUDDO GIROLAMO, che poi ci siamo rivisti tutti commentando un pochettino io ho visto questo, io ho visto quest’altro, si è fatto un po’ il riassunto di quello che era avvenuto...dopo giorni, non nel giorno stesso della strage, il giorno stesso quanto gli ho raccontato poi me ne sono andato, cioè questo fatto poi commenti dei movimenti in particolari poi man mano che ci andavamo venendo ci raccontavamo i particolari che era avvenuto».

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