Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, tocca al racconto della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo.

La partecipazione dell’imputato Salvatore Cancemi alla fase dei preparativi dell’attentato si è articolata in diversi momenti, il primo dei quali, come già era accaduto per Giovanni Brusca, era collegato al ruolo da lui svolto all’interno dell’associazione mafiosa: egli infatti, successivamente all’arresto di Giuseppe Calò, rappresentante del mandamento di Porta Nuova, ne aveva preso il posto ed era diventato pertanto responsabile della gestione di quel territorio, fra i più importanti in assoluto, perché ricomprendeva buona parte della città di Palermo. Pertanto, in virtù del ruolo rivestito, Cancemi, come Brusca, era venuto a conoscenza della strage non solo per avervi dato apporto dal punto di vista materiale, ma anche ancor prima per esserne stato informato a livello ideativo.

E’ opportuno pertanto che la trattazione inizi con l’illustrazione di questo momento preliminare rispetto alla fase che si analizza, cioè quella del travaso dell’esplosivo nei bidoncini avvenuto nella villetta di Capaci.

Giova segnalare che Cancemi ha fatto riferimento, per indicare il luogo ove era avvenuta la comunicazione in ordine alla strage, al cantiere di piazza Principe di Camporeale, che ha costituito oggetto dell’osservazione dei Carabinieri dei Ros, su cui ha riferito il capitano Di Caprio, e che, come si è illustrato in precedenza ha fornito preziosa chiave investigativa per l’avvio delle indagini sugli odierni imputati, confermandosi quindi, anche sulla base delle rivelazioni dell’imputato, punto di incontro di soggetti gravitanti nell’orbita di Cosa Nostra, parte dei quali aveva avuto a che fare con la strage.

«...Io di solito, diciamo, andavo là, incontravo GANGI RAFFAELE, ma più volte ci andava anche il BIONDINO, io lo vedevo, per motivi che parlava con GANGI, magari motivi di interessi, di cose, diciamo sempre cose di "COSA NOSTRA", una volta ho visto CARLO GRECO, pure qua in questa... in questa costruzione.. Anche i figli di GANGI, PAOLO ANSELMO che è il sottocapo della "famiglia" della NOCE, ci andava pure, sì».

Biondino, il “portavoce” di Riina

[…] Deve inoltre farsi attenzione al soggetto che secondo l’imputato si era fatto portavoce della volontà di Salvatore Riina, cioè Salvatore Biondino, soldato della “famiglia” di San Lorenzo, molto vicino ai corleonesi e personaggio che, per quanto è emerso finora, divideva le sue presenze fra Capaci e la città, e che inoltre per la sua vicinanza al Riina, secondo quanto si ricava dalle dichiarazioni di Cancemi, sembra averne assunto il ruolo di portavoce diretto: «...Il Biondino quindici, venti giorni prima di questo attentato, (che successivamente, sulla base di ulteriori approfondimenti emersi nel corso della deposizione, diventeranno 30, 40 giorni) mi aveva comunicato... mi aveva accennato che "'U ZU' TOTUCCIO" aveva... già era pronto per metterci una bomba a FALCONE... io mi trovavo in una costruzione a PIAZZA PRINCIPE CAMPOREALE, dove c'era GANGI RAFFAELE e io ero... di solito c'andavo a trovarlo, e qui BIONDINO ha comunicato... BIONDINO SALVATORE è una delle persone più importanti per RIINA, BIONDINO SALVATORE era tutto... era quello unitamente a GANGI, che in tutti gli appuntamenti che RIINA faceva, tutte le... le cose più delicate, appunto vi dimostro che SALVATORE BIONDINO è stato arrestato con RIINA, SALVATORE BIONDINO era quello che... che sapeva dove dormiva RIINA, io non lo sapevo, e quindi... ecco perché SALVATORE BIONDINO, perché SALVATORE BIONDINO faceva parte della commissione, il vero capomandamento che faceva parte della commissione era PIPPO... è PIPPO GAMBINO, però il BIONDINO era quello che... come era una figura pulita, incensurato, era quello che girava di più e quello che spostava RIINA negli appuntamenti e negli incontri più delicati, ecco là è venuto con SALVATORE BIONDINO a venire a dire... faceva parte del mandamento di SAN LORENZO...io ero là assieme a GANGI RAFFAELE, eravamo là a GANGI RAFFAELE e lui... siccome anche io facevo parte della commissione, quindi perché se... per dire io non facevo parte della Commissione lui lo comunicava solo a GANGI, e quindi se io ero un soldato... uno diciamo... s'appartava e lo comunicava a GANGI, quindi lo ha detto in quell'occasione, ha trovato a me e lo ha detto a e a GANGI. ...mi ricordo benissimo che BIONDINO disse che: "Si stava facendo il giro per incontrare altre persone».

Il messaggio che, quindi, Salvatore Biondino aveva portato al cantiere era rivolto a due capomandamenti, cioè a soggetti che in virtù del ruolo rivestito avevano, come si vedrà in seguito, poteri deliberativi, ed era indice del fatto che Salvatore Riina aveva realizzato che era ora di agire e che pertanto bisognava portare a conoscenza di coloro che, come Cancemi e Ganci erano legittimati a decidere sul da farsi, che il piano prestabilito doveva diventare operativo.

Nell’occasione dell’incontro al cantiere Cancemi si era intrattenuto con Biondino e Raffaele Ganci per mezz’ora, quaranta minuti circa, e ciò era avvenuto intorno le dieci e mezzo, le undici del mattino.

Nel corso della deposizione, in sede di riesame svolto dal Pm, si è appreso dall’imputato, per quanto riguarda i momenti successivi, della sua partecipazione alla riunione di presentazione di Pietro Rampulla a Salvatore Riina, di cui ha già riferito Giovanni Brusca, della quale viene pertanto confermata l’esistenza e lo scopo, che era quello di consentire al Riina di saggiare le competenze del catanese e programmare la dinamica dell’esplosione: [...]. Preso dunque atto dell’ulteriore approfondimento raggiunto in ordine alla ricostruzione della fase che precedette i preparativi materiali della strage, può procedersi oltre con l’illustrazione del racconto dell’imputato in ordine al momento del travaso dell’esplosivo.

E parla anche Totò Cancemi

Cancemi ha raccontato di essersi recato alla villetta tre volte: esclusa la prima in cui non erano potuti entrare perchè non avevano trovato nessuno in casa, le altre due si erano incentrate in incontri fra gli avventori di quel luogo e Raffaele Ganci, che lui ha dichiarato di aver solo accompagnato.

Ciò che ha caratterizzato finora il ruolo dell’imputato, nel corso di questi incontri, è una mera partecipazione passiva che si era estrinsecata nella semplice assistenza ai colloqui che Raffaele Ganci via via teneva con i presenti, per lo più Bagarella e Biondino, che, per quanto lui riusciva a percepire, si erano incentrati sulla tecnica da seguire per realizzare l’attentato, questioni sulle quali Cancemi non era mai intervenuto, limitandosi ad un ruolo di mero spettatore di tutti i discorsi fatti sulla sistemazione della carica.

Per quanto riguarda l’altro incontro utile, il terzo nella successione cronologica, Cancemi ha narrato che era rimasto nella villetta ad aspettare il ritorno di Raffaele Ganci, che dopo il loro arrivo alla villetta si era allontanato con Biondino in un sopralluogo del luogo ove si doveva montare l’ordigno, senza peraltro riuscire ad indicare se si trattava del luogo definitivo o altri provvisori.

Quanto alla fase del travaso vera e propria, l’imputato ha negato ogni sua partecipazione, limitandosi a riferire di avere casualmente notato i bidoncini già riempiti grazie ad un’espressa indicazione del Ganci, che gli aveva fatto presente che in essi era stata riposta la polvere per il giudice Falcone. Ha descritto poi i contenitori come bidoncini non grandi, di cinquanta centimetri per lo più, un po' grossi, bianchi con i manici scuri, e ne indicato un numero determinato, otto o dieci. Quanto ai presenti, oltre a Salvatore Biondino già citato, ha riferito di Bagarella, Brusca, Ferrante, La Barbera, Rampulla, Troia e Battaglia. Per gli ultimi due ha parlato di una relazione molto stretta nella quale risultava coinvolto anche Biondino: «Ma io posso dire che per me Battaglia era il padrone di casa di là, di quello che io ho capito, perché era lui che si muoveva diciamo di più, e... per me era lui diciamo... l'ho visto quelle volte che ci sono andato, l'ho visto sempre presente là, e l'ho visto che parlava con BIONDINO, insomma che si muoveva là... conosceva i luoghi in cui si è eseguita la strage perché BATTAGLIA è di là, è della zona... i rapporti tra BATTAGLIA e TROIA ANTONINO di quello che ho visto là... buonissimi, perché l'ho visti intimi che parlavano, erano loro due, questo TROIA e lui che si muovevano di più dentro quella casa là, in quel spiazzaletto che c'era là... le posso dire che erano persone intime con BIONDINO...».

Ricostruendo quindi le fasi dell’intervento di Cancemi all’interno della fase Capaci, si è delineato il seguente racconto che temporalmente l’imputato ha collocato a otto dieci giorni prima del realizzarsi della strage: «[...]Quindi siamo andati là e, non mi ricordo bene se è stata quella volta che abbiamo trovato il lucchetto, poi ci siamo ritornati di pomeriggio, e quindi è stata quella volta che là abbiamo trovato BIONDINO, questo BATTAGLIA GIOVANNI, 'stu "ZU' NINO", ZU' NINO TROIA mi sembra che si chiama, TROIA e dopo un venti minuti, un quarto d'ora è venuto BAGARELLA, GIOVANNI BRUSCA, LA BARBERA, RAMPULLA e qualche altro mi sembra che c'era. E quindi c'è stato diciamo che GANGI si appartò un po' di metri così con BIONDINO SALVATORE, si sono parlati... poi si sono allontanati un venti minuti, mezz'ora così con la macchina, poi è ritornato, è ritornato là, e io con GANGI dopo un... un po' di minuti così, ce ne siamo andati. Questa è stata la seconda volta, se non ricordo male, però attenzione che posso fare un po' di confusione, perché c'è stato... sono stati questi diciamo le volte che io sono andato là, sono andato là. Poi ci siamo ritornati, ancora, e quando siamo andati là, c'erano queste... sempre queste persone e ho visto all'angolo... perché qua, entrando c'è un marciapiede davanti, una verandina, tipo così, non una veranda diciamo proprio, una specie di verandina e poi c'è un'abitazione che si entra dentro, e all'angoletto così di fronte all'angolo dell'abitazione c'erano dei bidoncini bianchi con le maniche scure e GANGI mi disse: "là c'è, c'è la polvere per l'attentato a FALCONE". E c'è stato che siamo stati un'altra mezz'oretta là, così, abbiamo parlato, e GANGI sempre si è appartava un po' con BAGARELLA, un po' con BIONDINO, siamo stati un bel pezzo di tempo e poi ce ne siamo andati. E io là non ci sono ritornato più poi, non c'è stata un'altra volta che sono andato là, quindi posso sbagliarmi di qualche rigo diciamo...sì, proprio io mi ricordo che quando sono arrivati loro, c'erano questi bidoncini che ho parla.... come ho detto prima, ehm... e credo che è stato proprio... che era arrivato da qualche minuto quando si era allontanato il GANGI RAFFAELE e il BIONDINO SALVATORE. E poi, là si parlava, quello... BIONDINO parlava con GANGI, con BAGARELLA si giravano... eh, sì, dicevano che dovevano cercare la maniera migliore, si dove... cioè, trovare la maniera migliore per piazzare questo esplosivo... ma io mi ricordo che siamo stati un tre quarti, così, diciamo, quaranta minuti, così a parlare ma, gli altri erano là, diciamo, in attesa che pigliavano questa decisione, dove dovevano trovare questo posto migliore per fare... preparare questo attentato, tutti là insomma, pronti per intervenire ed andare a mettere questo coso... ma, io, come ho detto prima, GANGI si è allontanato con BIONDINO, appunto, per andare a vedere qualche posto, diciamo, dove mettere questo esplosivo. Poi se il posto è stato quello dove è andato GANGI oppure è stato un altro quando poi... guardi, io poi, là, non ci sono andato più, ....quindi come loro si sono organizzati con precisione io non sono in grado di fornirlo, però io le posso dire che dopo io... dopo giorni, una settimana, non mi ricordo preciso, dopo giorni, io ho incontrato GIOVANNI BRUSCA, nella VIA REGIONE SICILIANA a PALERMO e lui mi disse che era proprio lui che era stato assieme a BIONDINO che dice, aveva anche BIONDINO accanto, che era quello che aveva premuto il telecomando. Questo è quello che a me, mi disse GIOVANNI BRUSCA, però, come loro si sono appostati, diciamo, là, io ripeto, me ne sono andato, non ci siamo ritornati più....».

[…] Va da ultimo sottolineato che, con riferimento all'approvvigionamento e alla fornitura dell'esplosivo utilizzato nell'attentato, Cancemi ha dichiarato di non essere in grado di riferire alcuna circostanza: «...Presidente io questo l'ho spiegato, che io quando sono andato là ho visto con i miei occhi questi bidoncini pieni di esplosivo che GANCI RAFFAELE mi aveva detto: "questi sono pieni di esplosivo". Però questo travaso nei momenti che io ero là non ho nessun ricordo che io l'ho fatto questo».

Le dichiarazioni di Cancemi sulla fase relativa al riempimento dei contenitori che composero la carica chiudono l’esposizione sull’argomento.

Testi tratti dalla sentenza della Corte d’Assise di Caltanissetta (Presidente Carmelo Zuccaro)

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