«La trasparenza o è integrale o non è trasparenza. Significa che o abbiamo dati completi, continuamente aggiornati e fruibili a tutti, oppure ogni dato è inutile», si legge nel rapporto di Libera “Insanità, l'impatto della corruzione sulla nostra salute”. Nel rapporto, che affronta il tema della corruzione nel settore sanitario, viene analizzata anche la gestione emergenziale della pandemia. Libera, l'associazione nomi e numeri contro le mafie, boccia senza appello sia il livello di trasparenza degli enti territoriali, le regioni, sia quello del commissariato straordinario per il contrasto al Covid-19.

Partiamo da un dato ricavato da una relazione dell'Anac, l’autorità anticorruzione, di qualche settimana fa. Al 17 novembre «sono stati messi a bando per affrontare la crisi sanitaria oltre 14 miliardi di euro. Sono soldi spesi per l’acquisto massiccio di servizi e forniture, dalle mascherine ai banchi di scuola, attraverso procedure straordinarie (…) A fronte di questi 14,13 miliardi, le stazioni appaltanti hanno comunicato soltanto importi aggiudicati per 5,55 miliardi di euro». L'eclissi della trasparenza e di conseguenza del controllo pubblico.

Più volte la trasparenza è stata annunciata, ma non pienamente realizzata. Il rapporto cita il lavoro dell’associazione Openpolis che da tempo ha avviato un confronto con il commissario per avere la pubblicazione dei dati e dei bandi ottenendo due rifiuti. A inizio aprile il commissario straordinario Domenico Arcuri promette: «Presto metteremo online anche tutti i dati sui nostri acquisti, con fornitori, quantità sconti, modalità di ingaggio dei fornitori».

“Presto” è diventato “chissà”. Con il passare dei mesi i bandi sono stati pubblicati, ma poi è mancata la pubblicazione completa dell'esito delle trattative, l'aspetto più rilevante per capire quanti e a chi vanno i soldi pubblici. Il commissario Arcuri ha più volte giustificato questi ritardi per evitare rischi di strumentalizzazione. «Non parliamo di appalti militari, parliamo di mascherine, camici, respiratori, materiali che vengono contesi in un mercato aperto. È sacrosanto che altri operatori, informazione, cittadini si facciano un'opinione sugli acquisti e il loro costo. Comunque le polemiche politiche e il dibattito pubblico sono il sale della democrazia», dice il professor Alberto Vannucci, tra i curatori del rapporto di Libera, e autore di numerosi saggi sui fenomeni corruttivi.

A metà novembre il commissario Arcuri ha pubblicato nuovi dati sulla gestione dell'emergenza Covid, ma Openpolis ha criticato l’iniziativa perché la pubblicazione risulta «tardiva e insufficiente» e ha presentato una richiesta ulteriore di accesso agli atti, rigettata nuovamente dal commissario Arcuri e che sarà oggetto di ricorso al Tar. Ma qual è il rischio di questa gestione da parte di regioni e struttura commissariale?

«L'assenza di trasparenza completa non nasconde, per forza, corruzione. Il tema generale è un altro. Ogni volta che informazioni utili vengono negate questo si trasforma in un pessimo segnale perché dietro può celarsi la volontà di nascondere qualcosa, ma c'è anche un altro effetto: quello di delegittimare il decisore agli occhi dei cittadini», dice ancora il professor Vannucci. Alla mancanza di trasparenza si aggiunge un ulteriore elemento preoccupante, quello relativo alla capacità di contrasto, di reazione nel sistema quando scatta l'allarme.

Nel rapporto si evidenzia un dato ricavato dal citato documento dell'Anac, quello relativo alle anomalie riscontrate e alla capacità di neutralizzarle. «Su 311 di anomalie ci sono state 7 sanzioni, pari al 2,2%; 1 caso di risoluzione del contratto su 311, pari allo 0,3%: ciò significa che nel 97,5% dei casi, pur in presenza di anomalie evidenti nelle caratteristiche o nella tempistica delle forniture da parte degli imprenditori, gli enti pubblici non sono stati in grado di rilevarle o le hanno ignorate», si legge ancora nel dossier.

Nel rapporto si citano alcuni casi 'anomali' emersi in questi mesi, tre dei quali sono indicatori di una patologia, di quello che viene definito il capitalismo di relazioni. Domani si è lungamente occupato dell'affare mascherine nel Lazio, dispositivi forniti da un'impresa i cui soggetti erano in rapporti con elementi orbitanti in ambienti malavitosi. Fornitura che ha previsto l'anticipo di quasi cinque milioni di euro e che ora è sottoposta a contenzioso. Nei mesi scorsi è venuto alla luce il caso della fornitura di camici affidata dalla società regionale alla ditta del cognato di Attilio Fontana, presidente della regione Lombardia. Di recente un ex giornalista Rai, Mario Benotti, è stato indagato per traffico di influenze perché ha «concretamente sfruttato la personale conoscenza con il pubblico ufficiale (Domenico Arcuri, non indagato, ndr)», ottenendo una ricca provvigione nell'ambito di una maxi commessa per la fornitura di mascherine.

Cosa raccontano questi tre casi? «Mi verrebbe da dire che stiamo descrivendo quella che si chiama zona grigia dove rapporti amicali e fiduciari sono preminenti. Spesso non ci sono neanche reati, ma quello che si consolida è un reticolo opaco di relazioni informali, piaceri e conoscenze», conclude il professor Vannucci.

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