Un boss ai domiciliari viaggia in pieno centro a bordo di una Ferrari per andare alla comunione del figlio sfruttando un’autorizzazione dei giudici. È successo ad Arzano, in provincia di Napoli, comune noto per aver ispirato, 30 anni fa, il libro di Marcello D’Orta ‘Io speriamo che me la cavo’. Il protagonista della gincana è Pasquale Cristiano, considerato dagli investigatori, boss legato al gruppo Amato Pagano, che aveva chiesto l’autorizzazione per recarsi alla comunione del figlio «con mezzi propri», ma ha pensato bene di presentarsi con la Ferrari.

Così la corte di Appello di Napoli, che aveva concesso il permesso a Cristiano, ha disposto l’aggravamento della detenzione dai domiciliari al carcere. Ma l’episodio  nasconde altro. Ad Arzano tra qualche mese si vota, attualmente il comune è amministrato da una commissione prefettizia dopo lo scioglimento per camorra dell’ente locale. Il comune è stato sciolto, dal 1991 anno di introduzione della legge, tre volte per infiltrazioni della malavita. Ci sono piazze di spaccio aperte ogni ora del giorno e della notte con le telecamere della camorra che controllano le attività, funzionari comunali inseguiti da uomini in moto, minacce al capo dei vigili urbani e, nel recente passato, bombe carte sui balconi dei cronisti che raccontano.

E chi mette le mani nei cassetti del comune, come stanno facendo i commissari, scopre 3 mila pratiche di condono edilizio, ma soprattutto che la politica contro l’abusivismo non ha emesso neanche un provvedimento di abbattimento mentre nelle case popolari gli uomini del clan occupano alloggi, costruiscono statue di santi e abitazioni nei porticati. I commissari sono arrivati in comune dopo il terzo scioglimento per camorra disposto, nel 2019, da un decreto del presidente della Repubblica su proposta del governo.

La giunta azzerata è quella di Fiorella Esposito, lista demA, il movimento politico di Luigi de Magistris che arriva, nel 2017, sul territorio per sostenere la candidata. Le parole d’ordine sono ‘rompere i ponti con il passato’, ‘rinnovamento’, ‘lotta alla camorra’. Ma gli annunci si infrangono sulla realtà, quella raccontata nelle relazioni di scioglimento e nella sentenza del tribunale amministrativo del Lazio che ha respinto, pochi mesi fa, il ricorso di sindaca e consiglieri.

Lo scioglimento è un atto amministrativo, non ha carattere penale, è una misura di prevenzione antimafia. «Il candidato Sindaco Esposito e le liste che la sostenevano avevano ottenuto, sia al primo turno che al ballottaggio, successi nei territori a maggiori influenza della criminalità organizzata (...)», scrivono i giudici amministrativi. «La commissione di indagine ha sottolineato i rapporti del sindaco con Errichiello (consigliere di maggioranza), che ha appoggiato l’elezione a sindaco della Esposito, e i legami tra Errichiello e personaggi di primissimo livello del clan Amato-Pagano», continuano i giudici riprendendo gli atti dello scioglimento.

Tra i passaggi significativi citati negli atti ci sono: la falsificazione dei certificati antimafia per la ditta delle pompe funebri, l’assenza di controllo sull’abusivismo edilizio, le concessioni edilizie irregolari ai parenti dei dipendenti, la rimozione di funzionari rigorosi e la campagna calunniosa contro i cronisti. Due, in particolare, Peppe Bianco e Mimmo Rubio. Giornalisti che raccontano da anni le scorribande della criminalità organizzata pagando un prezzo altissimo in termini di sicurezza personale. A Rubio, nel 2018, affiliati al gruppo criminale della 167 hanno lanciato bombe carte sul balcone di casa.

A Bianco, poco dopo, uno sconosciuto lo affianca mentre è in auto e gli dice ‘Statt zitt (stai zitto)’ mostrandogli la pistola. Rubio e Bianco denunciano il rischio condizionamento criminale, ma la risposta che arriva è il fango. «I due giornalisti, congiuntamente ai loro familiari, erano stati oggetto di una serie di controlli edilizi da parte della polizia municipale (...) tutti senza esito», scrivono i giudici. Per la sindaca Esposito, il ministero aveva proposto anche l’incandidabilità, ma la richiesta è stata respinta. «Le circostanze evidenziate dalla commissione prefettizia non sono idonee a ritenere la sindaca Fiorella Esposito responsabile delle condotte che hanno determinato lo scioglimento del consiglio comunale», ha scritto il tribunale di Napoli Nord. I successivi ricorsi del ministero sono stati bocciati perché tardivi con il ministero condannato a pagare le spese legali. Lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche, invece, è stato confermato dalla recente sentenza del tribunale amministrativo, ma Esposito ha annunciato ricorso al consiglio di Stato. 

La politica si lava le mani

Qualcosa, dopo lo scioglimento per camorra, è successo. Biagio Chiariello, nuovo comandante dei vigili urbani, ha denunciato gli abusivi, quelli che rubavano la corrente e prepara gli abbattimenti. Ha ricevuto anche lui, come la commissione prefettizia, minacce. Tra pochi mesi i commissari andranno via e Arzano tornerà al voto. Nel centrodestra si muovono alcuni politici già coinvolti nell’altro scioglimento per camorra, avvenuto nel 2015. Nel centrosinistra si continua a discutere, ma il candidato non si trova. Si incrociano la difficoltà dell’amministrazione e la paura. Nessuno ha dimenticato il consigliere gambizzato, nel 2008, all’ingresso del consiglio comunale, il pacco bomba all’allora presidente del consiglio comunale. In comune non ci sono solo le pratiche edilizie da sistemare, ma bisogna anche approvare il piano regolatore, l’ultimo risale al 1976. L’edilizia è da sempre la leva del consenso elettorale. Per le comunali c’è anche chi ipotizza la candidatura di una parente del boss locale Pasquale Cristiano. Cristiano ha il suo feudo nella 167, case popolari dove vivono 120 famiglie e la fazione criminale, legata al clan Amato-Pagano, comanda ogni cosa. 

Il boss in Ferrari

La sua famiglia vive lì mentre Cristiano in un palazzo diventato il suo quartier generale. Lo scorso anno, i carabinieri sono intervenuti perché aveva posizionato una piscina sul terrazzo e due cisterne la stavano riempendo di acqua di mare. Voleva farsi il bagno con l’acqua salmastra mentre era ai domiciliari. Cristiano, detto Picstik, è stato condannato in secondo grado per estorsione aggravata (è stato presentato ricorso in Cassazione). 

Nelle informative dei carabinieri vengono citati i pregiudicati che hanno partecipato alla celebrazione religiosa. Il giro in Ferrari e il ritardo nel rientro ai domiciliari rappresentano, per le forze dell’ordine, un messaggio di controllo del territorio.  «Faremo ricorso contro questa decisione.  L’autorizzazione non indicava alcuna specifica prescrizione», dicono gli avvocati Dario Vannetiello e Vincenzo Di Vaio che difendono Cristiano.

Non è la prima volta che Cristiano sfida lo stato, era già successo nell’agosto del 2020 quando aveva manifestato «insofferenza ai controlli».

Il cognato di Cristiano, Domenico Girardi, nel 2006, fu ucciso durante la faida tra Di Lauro e scissionisti. I killer rimasti senza volto, gli fracassarono il cranio a colpi di Ak-47. Anche il padre di Domenico, Vincenzo Girardi, fu ucciso insieme ad Effice Agrippino, nel 1997. Agrippino è noto negli ambienti criminali perché uccise, a coltellate, nel carcere di Poggioreale, Mico Tripodo, boss di ‘ndrangheta negli anni settanta.

Lo stesso Cristiano è stato processato, con rito abbreviato, per il duplice omicidio all’interno di un centro estetico, avvenuto nel 2014, ma è stato assolto. Un agguato che ha segnato la fine del dominio del clan Moccia, con l’uccisione del reggente Ciro Casone, su Arzano e l’inizio del dominio degli uomini della 167. Ora con l’arresto di Cristiano gli equilibri potrebbero cambiare. 

«Certi giovani fuori i bar stanno tutti spaparanzati: sono dei banditi! Quelli si pensano che Arzano è tutta loro! Io dico: e tenetevela pure questa città», scriveva un bambino nel libro ‘Io speriamo che me la cavo’. Dopo tre decenni sembra «ancora tutta loro».

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