Con Matteo Berrettini e Jannik Sinner non ce l’avevano fatta, a Malaga la missione impossibile di Tallon Griekspoor e Botic Van de Zandschulp non era riuscita e l’insalatiera della Coppa Davis aveva preso un’altra volta la direzione dell’Italia. Contro Milan e Juve, invece, l’Olanda sportiva s’è inventata un doppio colpo grosso in 24 ore facendo saltare il banco del pronostico. Piazzando ben due squadre agli ottavi di Champions League, che non è cosa da poco per un campionato che ha un valore giocatori – le cifre sono di Transfermarkt – pari a un quarto della serie A. Ora, mentre i club italiani si strappano i capelli sul danno economico dei risultati e si sprecano gli indici puntati alla ricerca delle cause dell’eliminazione, la qualificazione di Feyenoord e Psv Eindhoven rilancia una domanda tutt’altro che nuova: c’è un “miracolo” olandese nello sport?

Il calcio

Non è solo una questione di Perisic o Carranza, tanto per citare i protagonisti delle imprese, peraltro uno è croato e l’altro argentino, anche in Olanda la “stranierizzazione” del calcio professionistico è consolidata come da noi e le squadre sono ormai multinazionali da diverso tempo. C’è che l’Olanda, meglio dire i Paesi Bassi e comprendere tutte le province del Paese, hanno collezionato negli ultimi mesi una sequenza di successi da invidiare. E questi dati sono trasversali perché spaziano dall’orizzonte olimpico e paralimpico fino al calcio, che resta il leader dei gusti sportivi fra Amsterdam e Rotterdam con il suo milione e passa di tesserati (praticamente siamo sulle stesse cifre italiane con meno di un terzo degli abitanti) e il 74 per cento di olandesi che si dichiarano appassionati del pallone più famoso.

Campioni e milioni

Naturalmente si potrebbe cominciare anche dalle cifre dell’ultimo mercato, quell’attivo di 64 milioni di euro nella “bilancia commerciale” del Feyenoord (la metà è venuto dalla cessione di Santiago Gimenez al Milan…) che rende l’idea di una capacità di autorigenerarsi senza spese folli, anzi facendo spendere gli altri. Tra l’altro nel bilancio olandese bisogna metterci pure l’Europa League. E come se non bastasse, va ricordato che in campionato le due rivelazioni di Champions sono comunque alle spalle dell’Ajax “fatto in casa” di Francesco Farioli.

Ma forse il dato che impressiona di più è il numero di giocatori olandesi “espatriati” nelle grandi leghe europee. Se in serie A siamo a quota 14 – con diversi calciatori da copertina, da Reijnders a Koopmeiners passando per Dumfries – in Premier League saliamo a quota 21 e ci sono davanti solo il Brasile e la Francia, dodici e quattro volte il numero degli abitanti dei Paesi Bassi. Dietro la Nazionale, che è settima al mondo secondo il ranking Fifa e con le donne al decimo, c’è un movimento.

EPA

Difficile pensare che questi calciatori si siano formati nei “parcheggi” cari a Johann Crujiff, che nei suoi taccuini teorizzava l’importanza di un calcio precario, da strada, perché è lì che «ti fai male, ti graffi, senti dolore e allora devi stare sveglio, impegnarti e decidere in fretta cosa fare con la palla e senza». Di certo il patrimonio impiantistico sportivo è di prima qualità. Il calcio, però, è una passione che viene da lontano. Lo vedi anche dai film, in Fight Girl dedicato a una ragazza che pratica kickboxing, i campi dove si gioca a pallone compaiono sempre, oltre alle solite piste di pattinaggio. In Cripto Boy, il protagonista Amir è tifosissimo dell’Ajax.

Il ciclismo

Però nel modello olandese c’è qualcosa di più profondo. In uno slogan: il calcio non è solo. È affiancato da un corteo di passioni sportive che producono risultati a raffica. Non è solo una questione di piste ciclabili, anche se qui la leadership arancione è solidissima. I medaglieri di Parigi testimoniano risultati invidiabili: l’Olanda è stata sesta in campo olimpico e addirittura quarta in quello paralimpico. Si tratta dell’unico Paese sotto i 20 milioni che figura in entrambe le top ten. In Francia, la scorsa estate, è emersa la sua competitività in tanti ambiti. Dal pienone del canottaggio ai trionfi in pista nel ciclismo, dov’è rimasto a digiuno uno dei campionissimi del momento, il poliedrico Mathieu Van der Poel, un tipo che svaria senza problemi fra strada, mountain bike e ciclocross (e ci può mettere di passaggio pure una mezza maratona tanto per svagarsi). Passando per la sorprendente affermazione nel 3x3 del basket, il successo di Sifane Hassan nella volata della maratona e quello nella 4x400 mista dell’atletica.

EPA

La formula è quella di una forte attenzione alla vittoria. Insomma, più Gran Bretagna (anche per l’esistenza di una lotteria che finanzia appositamente le attività sportive) che Finlandia, il paese più sportivo d’Europa in termini di pratica diffusa rimasto clamorosamente a digiuno nell’ultima estate olimpica. Non ci sono atleti nei gruppi militari come in Italia, ma ci sono 4.600 professionisti che vivono di sport aiutati da 26.000 tecnici retribuiti. Un forte investimento è stato fatto anche per aiutare la combinazione fra studi e sport di vertice a partire dal famoso centro di preparazione di Papendal, che può ospitare fino a 400 atlete e atleti. Tuttavia queste cifre non sono un pianeta scollegato dai comuni mortali. E se l’Olanda di Davis, tanto per fare un esempio, non è riuscita ad arrampicarsi fino alla vetta, ci sono sei tennisti (cifre dell’ultimo report della federazione internazionale) per ogni 100 abitanti. Mica male.

EPA

La parità di genere

Dunque in diversi casi il successo nell’alto livello si è esteso, o forse è stato frutto chissà, della base della piramide. Prendete l’hockey prato, che ha fatto bingo a Parigi con l’oro delle donne e degli uomini: la cifra dei giocatori sfiora quota 200mila. Quanto, alle statistiche sull’attività sportiva, sia nella versione “saltuaria” sia in quella competitiva, siamo al 60 per cento secondo l’ultima ricerca di Eurobarometro.

Ci sono meno cittadini inattivi soltanto in Lussemburgo, Danimarca, Svezia e Finlandia. E i dati sulla partecipazione femminile alle attività sportive sono praticamente alla soglia della parità di genere e fanno sponda con un medagliere dove le donne vincono più degli uomini: sulle 34 medaglie olimpiche di Parigi, ben 21 sono tutte al femminile in un Paese dove il comitato olimpico è presieduto da una donna, l’ex giocatrice di pallamano Anneke van Zanen-Nieberg. A guardare sempre dati di Eurobarometro colpisce anche un altro primato olandese: fra le motivazioni per cui si fa sport è la nazione a raggiungere la cifra più alta (siamo al 52 per cento) fra chi risponde «perché mi diverto».

Viene da pensare pure al vocabolario. In qualche modo l’aggettivo «totale», una sorta di perfetta mutualità in mezzo al campo, cucito addosso alla mitica Nazionale dell’”Arancia meccanica” dei vari Crujiff, Neeskens e Krol, che arrivò a un passo dal titolo Mondiale negli anni ‘70 con il secondo posto in Germania e in Argentina contro le due squadre di casa, potrebbe essere riutilizzato anche per spiegare una spiccata identità multidisciplinare. In altre parole, comanderanno pure i gol, ma intorno c’è davvero tanta roba.

© Riproduzione riservata