La guerra alla cannabis ha trasformato gli agricoltori in criminali

Subito dopo l’approvazione della legge quadro di settore per la canapa industriale, la numero 242 del 2016, Fabrizio in Sardegna inizia a lavorare nel mondo della canapa. Lo fa a partire dal 2017 come project manager di due aziende, una che si dedica alla produzione e una che si dedica alla commercializzazione. Il mercato, un unicum a livello globale lanciato da italiani e svizzeri proprio in quel periodo, prevede la commercializzazione di infiorescenze di canapa con Thc sotto ai limiti di legge e alti livelli di Cbd, il cannabinoide non psicoattivo dalle molteplici proprietà terapeutiche oggi al centro della ricerca scientifica e di un mercato globale in continua espansione. L’azienda funziona bene, la qualità del prodotto italiano è ottima. «Negli anni siamo stati vittime di sequestri, processi e perquisizioni domiciliari. Per un invio di 100 chili da un produttore pugliese con cui collaboravamo, le aziende sono finite sotto processo per spaccio di stupefacenti nel 2023. Poi è arrivata l’assoluzione con formula piena, nel 2025, ma la merce è stata distrutta». Oggi, dopo l’entrata in vigore del decreto sicurezza, rimanere sul mercato «significa la possibilità concreta di dover affrontare nuovamente questo tipo di problemi, motivo per cui, dopo che ho perso 50mila euro tra avvocati, valore della merce e mancato guadagno, non me la sono sentita di continuare. Le aziende, che nel momento più florido avevano 7 dipendenti, oggi sono ferme. Io attualmente sono in disoccupazione. E ci sono imprenditori che sono stati arrestati». La cannabis light vince ancora: tre tribunali smontano il decreto sicurezza Crisi indotta per legge Il riferimento è a 3 diversi casi di imprenditori agricoli arrestati di recente. Il primo è un giovane coltivatore pugliese, detenuto in carcere per 3 giorni fino a quando è stata ordinato la scarcerazione senza nessuna misura cautelare scrivendo nelle motivazioni che «allo stato non è affatto scontato che il materiale abbia efficacia drogante o psicotropa» e che, senza analisi scientifiche valide e tracciate, non sussistono gravi indizi di colpevolezza. È la tesi portata avanti da anni dalle associazioni di settore: senza la cosiddetta efficacia drogante – che la prassi giurisprudenziale italiana identifica sopra lo 0,5 per cento di Thc – non può esserci reato. La stessa cosa è successa a un imprenditore agricolo del bellunese – tra i primi in Italia a coltivare legalmente dal 2017 – scarcerato direttamente dalla procura e a un coltivatore di Palermo, produttore di canapa legale dal 2019. «La cannabis light è legale». Le sentenze contro il governo Difficile lavorare con questa incertezza. Per esempio Davide, che, dopo anni di fatica, investimenti, azienda in regola e tasse pagate, si è appena visto sequestrare le infiorescenze presenti nei 3 locali commerciali, faticosamente aperti negli anni in provincia di Latina, dove erano presenti distributori automatici di canapa, oltre a prodotti alimentari come snack e bevande, ed è stato denunciato per spaccio. «Io, che ho 3 figli, in questo momento ho le attività ferme, ma continuo ad avere spese per i mutui contratti negli anni e gli affitti dei locali commerciali. Ma come si fa a mandare le persone in mezzo alla strada senza contemplare nemmeno un indennizzo? Oltretutto facendo passare persone oneste, che lavorano, come dei criminali. Io vivo in un piccolo paesino, e quest’onta non me la toglierò mai». Per molti che si fermano o che aspettano un chiarimento normativo auspicato da molti, tanti altri continuano, convinti di essere nel giusto. Son agricoltori e imprenditori che non vogliono rinunciare a ciò che hanno faticosamente costruito in tanti anni. Un esempio è quello di Valentina Capone, che con la sua Hemp Farm Lab era partita dalla produzione di seme a scopo alimentare, per poi passare alle infiorescenze e inaugurare Canapa del Sud, un distretto agro-industriale in Campania che aveva consorziato inizialmente 25 aziende agricole, poi aumentate, basando la propria produzione sulla filiera corta. Ieri lavoratori, oggi spacciatori: gli effetti dei divieti della destra sulla canapa «È tutto molto frustrante perché è dal 2014 che siamo nel settore sperando di portare una economia sana in un territorio difficile. L’accelerata dovuta al decreto Sicurezza sta portando a chiusure di aziende agricole e commerciali, visto che non tutti sono disposti a vivere rischiando la propria libertà e il proprio lavoro». Ma gli esempi sono tanti. Il negozio Sir Canapa di Milano resta aperto, come tanti in tutto il Paese, e si prepara a festeggiare 10 anni di attività ad ottobre e ha annunciato diverse iniziative e invita i cittadini a partecipare per lanciare un messaggio al governo: lavoriamo nella legalità e il settore non si ferma. Tommaso di Narnia cannabis risponde al telefono mentre è impegnato nelle fasi di raccolta sul campo. Dalla criminalizzazione del dissenso a quella della cannabis light: la grande protesta contro il ddl Sicurezza «Non ci facciamo spaventare, restiamo aperti e continuiamo con il commercio, anche perché abbiamo dei contratti d’ingrosso all’estero, oltre a 8 dipendenti che non voglio lasciare a casa. Ora stiamo raccogliendo, dopo aver coltivato più degli altri anni. Più che parlare di disobbedienza civile, vogliamo ribadire il nostro diritto alla libera impresa e al lavoro che abbiamo costruito con anni di sacrifici». Sono alcune delle tantissime storie di persone che avevano scelto di investire in un settore che, prima dell’entrata in vigore del decreto, era stato valutato – con uno studio di MPG consulting – in 2 miliardi di giro economico annuo e oltre 22mila lavoratori a tempo pieno, in maggior parte giovani agricoltori.