Morire senza cure in carcere: ucciso dalla tubercolosi a 27 anni a Poggioreale

Nelle carceri italiane si continua a vivere in condizioni di grave sovraffollamento. In apnea, senza fiato e senza giuste condizioni detentive. In un contesto sempre più oppressivo e lesivo della dignità delle persone detenute, anche il diritto alla salute è continuamente disatteso: in carcere si continua a morire per mancate cure. Come a Poggioreale, dove il tasso di sovraffollamento raggiunge il 139 per cento e, dall’inizio dell’anno, si sono registrati due suicidi, venticinque tentativi di suicidio, oltre duecento atti di autolesionismo e tre decessi per cause da accertare. L’ultima tragica storia riguarda Alhagie Konte, cittadino gambiano di 27 anni e attivista del Movimento migranti e rifugiati Napoli. Konte è deceduto il 10 ottobre 2025 all’Ospedale Cotugno di Napoli, dove era stato ricoverato a seguito di una grave forma di tubercolosi polmonare. Suicidi a raffica e agenti stremati. Ma Delmastro pensa ai distintivi La vicenda Il giovane si trovava detenuto a Poggioreale da ottobre 2024; in esecuzione di una condanna per fatti di lieve entità legati al piccolo spaccio di stupefacenti. «Fino ai mesi estivi del 2025 risultava in buona salute e svolgeva regolare attività lavorativa all’interno dell’istituto. Durante l’estate sarebbe stato sottoposto a un periodo di isolamento di circa un mese, in merito al quale non risultano ancora chiare le motivazioni», racconta la sua avvocata Lucia Esposito. Al termine di quel periodo, le sue condizioni fisiche sarebbero apparse gravemente peggiorate: notevole dimagrimento, tosse persistente e forte debilitazione. La legale dice che, secondo diverse testimonianze raccolte, «nonostante le richieste di cure mediche, l’assistenza sanitaria sarebbe stata tardiva o insufficiente. Alcuni compagni di cella hanno riferito di aver dovuto trasportarlo di peso fino alla medicheria affinché ricevesse le prime cure». Dal carcere alla maturità. Storia di Cloe, la detenuta di 19 anni che ama la filosofia Il 30 settembre 2025 Konte è stato trasferito dal carcere di Poggioreale all’Ospedale Cardarelli e successivamente, il 3 ottobre, al Cotugno, dove è deceduto. La procura di Napoli ha aperto un’indagine e disposto il sequestro delle cartelle cliniche relative ai ricoveri. Per l’avvocata un elemento di particolare rilievo riguarda il fatto che «la notizia del decesso non è stata comunicata ufficialmente né ai familiari né agli operatori che lo seguivano, ma è emersa solo informalmente attraverso altri detenuti. Non si può morire di tubercolosi in carcere nel 2025». Sulla vicenda è intervenuto anche Samuele Ciambriello, Garante della Campania per le persone private della libertà personale, che ha visitato il carcere e parlato con le persone detenute: «I suoi compagni di cella mi hanno riferito che il ragazzo soffriva da tempo di dolori, tossiva, perdeva sangue dalla bocca». Il garante ha denunciato una situazione gravissima dal punto di vista sanitario: «Saltano molteplici visite mediche per mancanza di scorta». Donne transgender: nei carceri niente cure e zero prospettive Interrogazioni e presidi Sulla vicenda è stata depositata un’interrogazione a firma della senatrice Ilaria Cucchi e Peppe De Cristofaro, rivolta ai ministri della Giustizia e della Salute. Cucchi, nei suoi profili social, ha dichiarato: «Alhagie Konte è morto di tubercolosi. Ma questo è solo un pezzo di verità. L’altro pezzo è che è morto di carcere, tra le braccia dello Stato». Con l’interrogazione, «vogliamo sapere se altri detenuti o agenti sono stati contagiati, se sono stati rispettati i protocolli. Altre vite sono in pericolo e dobbiamo fare il possibile per salvarle». La morte di Alhagie Konte si inserisce in un quadro di grave crisi del sistema sanitario penitenziario, caratterizzato da sovraffollamento cronico, carenza di personale medico e difficoltà di accesso alle cure. Il garante campano delle persone detenute ha infatti denunciato altre difficili situazioni: «Ho avuto modo di incontrare un detenuto malato di talassemia, in condizioni fisiche cagionevoli che avrebbe dovuto effettuare una trasfusione di sangue, di cui necessita settimanalmente, che è saltata proprio per mancanza di scorta». C’è poi la vicenda di un secondo detenuto «che doveva essere trasferito presso un nosocomio pubblico per essere sottoposto ad un intervento chirurgico di asportazione di una massa tumorale in sede maxillofacciale, saltato per ben due volte». Ciambriello ha denunciato a più riprese lo stato di degrado e di abbandono in cui versa la struttura carceraria, la disumanità alla quale i detenuti e gli agenti penitenziari sono condannati: «Il carcere è un buco nero, è una bomba ad orologeria. La politica tace, fa solo passerella!». Una situazione tragica, in cui il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, presentando la nuova vettura della Polizia penitenziaria per il trasporto dei detenuti in regime di 41 bis, dichiarò: «Come noi non lasciamo respirare chi sta dietro quel vetro oscurato, è per il sottoscritto un’intima gioia». Carcere e persone trans, quando la detenzione diventa tortura I movimenti A chiedere verità e giustizia sono state anche molte sigle di associazioni, movimenti, sindacati e centri sociali napoletani. Con un appello hanno indetto un presidio per sabato 25 ottobre alle 15 davanti a Poggioreale «per rompere il silenzio complice delle istituzioni. Per chiedere verità e giustizia per Alhagie. Per dire basta all’invisibile strage quotidiana nelle carceri italiane e al trattamento inumano delle persone detenute». Per le firmatarie e i firmatari dell’appello, Konte «non è morto per “malasanità”. Non è morto per “sfortuna”. Alhagie è morto perché lo Stato lo ha lasciato morire».