Anche sul come affrontare il caro carburanti il governo italiano si mostra tra i meno flessibili e resilienti d’Europa. L’esecutivo aspetta che le minacce che giungono dal mondo dell’autotrasporto contribuiscano a peggiorare la situazione e a gonfiare ulteriormente i profitti di produttori e distributori.

Dato il loro peso dell’88 per cento sulla quota modale di trasporto merci trasportato, la capacità di ricatto degli autisti dei Tir è elevatissima.

I provvedimenti messi in campo dal governo Draghi per frenare il caro carburante sono il taglio delle accise sui carburanti per 25 centesimi al litro fino al 30 aprile; venti milioni all'autotrasporto per ridurre il costo dei pedaggi autostradali; prelievo sugli extraprofitti a tutte le compagnie energetiche; estensione del credito di imposta già previsto nel secondo trimestre per energivori e gasivori anche alle altre imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas.

Le accuse del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani di una “colossale truffa”: accuse peraltro senza destinatari, indeboliscono l’immagine del governo in un momento in cui vanno tenuti i nervi ben saldi.

Certamente chi ha avuto maggiori introiti in questa fase è stato proprio l’erario, che ora deve cominciare con il restituire almeno i 400 milioni di extra-gettito incamerati in questi giorni di impennata dei prezzi. Ma è da mesi che gli introiti dello Stato sono aumentati grazie al forte peso sul prezzo dei carburanti di accise e Iva, nonostante i consumi non siano più gli stessi di un mese fa (anche se non sono crollati).

In attesa dei degli effetti dei provvedimenti italiani, sappiamo come si sono già  mossi altri paesi europei. In Francia il governo ha reso noto di voler destinare un contributo di 0,15 centesimi di euro al litro per diesel e benzina.

Il prezzo alla pompa scritto dai distributori non cambierà, ma lo stato rimborserà poi i benzinai. Si tratta  di un esborso complessivo di circa 2 miliardi di euro, corrispondenti all’Iva aggiuntiva derivante dagli aumenti degli ultimi sei mesi.

Si tratta di utilizzare una parte dei maggiori introiti fiscali di questi mesi senza toccare quelli derivanti dal peso delle accise. Oltralpe, inoltre, è partita una forte pressione anche sulle compagnie petrolifere: Total ha già annunciato anche uno sconto di 0,10 cent, e alcuni supermercati di 0,35 cent.

L’Irlanda ha già ridotto le imposte su benzina e diesel di 0,20 e 0,15 cent. La Polonia ha tagliato l’Iva sui carburanti subito dopo l’inizio della guerra dal 23 per cento all’8 per cento. Il Portogallo ha deciso di fissare settimanalmente l’imposta sui prodotti petroliferi per sterilizzare l’extra-gettito Iva derivante dagli aumenti dei prezzi. Il governo svedese opererà fino al 31 ottobre (non di un mese) un taglio fiscale su diesel e benzina fino di 0,16 euro al litro, il livello più basso consentito dalle norme Ue.

In Germania, BP e Shell hanno sospeso le vendite spot di carichi di diesel per due settimane nel timore di carenze negli approvvigionamenti.

Nel frattempo, fiorisce il turismo del pieno verso i paesi europei con i prezzi dei carburanti più bassi, in particolare l’Ungheria, che ha imposto un tetto di 1,40 euro al litro su benzina e gasolio fino al 15 maggio, e il Lussemburgo, in cui il litro di diesel era venduto a 1,69 euro e quello di verde a 1,73 euro.

Tornando al nostro paese, va ricordato che i valori veri del costo del gasolio per gli autotrasportatori sono sempre inferiori di 0,20 cent al litro rispetto al prezzo alla pompa. Si tratta di una agevolazione per una platea di attività che riguarda anche i mezzi agricoli, le attività edili (ruspe ecc.) e fino a qualche settimana fa pure le ferrovie pubbliche e private, per le quali però lo sconto è stato soppresso dal decreto mille proroghe.

Un incentivo in meno al già ininfluente trasporto ferroviario merci e intermodale, che pure il governo sbandiera di voler sostenere e rilanciare per ridurre inquinamento e congestione stradale.

Se è evidente la necessità di armonizzare le norme europee sulle tasse sui carburanti per non alterare la concorrenza, è pure evidente che oggi una loro riduzione deve essere compensata da tagli alla spesa pubblica o dall’aumento del debito.

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