La terza ondata rallenta, ma non bisogna abbassare la guardia. È il monito lanciato in un’intervista tra le pagine di La Stampa dal presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, che evidenzia come questa settimana si sia registrata una diminuzione dei casi del 5 per cento, con un indice rt di contagi stabile a 1.2 e una media di 260 ingressi giornalieri nelle terapie intensive. Tuttavia è «ancora presto per cantar vittoria e parlare di riapertura della scuola» come invece dichiarato dal presidente del Consiglio Mario Draghi nel suo discorso al senato di mercoledì.

Secondo Cartabellotta, il picco della terza ondata è stato superato nel fine settimana, ma i contagi rimangono ancora alti nelle regioni che hanno adottato tardivamente le misure restrittive.

Il presidente del Gimbe avverte che il numero dei morti molto probabilmente rimarrà alto perché continuano a crescere i ricoveri: «gli ospedali sono ancora molto pieni: 28.438 ricoverati nei reparti e 3.588 in terapia intensiva», con alcune regioni che arrivano oltre il 40 per cento di ricoverati per Covid-19. A breve si raggiungerà il picco delle terapie intensive della seconda ondata che è stato di 3.848. 

Riaperture

Per quanto riguarda le riaperture promesse dal premier Draghi, Cartabellotta spezza l’entusiasmo: «Sarebbe bello, ma la coperta è corta e manca un piano strategico. Non ci sono le condizioni epidemiologiche per riaprire scuole, negozi e locali. Difficilmente prima dell’estate avremo vaccinato anziani e soggetti fragili, anche perché si è data priorità a categorie casuali, per cui bisognerà mantenere ancora a lungo misure restrittive. Se si deciderà di allentare bisognerà avere la consapevolezza che o decolla davvero la vaccinazione o vanno aumentati i posti in ospedale».

Vaccini

Questo anche perché la campagna vaccinale è andata a rilento. Fino a oggi: «Solo il 4,4 per cento di italiani ha avuto due dosi, circa 2,6 milioni di persone, con differenze regionali importanti. Degli over 80 ne sono stati vaccinati il 20 per cento con due dosi e il 27 con una».

Ritardi che sono dovuti «alla scarsità di rifornimenti» «a una campagna partita realmente a metà febbraio» e «alla disorganizzazione di molte regioni che hanno vaccinato persone a caso, comprese le 900mila che nei documenti ministeriali sono indicate con la non meglio precisata categoria “altro”». Rallentamenti regionali che si sono verificati soprattutto in Lombardia, come risultato di un «indebolimento territoriale accumulato negli anni».

Tuttavia, la notizia positiva secondo Cartabellotta è che il vaccino di AstraZeneca sia ancora molto richiesto nonostante la sospensione temporanea e le relative polemiche.

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