La richiesta di archiviazione della procura di Milano sulla trattativa dell’hotel Metropol e sul tentativo di finanziare la Lega di Matteo Salvini con soldi russi è una miniera di informazioni. E permette di ricostruire nei dettagli la genesi del progetto messo a punto da Gianluca Savoini, l’ex portavoce di Salvini, diventato consigliere strategico per gli affari russi pur non ricoprendo incarichi ufficiali nel partito. A Savoini peraltro si deve lo spostamento a est della politica estera del movimento guidato da Salvini.

L’indagine era stata avviata dopo lo scoop giornalistico sulle riunioni riservate a Mosca tra il gruppo capeggiato da Savoini e tre russi, tutti legati a pezzi grossi del Cremlino. L’incontro più importante è del 18 ottobre 2018 nel lussuoso albergo Metropol, nei pressi della piazza Rossa. Seppure i pm abbiano chiesto l’archiviazione per il reato di corruzione internazionale ( non ci sono sufficienti elementi per sostenere un eventuale processo), evidenziano che la trattativa c’è stata e che esistono indizi per dire che Salvini fosse consapevole dell’operazione che avrebbe portato denaro russo al partito utile a sostenere la campagna elettorale per le europee del 2019. Sapeva del finanziamento, non della tangente riservata ai mediatori putiniani, è la tesi della procura, che per questo non lo ha mai indagato. Tra gli elementi che i pm portano a sostegno di questa ipotesi ci sono una serie di conversazioni registrate acquisite durante l’inchiesta in cui si fa espresso riferimento al vicepremier russo Dymitri Kozak che aveva la delega all’energia.

Il vice di Putin

Agli atti dell’inchiesta c’è per esempio la conversazione in cui l’avvocato Gianluca Meranda, il tecnico scelto da Savoini per gestire la partita, durante una riunione rivela dettagli dell’affare a un gruppo di professionisti del settore dell’Oil and Gas, riferendosi alle trattative in corso a Mosca dice: «È la richiesta che ci ha fatto compilare il buon Kozak indirizzata a Rosneft...e li hanno fatto un errore perché Kozak ci ha detto scrivete pure meno 4 per cento», il riferimento è allo sconto da inserire nell’offerta commerciale sul gasolio da acquistare che avrebbe poi mascherato il finanziamento al gruppo Savoini-Lega. Nella stessa conversazione, Meranda, aggiunge: «Perché le sto dicendo questo? Perché noi la Russia la frequentiamo pure un pochino e la frequentiamo con diciamo l'attuale vice premier[...] per cui quando andiamo lì diciamo i contatti sono più a livello politico». Il riferimento è in questo caso a Salvini, all’epoca vicepremier italiano.

I pm ricordano anche che il giorno prima della trattativa al Metropol, Salvini era a Mosca per il convegno di Confindustria Russia e che a margine dell’incontro ha incontrato Kozak. Un fatto rivelato dall’Espresso in passato, mai smentito da Salvini e ora confermato dagli inquirenti.

L’uomo di Eni in Russia

L’incontro è avvenuto dopo l’evento dell’organizzazione all’epoca presieduta da Ernesto Ferlenghi: considerato a ragione molto potente, è direttore di Blue Stream dal 2019, la joint venture tra Gazprom e Eni; è cittadino russo dal 1995, ha collezionato diverse onorificenze del Cremlino; è uomo di Eni in Russia, come riportato in un articolo di Domani, è anche a capo di Eni Energhia LLC, «sussidiaria russa del cane a sei zampe, che fu la prima società in Europa a poter vendere gas in Russia».

Ferlenghi è il regista del convegno cui ha presenziato Salvini il 17 ottobre, poche ore prima che iniziasse l’altro incontro al Metropol in cui si è discusso di affari e soldi al partito. Perciò è curioso che nella richiesta di archiviazione la figura dell’uomo di Eni a Mosca sia citata più volte in connessione con Savoini e il gruppo della trattativa del Metropol.

«Dal 27 al 30 agosto 2018 Meranda, Francesco Vannucci ( il terzo italiano del gruppo del Metropol, ndr) e Savoini si incontravano a Mosca. Durante la loro permanenza risultano documentati incontri con Vladimiri Pligin, Andray Kharchenko, Ernesto Ferlenghi e Aleksander Dugin». Il primo è un avvocato di fama a Mosca, ex deputato e socio di studio di Kozak, Pligin era rappresentato al tavolo del Metropol da un suo emissario. Kharchenko è l’emissario del filosofo Dugin seduto con gli altri due russi durante il negoziato con Savoini. E Ferlenghi, appunto, è l’uomo dell’Eni a Mosca. Cosa si siano detti non è dato saperlo. Di certo mancava poco più di un mese all’evento moscovita cui avrebbe partecipato Salvini. Ferlenghi contattato non ha voluto commentare. 

I diplomatici

Nelle carte degli inquirenti sono elencati i contatti di Savoini all’ambasciata russa in Italia. Con Dmitry Gurin, primo consigliere, «è risultato intrattenere contatti quantomeno dal 2017». Inoltre Meranda ha incontrato Salvini all’ambasciata russa a giugno 2018, incontro confermato da un messaggio inviato a Vladimir Krupnov, diplomatico terzo segretario nell'Ambasciata della Federazione Russa: «Andata bene. Incontrato Salvini. Ti dirò a voce».

Più intensi gli «incontri di Savoini con il segretario della Lega, del quale del resto è stato portavoce...contatti, avvenuti anche in prossimità temporale con momenti salienti delle trattative, come quelli registrati tra il 6 ed il 9 luglio 2018, immediatamente successivi al rientro di Savoini da una trasferta di due giorni a Mosca, inframezzati da numerose comunicazioni di Savoini con gli altri indagati e con Gurin».

Di certo c’è che sono stati i contatti e le conoscenze dell’ex portavoce di Salvini ad aprire molte porte a tutti gli altri. Lo scrivono i pm:«Savoini accreditato in Russia quale membro dello staff di Salvini, ha permesso ai mediatori italiani di intraprendere diverse trattative», la più avanzata è quella del Metropol. Trattativa di cui Salvini ha sempre detto di non sapere nulla, mentre secondo i pm, alcuni elementi raccolti nell’indagine raccontano un’altra storia.

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