Roma non fu costruita in un giorno. L’Inter nemmeno: ci vorrà un’estate. Sempre che il calcio, con i suoi tempi, gliela conceda. Dalle fondamenta alle idee, manca tutto in casa nerazzurra. Le vittorie allungano la gioia nell’infinito (e nella malinconia, quando è passata). Le sconfitte invece radono al suolo le convinzioni, le certezze e le rose dei giocatori.

Così è successo dopo il 5-0 contro il Psg, nella notte buia e tempestosa di Monaco. Oggi Simone Inzaghi proverà a posare la prima pietra per un nuovo corso. Dopo la finale di Champions non ne voleva più. Basta, me ne vado. «Non so dire se andrò al Mondiale per club con l’Inter», aveva detto Inzaghi. A caldo si può dire tutto. Ma adesso, dopo averci ragionato su, Inzaghi potrebbe decidere di andare avanti lo stesso. Lo tengono a freno i petroldollari dell’Arabia, l’Al-Hilal gli offre 25 milioni netti a stagione per tre anni.

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Il cammino di Simone

Il rapporto tra Simone Inzaghi e l’Inter è un romanzo a puntate, fatto di passione e attimi (in)dimenticabili. Arrivato nel 2021, aveva il compito di sostituire Antonio Conte. Dopo il fuoco, ecco l’acqua santa. Infatti all’inizio i tifosi la presero senza entusiasmo. Troppo pacato, Inzaghi, per uno spogliatoio abituato ai ruggiti del predecessore.

Eppure con pazienza e risultati, Simone ha conquistato il suo spazio. Ha arricchito la bacheca con lo scudetto della stella, due Coppe Italia e tre Supercoppe, ma soprattutto ha guidato l’Inter fino a due finali di Champions in tre anni: quella del 2023 (persa contro il City) e quella dell’altra sera. Lo sport non si accontenta dei traguardi, vuole i trofei. Non sei il più bravo se li perdi. Zero titoli: e si parla di ciclo finito.

I nomi sul piatto sono tanti, tutti diversi: da Palladino (che ha rotto all’improvviso con la Fiorentina) a Vieira (che ha fatto bene con il Genoa), fino a Chivu (ottima stagione con il Parma). Sul piano umano Inzaghino ha sempre mantenuto i nervi saldi, senza mai rispondere alle provocazioni. Quasi mai. Ma dietro quella compostezza si intuivano ferite profonde. La sera della debacle in Germania ha lasciato il campo con lo sguardo perso di chi medita l’addio.

L’età media alta

Tenere Inzaghi sulla panchina interista sarebbe una scelta umana, piena di ragioni terrene: i giocatori lo stimano, con lui sono cresciuti. Persino Frattesi, anche se si è lamentato per non aver giocato nemmeno un minuto contro il Psg. Ad Appiano Gentile, intanto, si apre un altro cantiere: quello della rosa.

L’Inter ha vissuto di gloria ed esperienza, ma anche di anagrafe avanzata. L’ultimo confronto è proprio contro i boys francesini di Luis Enrique: il Psg aveva un’età media di 24 anni. Ragazzini, insomma. Con un’età media intorno ai 30 anni, quella l’Inter è la più vecchia dei cinque principali campionati d’Europa.

Qui sì che il ciclo è finito per davvero. L’età nello sport non mente mai. I nerazzurri spesso hanno schierato titolari più vicini a smettere che al futuro. Campioni esperti come Handanovic, Dzeko, Acerbi e Mkhitaryan (i cui epigoni più recenti sono Sommer e Taremi) hanno portato saggezza e mestiere, ma le gambe non girano più alla stessa velocità. Giocando ogni tre giorni inevitabilmente si arriva a corto di energie proprio sul più bello. Serve dunque un deciso svecchiamento.

Gli obiettivi

Marotta lo sa: dopo aver spremuto il massimo dal vecchio gruppo, ora è lui che deve immettere linfa verde in squadra. I tifosi sognano un mercato all’altezza delle ambizioni. Basta parametri zero ultratrentenni: l’Inter mira su talenti emergenti e magari un paio di innesti giovani ma già affermati. Le voci di mercato parlano di un bomber in rampa di lancio e di rinforzi under-25 in difesa e a centrocampo.

Qualche indizio c’è: da Bologna spunta un attaccante argentino soprannominato Lautarito, è Santi Castro. Per l’attacco si fa spazio il nome di Hojlund, non proprio a suo agio a Manchester. Il budget per la punta di grosso calibro si aggira intorno ai 40 milioni. Il 22enne danese è il preferito per affiancare Thuram e Lautaro. La quarta punta potrebbe essere Bonny, seguendo le linee guida di Oaktree: il 21enne del Parma è considerato un piccolo Thuram.

Le linee guida di Oaktree

Certo, il bilancio impone creatività: l’Inter non naviga nell’oro e dovrà forse finanziare gli acquisti con qualche cessione. Ma dopo aver sfiorato il tetto d’Europa ed essere precipitati nell’abisso, tutto in una notte sola, l’ambiente nerazzurro esige questo sforzo. L’estate 2025 sarà la prova del nove. Inzaghi forse poserà la prima pietra, ma il resto dovrà mettercelo il mercato.

E se non ci sarà Simone, il nuovo tecnico – chiunque sia – non si accontenterà delle briciole. Il tempo stringe perché il calcio non aspetta: tra poco già si ricomincia e l’Inter del futuro va edificata in fretta. Il popolo nerazzurro osserva con il cuore diviso tra gratitudine e impazienza. Sa che le rovine di una notte sciagurata possono diventare fondamenta di un nuovo inizio. Prima le basi, poi il resto.

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