Il prescelto è Nemanja Vidić. Toccherà all’ex difensore di Inter e Manchester United provare a diventare presidente della Federazione calcistica della Serbia (FSS).

Sul suo nome ci sarebbe già una convergenza da parte dei delegati che dovranno votare il nuovo capo dopo la grottesca situazione che si è registrata nei primi giorni di novembre 2022 quando, nelle settimane che hanno preceduto la (fallimentare) spedizione della nazionale serba in Qatar, il candidato unico alla presidenza è stato costretto a ritirarsi per non rischiare di essere impallinato nel segreto dell’urna. Protagonista della figuraccia è stato Nenad Bjeković, presidente ad interim dal 2021. Cioè dal giorno in cui sono arrivate le dimissioni del predecessore, Slaviša Kokeza. 

Mettendo in fila i tre nomi viene fuori una sequenza che racconta gli stenti di un movimento calcistico intossicato da un intreccio nel quale è impossibile distinguere fra alta politica, corruzione e criminalità organizzata. E sullo sfondo si stagliano due figure di peso: Aleksandar Vučić, presidente della Repubblica serba, e lo sloveno Aleksander Čeferin, presidente dell'Uefa prossimo alla rielezione (candidato unico al 47° congresso ordinario che si celebrerà dal 5 aprile a Lisbona).

La loro ingerenza per risolvere la crisi infinita della Federcalcio serba è tanto smisurata quanto inopportuna e inefficace, dato che i ruoli ricoperti imporrebbero loro una posizione super partes

Le tante facce di mister Kokeza  

Il racconto non può che partire dalla figura dell’ultimo presidente della FSS regolarmente eletto, Slaviša Kokeza. Classe 1977, nato a Sarajevo da famiglia serbo-bosniaca, un passato da modesto calciatore e poi da dirigente sempre nelle file del Brodarac (squadra storicamente militante nelle categorie minori, con sede a Nuova Belgrado), Kokeza ha sviluppato anche un robusto profilo da uomo d’affari.

È proprietario di società (molte fra le quali poi vendute con gran profitto) che operano in settori diversi. Tramite la società Prointer ha controllato Win Win, specializzata in tecnologie informatiche. Notizie di stampa che risalgono a settembre 2021 riferiscono che Prointer, durante l’anno solare, avrebbe ottenuto ben 17 appalti pubblici, da sola o in associazione con altre aziende. Una forza la cui matrice è facilmente individuabile: l’appartenenza alla fazione politica che governa il paese.

Kokeza ha militato nel Partito dadicale serbo (SRS), fondato dall’ultranazionalista Vojslav Šešelj, dal quale è fuoriuscito nel 2008 assieme al gruppo fondatore del Partito progressista serbo (SNS). Prima di cambiare partito ha avuto una certa notorietà quando si è presentato in conferenza stampa fasciato e ingessato, sostenendo di essere stato picchiato dalla polizia durante una manifestazione di protesta per l’arresto del criminale di guerra serbo-bosniaco Radovan Karadzic. A condurre quella conferenza stampa accanto a Kokeza, c’era un uomo fondamentale per la sua ascesa: Aleksandar Vučić, della cui sicurezza Kokeza è uno dei responsabili.

In quel momento Vučić era un rampante esponente politico che si apprestava a lasciare Šešelj per fondare, assieme a Tomislav Nikolić (anch’egli presente alla conferenza stampa del 2008 ndr) il SNS, portatore di un approccio nazionalista appena meno viscerale rispetto al SRS. Il successo politico del SNS e di Vučić è stato fulminante. Già alle prime elezioni politiche dopo la fondazione (2012) il partito è andato al governo.

Da delfino di Nikolić, Vučić è diventato ben presto un leader nazionale. Inizialmente come primo ministro e poi, dal 2017, nel ruolo di presidente della Repubblica. Nel frattempo Kokeza si è dedicato agli affari, ma ha soddisfatto anche la sua sete di “potere calcistico” diventando capo della FSS nel 2016, dopo essere stato vicepresidente della Stella Rossa Belgrado (dal 2012 al 2015, quando è stato costretto a dimettersi dietro le pressioni dei tifosi).

L’ascesa di Kokeza ha suscitato più di un sospetto. Nel 2020 il deputato Borko Stefanović del Partito democratico di Serbia ha chiesto al presidente Vucić chiarimenti sugli affari dell’imprenditore e della sua Prointer, i cui affari erano cresciuti di 350 volte nei primi sette anni di governi a guida SNS, e giunta a un capitale di 52 milioni di euro da un investimento iniziale da 150mila euro grazie ad appalti con enti pubblici e ministeri. In quegli anni Aleksander Čeferin tratta Kokeza col massimo riguardo e lo inserisce nella commissione delle federazioni nazionali attribuendogli un ruolo da vicepresidente. 

Il presunto complotto e l’arresto

A fine febbraio del 2021 viene svelato un tentativo di complotto per eliminare il presidente Vučić. A orchestrarlo sarebbero stati il boss della criminalità organizzata Darko Elez e Veljko Belivuk, noto anche come Velja Nevolja. Belivuk era a capo di una fazione che, oltre a infiltrarsi fra i gruppi ultras del Partizan Belgrado, veniva accusata di gestire numerose attività criminali. Sulla banda di Belivuk circolano aneddoti orrendi. Su tutti, quelli relativi a un appartamento di Ritopek, periferia belgradese, dove alcune persone sarebbero state effettuate torturate a morte.

Kokeza, all’epoca presidente della FSS sarebbe in rapporti molto stretti con Belivuk. La magistratura serba sta indagando sui loro possibili legami d’affari, l’imprenditore avrebbe fatto da intermediario per far assegnare a Belivuk e ai componenti del suo gruppo incarichi nel ramo security presso locali pubblici. 

Lo stesso Kokeza è sospettato di essere implicato nel complotto contro Vučić. Il presidente dichiara di non credere che il suo (ex) amico sia coinvolto ma, quando Kokeza viene fermato dalla polizia per essere interrogato, rifiuta di sottoporsi alla “macchina della verità”. Da quel momento la sua ascesa si ferma – anche se pare che i suoi affari continuino a essere floridi – e a fine marzo 2021 si dimette da presidente della FSS.

Nel segno di Čeferin

La guida della FSS viene assunta dal vice di Kokeza, Nenad Bjeković. Che è una figura scarsamente stimata dall’intero movimento e per questo tollerata soltanto per lo svolgimento di un incarico ad interim. Il “mezzo presidente” però, forte dell’appoggio che gli viene garantito da Čeferin, si mette in testa di governare. Ma per la seconda volta il numero uno della Uefa punta sul cavallo sbagliato e la figuraccia della candidatura ritirata da parte di Bjeković è anche sua. 

Così, da marzo 2021, la Federcalcio serba è priva di un presidente regolarmente eletto. Una situazione imbarazzante, soprattutto per l’interventismo mostrato da Čeferin. Che ha un ruolo anche nella vicenda di Nemanja Vidić. Indicato al termine di un vertice tenuto lo scorso gennaio tra Čeferin e il presidente serbo Vučić.

Una cosa mai vista: un capo di stato e un presidente dell’Uefa che concordano la scelta di un presidente di federazione nazionale. Insomma, mentre a parole si combattono e condannano le ingerenze della politica nel calcio, il caso serbo mostra che quando si tratta del presidente dell’Uefa è impossibile separare i due piani.

© Riproduzione riservata