Guè è seduto con le gambe a penzoloni sul palco di un teatro dell’oratorio. Accanto a lui, nella stessa posizione, c’è Paolo Sorrentino. È mezzanotte e stanno parlando dell’ultima film del regista napoletano: Parthenope. Non sono in un multisala, ma al cinema Beltrade di Milano, una sala parrocchiale che affaccia sul cortile della chiesa di Nolo, a Milano nord est.

Quando Sorrentino e il suo team hanno scelto le sale in cui proiettare il film a mezzanotte per i giovani, il Beltrade è stato tra i prescelti. Nel 2021 si è classificato come miglior monosala d’Italia vincendo il biglietto d’oro ed è un punto di riferimento per i cinefili in città. «Da un lato eravamo mossi dal desiderio di fornire una buona programmazione alternativa a quella delle grandi sale; dall’altro, c’era la necessità di crearci uno spazio, perché i grandi distributori non ci consideravano», dice Monica Naldi.

Hanno sviluppato dei format che l’hanno resa una delle sale più frequentate della città. «Abbiamo cercato di creare un’offerta diversa da quella dei grandi circuiti, incontrando soprattutto i gusti dei giovani, ad esempio con le rassegne tematiche. Ne organizziamo molte: David Lynch è un autore che piace moltissimo ai ragazzi».

Il Beltrade è un cinema che ha un approccio molto familiare. «Quando facciamo le presentazioni dei film non chiamiamo grandi critici, le introduzioni le faccio io, i registi non parlano dal palco, non vogliamo mettere nessuno su un piedistallo – continua Naldi – chi non ci conosce potrebbe trovarci addirittura antipatici».

Dopo quasi vent’anni di lavoro si sono ritagliati uno spazio importante e i distributori se ne sono accorti: «Ora ci affidano i film, il primo che ci hanno concesso in prima visione è stato The Human voice di Almodovar».

Naldi riconosce la fortuna di trovarsi a Milano nonostante anche lì ci siano problemi: «In città non esistono leggi a tutela dei cinema, quindi anche quelli di successo rischiano di chiudere. Tuttavia, avere un’identità ben definita aiuta, perché Milano è una città privilegiata: qui esiste una nicchia di pubblico che apprezza questo tipo di proposta e riempie la sala».

La crisi delle sale non riguarda solo il capoluogo lombardo, ma interessa l’intero paese. Nonostante i botteghini italiani abbiano registrato, nel 2024, un incasso di 493 milioni di euro e sfiorato i 70 milioni di biglietti venduti, dimostrando che il pubblico ha ancora voglia di andare al cinema, molte sale continuano a chiudere.

Il caso Roma

Emblematico è il caso di Roma, dove si contano 44 sale abbandonate e inutilizzate, e dove, negli ultimi 4 anni, ne sono state chiuse 101. Recentemente un fondo olandese ha acquisito all'asta, per 42 milioni di euro, nove cinema (tra cui la multisala Adriano) precedentemente di proprietà di Massimo Ferrero. I consiglieri comunali del Pd, Lorenzo Marinone e Antonella Melito hanno espresso le loro preoccupazioni rispetto al fatto che queste sale possano presto diventare altro. E anche Carlo Verdone ha fatto sentire la propria voce. Il Consiglio regionale del Lazio, infatti, sta discutendo una legge che renderebbe più facile l’iter per cambiare la destinazione d’uso dei cinema: «È un attentato totale alla cultura. Se viene approvata la legge 171 che propone la giunta regionale, passeremo 15 anni – e dico 15, non 5 – con sale abbandonate nel più totale degrado».

Nel frattempo, mentre alcune sale faticano a sopravvivere, anche nella capitale ce ne sono altre che hanno trovato formule vincenti per risollevarsi, attirando un pubblico giovane. Capofila è sicuramente il cinema Troisi, vincitore per due anni consecutivi del biglietto d’oro, nel 2022 e nel 2023. La sala è diventata un posto di ritrovo, dove c’è un bar e un'aula studio aperta 24 ore su 24. C’è stata una rifunzionalizzazione del luogo che lo ha riportato al centro delle attività sociali.

Anche il cinema Quattro Fontane, un multisala situato in centro di proprietà di Circuito Cinema, ha deciso di sperimentare nuove formule. L'anno scorso ha dato il via a PoltronCine, un cineforum ideato in collaborazione con il critico cinematografico e caporedattore di CiakClub, Carlo Giuliano. «Possiamo proiettare qualsiasi film di nuova uscita già presente nella programmazione di Circuito Cinema o riportare un classico, con dibattito post-proiezione e un ospite sempre diverso» racconta il giornalista.

L’idea è nata proprio per far vivere le sale anche fuori dai weekend, quando la gente va più spesso al cinema: «Volevamo creare una rassegna durante la settimana e abbiamo scelto il martedì, una serata in cui le sale sono più vuote». All’inizio era faticoso riempirla, ma con il tempo ci sono riusciti: «Ora è diventato un evento bimensile e riempiamo sale da 150-200 posti. Chi viene una volta spesso ritorna. C’è una buona parte di pubblico che ha visto il 75 per cento dei film proposti».

Il Quattro Fontane, come il Troisi, non è solo un cinema: il suo ampio foyer, con il bar, è un punto di incontro vivo e frequentato, indipendentemente dalla programmazione. «Con PoltronCine ed eventi simili, siamo riusciti a recuperare la cultura della sala trasformandola in qualcosa di più: il cinema torna a essere un luogo di aggregazione che va oltre la visione dei film, continua anche dopo».

Bologna

Dello stesso avviso è Gianluca Farinelli, direttore del cinema Modernissimo di Bologna, che ha riaperto il 20 novembre 2023 dopo quasi vent’anni di inattività. «Non era scontato che andasse bene», racconta Farinelli. «Non facciamo prime visioni, abbiamo una programmazione molto particolare e siamo un monosala. Anche dal punto di vista logistico è scomodo: si trova in pieno centro, non ci sono parcheggi vicini».

L’idea però ha funzionato, ancora una volta ha premiato il cartellone vario e la struttura architettonica stessa del Modernissimo. «La nostra idea – continua Farinelli – era costruire una sala nella quale il pubblico andasse anche al di là del film stesso, che fosse attrattiva in sé. Come era nell’età dell’oro del cinema, “andiamo in quella sala” che ha particolarità attraenti».

Secondo Farinelli non si può ancora parlare di “declino dell'industria": «È un’arte che muove ancora milioni di spettatori. Certo, non è più quello di una volta, però ciò non significa che non ci sia pubblico per le sale che hanno identità una relazione con il proprio pubblico».

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