Una tegola giudiziaria cade sulla Cisl poco prima che si consumi lo strappo con le altre sigle sindacali, ovvero lo sciopero generale di oggi organizzato per protestare contro la riforma fiscale varata dal governo di Mario Draghi.

Una manifestazione dalla quale si è sfilata la confederazione guidata dal segretario generale Annamaria Furlan in aperto dissenso con Cgil e Uil. Queste ultime, al contrario della Cisl, sostengono che le nuove aliquote Irpef studiate dal ministro Daniele Franco sono inique e che premierebbero le famiglie più abbienti a scapito di quelle più bisognose. Soprattutto in un momento nel quale in Italia crescono le zone e le persone povere.

La tegola arriva sotto forma di un sequestro preventivo di 600mila euro che colpisce alcune sigle della Cisl lombarda, convalidato dal gip di Milano su richiesta del pm Paolo Storari. Si indaga per truffa ai danni dell’Inps.

L’aspettativa

Sono 12 al momento le persone indagate, tutte appartenenti al sindacato, tra cui Gilberto Mangone, ex segretario generale aggiunto di Milano Metropoli. Ma non è escluso che il numero possa salire.

La vicenda solleva dubbi sulle modalità con cui alcune sigle della regione avrebbero gestito l’«aspettativa sindacale non retribuita» di diversi lavoratori appartenenti ai settori industriali.

Si va dalle costruzioni della Filca ai metalmeccanici della Fim, dai chimici della Femca alla Fesla, che rappresenta tutto l’universo dei lavoratori atipici.

Queste sigle sindacali, insieme alla Fisascat, che si occupa di personale che lavora nei servizi commerciali, sono state oggetto dei sequestri.

Partendo da un’altra indagine per reati fiscali, inerente all’utilizzo di manodopera da parte del gruppo Cegalin-Hotelvolver (che di occupa di servizi industriali di pulizia), i militari del Nucleo economico finanziario della guardia di finanza di Milano hanno scoperto quella che viene definita dal gip una «prassi illecita». Sarebbe

stata in vigore presso alcuni organismi sindacali che, ricorrendo all’istituto dell’aspettativa non retribuita, formalizzavano «fittizie assunzioni» presso aziende «compiacenti», senza che venisse svolta alcuna attività lavorativa e con corresponsione dei contributi figurativi a carico dell’Inps.

In cosa consiste la presunta truffa? Per far sì che l’Inps paghi i contributi a coloro che sono in distacco sindacale, i dipendenti delle imprese devono aver lavorato almeno sei mesi nelle società che li hanno assunti, solo dopo questo passaggio possono andare in aspettativa. Nei casi presi in considerazione dall’indagine, i lavoratori assunti dalle società compiacenti -–tra cui la Cegalin, altre cooperative di servizi e grandi gruppi come Tecnimont, Obiettivo lavoro, Randstad, Liquigas, Poste Italiane e altre – erano immediatamente dirottati presso le sigle sindacali senza neppure che fossero passati i sei mesi di servizio previsti.

Così la Cisl lombarda aveva di fatto dei collaboratori ma senza averli assunti e, soprattutto, con i contributi pagati dall’Inps.

Lavoratori che il gip Anna Calabi definisce, per questi motivi, «a basso costo».

Dalle testimonianze dei lavoratori, sentiti dagli inquirenti negli ultimi mesi, è emerso che il meccanismo andrebbe avanti dal 1991.

Al momento né i lavoratori né le aziende sono indagati.

Le ombre

Resta da chiarire un dettaglio: cosa ci guadagnavano le imprese che si prendevano l’onere di retribuire per almeno sei mesi i dipendenti inseriti nel meccanismo, pur sapendo che non si sarebbero mai presentati sul luogo di lavoro.

Lo dice anche il gip nella sua ordinanza di convalida dei sequestri, sottolineando che si potrebbe profilare, eventualmente, un problema di «sindacati di comodo», vietati dallo Statuto dei lavoratori.

«Chiamatemi serva»

L’attuale segretario generale di Cisl Lombardia, Ugo Duci, citato da alcune persone sentite nell’indagine, ma non indagato, si è detto fiducioso nell’operato della magistratura.

Nell’ordinanza emerge un passaggio preoccupante.

Una delle persone interrogate si sarebbe rivolta a lui in un momento difficile, «avendo paura di perdere il posto di lavoro», quando l’azienda nella quale era stata assunta fittiziamente stava per essere liquidata.

Secondo il verbale della sindacalista, Duci avrebbe detto: «Hai firmato tu il distacco sindacale e quindi sei anche tu responsabile, nella vita esistono due tipi di uomini, gli uomini liberi e i servi». Allora «chiamami serva», avrebbe risposto la donna.

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