«Lo chiamano ”l’innominabile”, dotto’. C’hanno paura tutti... pure ’sti ragazzetti, crescono tutti con il nome di Peppe Molisso e Bennato». A parlare è il narcos pentito, Fabrizio Capogna, che racconta i due padroni del traffico di droga a Roma, Giuseppe Molisso e Leandro Bennato. Due figliocci di Michele Senese, il boss e re della capitale da tre decenni, con buona pace della massima, alimentata dalle fiction, che la città non sopporti re.

I pm antimafia di Roma hanno ricostruito gli affari del clan che è riuscito a riunificare le piazze di spaccio di Tor Bella Monaca e a controllare anche le altre più fiorenti della città, un risultato criminale mai raggiunto prima.

Sono due i caratteri distintivi del sodalizio criminale: la protezione e la violenza, un clan che è riuscito a divenire il più «pericoloso sulla capitale», scrive il giudice, Livio Sabatini, nelle quasi mille pagine di ordinanza, eseguita dai carabinieri. In 29 sono stati raggiunti dalla misura, alcuni erano già detenuti.

Carcere e comunità

Molisso e Bennato sono al vertice del gruppo e comandano anche dal carcere delegando la gestione a un loro sodale, Emanuele Selva, irreperibile. Molisso, in particolare, è riuscito a gestire il clan grazie anche alla comoda detenzione in comunità, un dato che è ormai una costante, lo stesso Michele Senese, padre criminale di Bennato e Molisso, non raggiunto da questa misura cautelare, gode di comoda detenzione con permessi premio per andare a trovare la famiglia. Il clan si riforniva da due broker albanesi, entrambi irreperibili, Altin Sinomati (detto Aldo) e Renato Muska (detto Renato).

Nelle carte dell’inchiesta viene ricostruito un episodio già raccontato dai fratelli Capogna, entrambi pentiti, quando furono vittima di un furto di dieci chili di cocaina, una rapina organizzata proprio dalla coppia Molisso-Bennato con la complicità dei due narcotrafficanti albanesi.

Capogna voleva continuare a prendere la droga da un altro narcos, Lolli, irreperibile, conosciuto con il nome di Eneo Carka. L’obiettivo del clan era chiaro: a Roma non possono esistere altri canali di approvvigionamento.

Un progetto, quello del canale unico di rifornimento della cocaina, che Molisso persegue da anni, «vuole riunire tutte le piazze, riunisce tutto e nessuno discute, la roba la pigliano da loro, capito», dicevano al telefono alcuni soggetti coinvolti nei traffici. In pratica dopo la morte di Stefano Crescenzi, un narcos con le stesse mire espansionistiche, Molisso, Bennato e Marco Desideri, anche quest’ultimo tra gli arrestati, diventano «il potere più forte che ci sta a Roma, più forte di tutti quanti», dicono i pentiti. Legati, anzi legatissimi ai componenti del clan Senese e al grande capo, Michele, detto il pazzo.

La violenza e l’omicidio Diabolik

C’è anche la violenza cieca che cancella un’altra fandonia che circola su Roma e la malavita capitale, che in città non si spari, non si ammazzi, ma si facciano solo affari. Non è così. Nel novembre 2022 il clan subisce il furto di un quantitativo di cocaina, 107 chili, e nel giro di pochi giorni inizia la rappresaglia. Uno dei responsabili viene prelevato, torturato, anche con la fiamma ossidrica, reso irriconoscibile, morirà pochi giorni dopo in ospedale.

Brutalità che subisce anche un altro uomo indiziato del furto, alla fine il gruppo criminale riesce a recuperare parte dello stupefacente sottratto. Nella sequela di attentati, agguati, violenze c’è il conflitto con gli uomini di Fabrizio Piscitelli che viene ucciso il 7 agosto 2019. Per il delitto del narco-ultrà è a processo Esteban Calderon, vero nome Leandro Musumeci, inserito «nelle dinamiche del sodalizio criminale capeggiato da Molisso», scrive il giudice.

Anche Calderon è stato raggiunto dalla misura cautelare; in carcere anche il narcos Giuseppe D’Alto, nella sua abitazione sono stati trovati 220mila euro e orologi di lusso. In una proprietà riconducibile a Bennato, i militari dell’Arma hanno trovato, tra le altre, anche una litografia di Renato Guttuso, raffigurante natura morta (opere da periziare). L’inchiesta finalmente riconosce il sodalizio e i suoi vertici, Giuseppe Molisso e Leandro Bennato, figliocci di Senese.

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