Una circolare trasmessa dal Viminale e dal ministero della Salute alle prefetture l’11 aprile chiarisce che per il ritiro della patente non sarà sufficiente l’assunzione di sostanze stupefacenti ma che sia avvenuta in un lasso di tempo tale da causare uno stato di alterazione delle capacità di guida
Per il ritiro della patente non sarà più sufficiente la mera assunzione di sostanze stupefacenti, ma bisognerà accertare una effettiva alterazione della capacità di guidare. Lo hanno messo nero su bianco, con una circolare trasmessa l’11 aprile alle prefetture, il ministero dell’Interno e il ministero della Salute. Una nota con cui i due dicasteri competenti provano a chiarezza su uno dei punti più controversi, con tanto di ricorsi già avviati, del nuovo codice della strada.
Gli effetti della sostanza
«L’elemento caratterizzante la nuova fattispecie, contenuto nella locuzione “dopo aver assunto”, è costituito dallo stretto collegamento tra l’assunzione della sostanza e la guida del veicolo: in luogo del nesso eziologico tra assunzione e alterazione, il nuovo articolo 187 cds prevede, quale presupposto per la punibilità della condotta, una correlazione temporale tra l’assunzione e la guida, che si concretizza in una perdurante influenza della sostanza stupefacente o psicotropa in grado di esercitare effetti negativi sull’abilità alla guida».
È questo il passaggio cruciale del testo che sembra chiarire una volta per tutte come a pesare non debba essere l’assunzione della sostanza in sé, ma il fatto che la stessa «sia stata assunta in un periodo di tempo prossimo alla guida del veicolo, tale da far presumere che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida».
Sembra così definitivamente accantonata l’interpretazione più restrittiva, caldeggiata dal ministro Matteo Salvini, segnando così un passo indietro rispetto all’eliminazione del requisito di “alterazione psicofisica” applicato fino all’introduzione del nuovo codice della strada.
Le verifiche
Ma non si tratta di un vero e proprio ritorno al passato. Rispetto a quanto accadeva fino a qualche mese fa, infatti, ad accertare lo stato di alterazione non sarà un medico. La circolare spiega infatti, passo per passo, la procedura che dovranno seguire le forze dell’ordine in caso di controllo.
Il primo step sarà un accertamento preliminare condotto sul posto dagli agenti nel corso del controllo. Nel caso in cui il primo test dovesse essere positivo, poi, si dovrà procedere ad approfondimenti con il prelievo di due campioni salivari. Le due provette, conservate a temperatura controllata di 4° C per evitare il congelamento, dovranno essere portate nel più breve tempo possibile al più vicino laboratorio di tossicologia forense per i «controlli di secondo livello».
I laboratori, una volta ricevuti i campioni, dovranno analizzare il contenuto di una provetta entro e non oltre il termine di dieci giorni, mentre la seconda dovrà essere conservata per 12 mesi «a una temperatura di almeno -18°C o inferiore, presso il laboratorio dove è stata eseguita l’analisi, a disposizione dell’autorità giudiziaria per eventuale contro esame secondo le disposizioni da quest’ultima fornite».
Nei dieci giorni, o meno in caso di tempi più rapidi, che intercorrono tra il controllo positivo in strada e la trasmissione dei risultati «all’ufficio da cui dipende l’organo di polizia stradale che ha effettuato il prelievo» scatta il cosiddetto «ritiro cautelare della patente».
Medicinali
Altro punto controverso che viene ora chiarito con la circolare ministeriale è quello che riguarda l’assunzione di farmaci a base di cannabis, in grado di alterare l’esito dei test salivari dando un risultato positivo. Con le nuove linee guida, infatti, si chiarisce che nell’analisi dei campioni i tecnici dovranno tenere conto di «eventuali terapie farmacologiche attestate da certificazioni mediche».
I farmaci e le terapie in corso saranno specificati nel verbale trasmesso insieme ai campioni al laboratorio con l’indicazione dei medicinali e l’orario dell’ultima assunzione «per consentire una più completa valutazione e interpretazione dei risultati degli accertamenti tossicologici di secondo livello».
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