Il 20 novembre, BioNTech e Pfizer hanno richiesto alla Food and Drugs Administration (Fda), l’agenzia statunitense che regola i prodotti farmaceutici, l’autorizzazione all’uso in emergenza del loro vaccino per il coronavirus. Pratiche simili sono state o verranno presto avviate presso agenzie di regolamentazione in Europa e altrove, e a quello di BioNTech-Pfizer si aggiungeranno presto i vaccini di Moderna e AstraZeneca-Oxford.

I risultati preliminari degli studi clinici di questi tre vaccini hanno generato un certo ottimismo,  ma la battaglia è tutt’altro che vinta. Oltre alle sfide di produzione e distribuzione del vaccino, affinché il vaccino produca la cosiddetta “immunità di gregge”, occorre che una proporzione sufficientemente elevata della popolazione decida di vaccinarsi. Tuttavia, secondo un sondaggio recente di Swg, quasi il 40 percento degli italiani non ha intenzione di fare il vaccino; un altro sondaggio di Ipsos-MORI rivela che solo il 24 percento della popolazione sarebbe disposto a vaccinarsi immediatamente, e la proporzione sale al 53 percento se si include chi lo farebbe entro tre mesi da quando un vaccino anti-Covid dovesse essere disponibile. Queste percentuali sono insufficienti: anche con un vaccino efficace al 90 per cento, per raggiungere un livello di immunizzazione della popolazione del 70 per cento bisognerebbe che circa l’80 delle persone si vaccinasse.

Il ministro della Salute Roberto Speranza mercoledì presenterà al parlamento la campagna di vaccinazione anti Covid. Cosa si può fare per rimuovere le esitazioni e far sì che la campagna abbia successo? I sondaggi indicano che il problema è dovuto soltanto in parte ad atteggiamenti complottisti o “no-vax”.

Le ragioni principali per le quali le persone non intendono vaccinarsi includono i possibili effetti collaterali e la preoccupazione che gli studi clinici siano stati condotti troppo in fretta. Una volta comprese le preoccupazioni, è importante rispondere con chiarimenti e trasparenza. Il “consenso informato” e il rispetto dell’autonomia delle persone sono tra i principi fondamentali della bioetica.

Sarà pertanto importante rassicurare il pubblico che l’Italia farà ricorso a un vaccino soltanto se questo verrà approvato dalle autorità competenti, dopo studi rigorosi e senza pressioni politiche, e che le agenzie di regolamentazione dei farmaci esigeranno chiarezza e trasparenza sui protocolli dei clinical trial, senza prendere scorciatoie a discapito della sicurezza.

I dubbi su AstraZeneca-Oxford

In un’intervista a una radio irlandese, Emer Cooke, direttrice della European Medicines Agency (Ema) ha affermato che i requisiti di sicurezza per i vaccini anti-coronavirus sono gli stessi per qualsiasi vaccino, e che l’Ema assicurerà al pubblico che ogni vaccino approvato soddisferà gli standard più rigorosi.

La fiducia è tanto difficile da ottenere quanto fragile. Nei giorni scorsi, la rivelazione di alcuni dettagli del trial di AstraZeneca-Oxford ha sollevato perplessità tra gli esperti. Lunedì 23 novembre, la partnership AstraZeneca-Oxford ha reso pubblici risultati preliminari secondo cui il loro vaccino avrebbe un’efficacia compresa tra il 62 percento e il 90 percento, a seconda del dosaggio. Poi è emerso che l’efficacia del 90 percento riguardava un sottoinsieme dei soggetti reclutati per lo studio ai quali era stata somministrata per errore una mezza dose seguita dal richiamo di una dose intera un mese dopo (il regime da protocollo di due dosi piene, invece, ha mostrato un’efficacia del 62 percento).

Natalie Dean, docente di biostatistica specializzata nell’epidemiologia delle malattie infettive alla University of Florida, ha scritto che AstraZeneca-Oxford “merita un voto mediocre per trasparenza e rigore” e che il suo trial “non è come quelli di Pfizer o Moderna dove avevamo i protocolli in anticipo ed è stata riportata un'analisi primaria pre-specificata.”

L’amministratore delegato di AstraZeneca, Pascal Soriot, ha dichiarato che l’azienda condurrà un trial aggiuntivo per corroborare i risultati sull’efficacia del dosaggio alternativo che sembra funzionare meglio di quello pieno.

L’attenzione sul trial AstraZeneca-Oxford è molto alta perché questo vaccino presenta alcuni vantaggi rispetto a quelli di BioNTech-Pfizer e Moderna, cioè il costo più basso (circa 3-4 euro a dose) e il fatto che non richiede temperature estremamente basse per essere conservato.

E’ difficile dire se e in quale misura queste vicende abbiano ridotto la fiducia del pubblico sul vaccino di AstraZeneca-Oxford o sui vaccini in generale. Tuttavia, se persino gli esperti sono stati spiazzati dalle comunicazioni che si sono succedute sui risultati preliminari dello studio, è evidente che una maggiore trasparenza sarebbe stata possibile ed opportuna.

Le intenzioni di vaccinazione del pubblico possono mutare, è importante continuare a condurre sondaggi per avere il polso della situazione. È anche utile identificare possibili strategie per incoraggiare le persone a proteggersi attraverso il vaccino.

Ricercatori della University of Pennsylvania hanno dato vita a una collaborazione con le farmacie di Walmart per studiare strategie di comunicazione volte a incoraggiare le persone a vaccinarsi contro l’influenza, con l’obiettivo di imparare lezioni da poter applicare alle vaccinazioni contro il coronavirus. Poiché è possibile che popolazioni diverse richiedano strategie diverse, sarebbe desiderabile condurre studi simili anche in Italia.  

La Fda si riunirà il 10 dicembre per decidere sull’autorizzazione al vaccino di BioNTech-Pfizer. Un’eventuale approvazione segnerà l’inizio di una nuova fase della pandemia, una fase in cui l’umanità avrà un’importante arma in più a propria disposizione per sconfiggere il coronavirus e tornare a una situazione di normalità.

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