In una società in cui la comunicazione ha assunto una importanza esorbitante, molti eventi o azioni tendono un po’ frettolosamente ad essere rubricate quali questioni o problemi di comunicazione. Vale per campi e settori molto distanti fra loro, quali l’economia, lo sport, la salute e ovviamente per la politica, ambito nel quale il going public, il news-management, il marketing elettorale hanno sostituito competenze e attività un tempo essenziali alla gestione della cosa pubblica.

Che ci siano dei problemi nella gestione della comunicazione da parte dell’esecutivo insediatosi il 22 ottobre dello scorso anno trova conferma nei recenti avvicendamenti ai vertici della comunicazione del governo. Nel corso delle ultime settimane si sono dimessi i portavoce del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, del ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara e del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.

Se per ragioni personali, come dichiarato, o, più probabilmente professionali, non è chiaro, ma è un trend che sicuramente non passa inosservato. A questa moria si è aggiunta la nomina del giornalista Mario Sechi a capo dell’ufficio stampa e relazioni con i media di Palazzo Chigi, segno inequivocabile che una correzione o anche solo cambio di passo nella comunicazione della presidente del Consiglio fosse ritenuto necessario.

A poco più di quattro mesi dall’entrata in carica del governo si parla di una evidente difficoltà nella gestione della sua comunicazione, elencando una serie di fatti, errori, passi falsi. Complice anche il video “privato” del karaoke fra Meloni e Salvini, scappato per colpa, o merito, del giornalista Nicola Porro all’embargo al quale “pare” avrebbe dovuto essere sottoposto.

Tutti inconsapevoli che nella moderna società delle reti il privato non esiste e, come hanno insegnato e praticato i due protagonisti dell’episodio, il privato è oramai una componente essenziale della scena pubblica e politica.

A ben vedere si tratta però di situazioni molto differenti fra loro. Possono essere considerati errori “tecnici” nella comunicazione la pessima location allestita per il Consiglio dei ministri a Cutro, senza una illuminazione e un setting adeguati ad un evento istituzionale di eccezionale portata. Eppure molto è stato scritto sull’importanza della messa in scena della politica.

Altrettanto vale per la conferenza stampa che ne è seguita, senza una regia e lasciata alle domande dei giornalisti, scappata di mano al nuovo cerimoniere della comunicazione di Palazzo Chigi che può consolarsi solo del fatto che non potrà che migliorare.

Questione di contenuti

Vi sono poi casi dove l’errore risiede nei contenuti della comunicazione. Far trasparire una responsabilità dei benzinai nell’aumento della benzina seguito alla reintroduzione delle accise da parte del governo, è stato un tentativo di coprire una delle tante contraddizioni fra quanto proclamato dalla Meloni di lotta e quanto praticato dalla Meloni di governo.

Un caso di “spin” della comunicazione mal riuscito, presto sconfessato dai fatti, che ha avuto quale immediato risultato quello di fare imbestialire la categoria dei benzinai. Rientra in questa tipologia anche l’annuncio del ministro dell’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Francesco Lollobrigida, di un piano flussi allo studio del governo che prevedeva per quest’anno 500mila ingressi, subito sconfessato da altri esponenti del governo e rettificato dallo stesso Lollobrigida.

Evidente episodio di comunicazione sbagliata in quanto non coordinata e condivisa. Potremmo infine inserire negli errori della comunicazione un ministro dell’Istruzione e del merito che “confonde” umiliazione con umiltà, parlando di valori pedagogici ed educativi da rinforzare fra gli studenti italiani.

Vi sono poi eventi che riguardano la correttezza e la sensibilità istituzionale che è già più difficile rubricare come errori di comunicazione. La divulgazione e l’uso politico di informazioni riservate da parte di Giovanni Donzelli nel suo intervento alla Camera durante il dibattito sul caso Cospito e il 41 bis, attinte grazie alla convivenza con il Sottosegretario di Stato al Ministero della giustizia, Andrea Delmastro.

O, ancora, l’uso di espressioni quali «carico residuale» in relazione ai migranti, come parlare di «irresponsabilità di coloro che emigrando mettono a rischio la vita dei propri  figli» da parte del ministro dell’Interno Mateo Piantedosi.

Espressioni che suscitano polemiche che sicuramente un diverso vocabolario avrebbe evitato, ma che non sono solo questioni di comunicazione, poiché rispecchiano una precisa visione inumana, burocratica e questurina delle istituzioni, rivendicata con orgoglio da Piantedosi. In tutti questi “errori” c’è già qualcosa che va oltre alla semplice comunicazione e che ha a che fare con una determinata cultura e visione politica.

Cutro

Vi è poi una terza categoria di cosiddetti “errori” che con la comunicazione hanno poco a che fare. La recente tragedia di Cutro ne offre alcuni, racchiusi nel giro di pochi giorni.

La scelta della presidente del Consiglio prima di non recarsi immediatamente sul luogo del disastro, lasciando l’incombenza al presidente della Repubblica, poi di non intervenire per giorni sull’argomento poiché impegnata in una visita internazionale e, infine, la decisione di non incontrare i parenti delle vittime.

È evidente che si tratta di precise scelte e azioni politiche, sulle quali c’è stato inoltre tutto il tempo di meditare e riflettere, che è troppo semplicistico rubricare nella categoria azioni di comunicazione del governo. E non è un caso infatti che il valutare queste scelte errori o no, sia un giudizio politico e non tecnico.

Questo non significa che queste scelte non possano avere ripercussioni sul gradimento del governo e della leader. Ma non è che comunicarle meglio avrebbe cambiato qualcosa, perché hanno una forza e una valenza politica ben più forte di quella comunicativa.

I responsabili della comunicazione e spin doctor vari lo sanno bene e infatti ne considerano le conseguenze, soprattutto in una fase in cui i tratti vincenti della leadership si allontanano dall’idea del leader solo al comando, dotato di superpoteri, a favore di leadership empatiche, attente, capaci di ascoltare.

La vicenda di Cutro, karaoke finale incluso, ha gettato su Meloni e sul suo governo un’ombra di inumanità, cinismo, insensibilità, che poco si conciliano con la filastrocca della donna, madre e cristiana. Quella sì che era comunicazione, questa invece è politica.

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