Il fondo australiano Macquarie ha presentato una offerta vincolante di 2,65 miliardi di euro di equity value per comprarsi metà di Open Fiber, la società della fibra ottica nata nel 2015 per volontà del governo di Matteo Renzi, e partecipata per metà da Cassa depositi e prestiti.  

Il consiglio di amministrazione della società elettrica si è riunito la mattina del 17 settembre e ha comunicato di aver ricevuto il giorno 16 una offerta vincolante del fondo australiano per l’acquisto della sua partecipazione nella società della fibra ottica. «Tale offerta, si legge nel comunicato, «prevede il riconoscimento di un corrispettivo pari a circa 2,650 milioni al netto dell’indebitamento per l’acquisto della partecipazione sopra indicata, con meccanismi di aggiustamento ed earn out  (raggiungimento di determinati obiettivi, ndr)». 

Quest’estate sia Il Sole 24 Ore che Bloomberg avevano anticipato che il fondo di investimento australiano valutava la società 7,7 miliardi di euro debito compreso. Il valore era superiore alle stime degli analisti.

Nel bilancio di Enel il patrimonio netto di Open Fiber è valutato 432 milioni di euro e l’avvio della società è costato non più di 800 milioni di euro.

Open Fiber ha vinto i bandi di Infratel per la connessione a banda larga delle aree bianche e incassa le quote dell’appalto in base ai risultati raggiunti.

Questo fa sì che il suo debito sia legato ai ritardi con cui procede il collocamento della fibra. Il bilancio di Open Fiber registrava 1,6 miliardi di euro di debito a fine 2019, ma secondo la società elettrica a sei mesi di distanza sarebbe aumentato avvicinandosi ai due miliardi di euro.

La valutazione complessiva di Open Fiber  al netto del debito è attorno ai cinque miliardi, un valore poco inferiore delle indiscrezioni di quest’estate che intanto sono state un riferimento per l'accordo parallelo tra Tim e il fondo americano Kkr che ha valutato la rete secondaria di Tim in rame 4,5 miliardi al netto del debito: significa 800 milioni in meno della valutazione di Macquarie per la concorrente, ma un valore complessivo lordo molto simile, 7,7 miliardi, come se le due operazioni corrispondessero. 

Macquarie aveva annunciato la volontà di presentare una offerta per la quota di Open Fiber a giugno, quando già si mettevano le basi per arrivare alla lettera di intenti tra Tim e Cdp che prevede la creazione di una unica società della rete con l’incorporamento di Open Fiber.

L’amministratore delegato di Enel  Francesco Starace ha detto che per ora è difficile valutare l’offerta: «Non c'è niente di urgente, non abbiamo un calendario che ci corre dietro. Gestiremo la cosa con i tempi necessari». Starace ha ipotizzato che la risposta potrebbe arrivare anche tra un mese, e che l’offerta potrebbe essere anche per meno del 50 per cento.

Se l’offerta andasse a buon fine, grazie alla scommessa del monopolio, Starace riuscirebbe a uscire dall’avventura Open Fiber in cui è entrato su invito del governo Renzi guadagnando circa 1,85 miliardi. 

Ad oggi tuttavia non si conoscono le condizioni a cui è vincolata l’offerta. Macquarie paga il privilegio del monopolio, ma potrebbero esserci anche altre condizioni legate alla forma che prenderà la società della rete unica di cui non si conoscono asset, debito e perimetro che potrebbero condizionare, non poco, l’accordo finale che coinvolge società quotate e su cui si intrecciano interessi pubblici e privati.

Oggi, proprio nel giorno del cda di Enel, Bloomberg ha diffuso la notizia di una possibile opposizione della Commissione europea causando perdite dei titoli di Tim e Enel in Borsa, al punto che il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri è intervenuto per difendere il progetto dalle speculazioni e anche i dividendi delle sue partecipate. 

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