Dalle congregazioni emerge il profilo di un papa “pastore”, ma peseranno anche le parole del cardinale Re alla messa pro eligendo romano pontefice. Il segretario di Stato, Pietro Parolin, parte in testa. Ma se la candidatura dovesse sgonfiarsi il collegio cardinalizio potrebbe guardare verso l’Asia
Extra omnes. Mercoledì 7 maggio comincia il conclave che dovrà eleggere il successore di papa Francesco, è finito il tempo delle congregazioni generali dedicato allo scambio di vedute, alla conoscenza e al confronto fra cardinali, si passa al “fuori tutti” dalla Cappella Sistina, tranne i cardinali con meno di 80 anni, cioè quelli che hanno diritto di voto.
Mercoledì in serata, verso le 19, ci sarà la prima fumata dal comignolo della Cappella Sistina, nei giorni seguenti però il ritmo sarà tutto un altro: quattro votazioni al giorno, due la mattina e due il pomeriggio-sera, con due fumate: nera, se non sarà stato raggiunto il quorum dei voti necessari per eleggere il papa, bianca, in caso i due terzi dei cardinali elettori avranno individuato il candidato giusto. È previsto tuttavia, che, in caso l’elezione avvenisse nella prima votazione della mattina o nella prima del pomeriggio, ci sarà subito la fumata bianca.
Il meccanismo ha un senso preciso: procedere in tal modo, significa infatti che, levata la prima votazione di mercoledì, si andrà avanti con quattro scrutini al giorno, un ritmo abbastanza serrato in ragione del quale si pensa che entro sabato ci sarà il nuovo papa. In caso contrario vuol dire che il conclave si trova in una situazione di stallo e dunque che non è stato trovato un accordo fra i 133 porporati elettori.
Il peso di Re
Un passaggio importante sarà quello della messa “pro eligendo romano pontefice”, che sarà celebrata nella mattina di mercoledì dal decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re. Come era stato nel 2005, quando a celebrare era Joseph Ratzinger e nel 2013 quando Angelo Sodano aveva parlato tanto di quella misericordia che è stata uno dei temi centrali del pontificato di Francesco, la sua omelia conterrà con ogni probabilità indicazioni importanti sul profilo del prossimo pontefice. Cosa che, almeno in parte, l’anziano cardinale Re ha già fatto nel corso della messa per i funerali di Bergoglio, indicando, fra gli aspetti salienti della sua eredità, «la capacità di stare in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti. Inoltre è stato un papa attento al nuovo che emergeva nella società ed a quanto lo Spirito Santo suscitava nella chiesa». Uno stile, un modo d’essere che è già un programma di governo.
D’altro canto, le congregazioni generali, sono andate avanti fino alla mattinata di martedì, quando si è svolta l’ultima, la 12esima, con un dibattito sempre più ricco e intenso, via che ci si avvicinava al conclave, secondo quanto ha fatto sapere la Sala stampa, infatti nel corso dell’ultima riunione di cardinali: «Tra i temi principali emersi, è stata confermata la consapevolezza che molte delle riforme promosse da papa Francesco hanno necessità di essere portate avanti: la lotta agli abusi, la trasparenza economica, la riorganizzazione della curia, la sinodalità, l’impegno per la pace e la cura del creato La responsabilità della chiesa in questi ambiti è sentita in modo profondo e condiviso».
Si è delineato poi, ha aggiunto il portavoce vaticano Matteo Bruni, «il profilo di un papa pastore, maestro di umanità, capace di incarnare il volto di una chiesa samaritana, vicina ai bisogni e alle ferite dell’umanità. In tempi segnati da guerre, violenze e forti polarizzazioni, si avverte con forza il bisogno di una guida spirituale che offre misericordia, sinodalità e speranza».
Da Parolin, a Tagle, a Grech
Ora non resta che eleggere il nuovo papa. Compito non scontato perché a quanto pare, durante le congregazioni, puro all’interno di una discussione articolata e non formale, non sembra essere emersa una personalità in grado di coagulare un consenso veramente ampio. Così in testa tra i favoriti resta il cardinale Pietro Parolin, per 12 anni segretario di stato di Francesco, che raccoglie consensi e dissensi trasversali. Il porporato veneto è visto con sospetto dai conservatori per la sua fedeltà a Bergoglio e soprattutto per l’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi. Ma in queste settimane pre-conclave ha raccolto critiche anche dai progressisti perché giudicato troppo moderato. Proverà a trasformare questa sua posizione di apparente debolezza in forza: la capacità di mediazione in una fase del genere può infatti risultare decisiva.
Ma se i consensi intorno a Parolin non dovessero crescere dopo le prime votazioni, si apre una “terra incognita” per lo stesso conclave: a quel punto i cardinali potrebbero fare rotta sull’Asia, e potrebbe essere la volta del cardinale filippino Luis Antonio Tagle, oppure restare in Europa. Qui spiccano due nomi, quello del cardinale Jean Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia e presidente della conferenza episcopale francese, e Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna alla guida della Cei.
Fra le personalità di cui si è parlato nelle ultime ore, c’è quella del segretario generale del sinodo, il maltese Mario Grech, che potrebbe entrare in lizza qualora il blocco che spinge per la riforma sinodale avviata da Francesco, dovesse far sentire il suo peso. Anche il prefetto del dicastero per i Vescovi, l’americano Robert Francis Prevost, potrebbe raccogliere dei consensi. Restano poi molti altri nomi potenziali, fra i quali anche il patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa.
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