Per la prima volta nella sua storia, l’Unione europea ha approvato l’utilizzo dell’European peace facility (Epf) per la fornitura di armi ed equipaggiamenti militari all’esercito ucraino, riscoprendo – nelle parole dell’Alto rappresentate Josep Borrell – la sua anima geopolitica. L’impiego del fondo off budget come risposta emergenziale all’attacco russo contro l’Ucraina pone però dei problemi.

L’Epf, entrato in vigore a luglio del 2021, prevede uno stanziamento di 5,6 miliardi di euro fino al 2027 ed è stato creato per superare i vincoli giuridici imposti dai trattati europei per i finanziamenti a operazioni aventi implicazioni militari o di difesa.

Il fondo era stato ideato per fornire aiuti su bassa scala agli alleati dell’Ue e aveva come principale (ma non esclusiva) area di riferimento il continente africano. L’Epf dunque era stato pensato per intervenire in contesti ben diversi rispetto a quello ucraino, il cui alto grado di instabilità non ha permesso all’Unione di rispettare appieno quei criteri di salvaguardia previsti originariamente dal Quadro di valutazione integrato del fondo off budget.

Un’analisi impossibile

L’impostazione originaria di questo strumento prevedeva un’analisi approfondita del conflitto, degli attori in campo, dello stato delle forze armate che avrebbero ricevuto gli aiuti comunitari e della loro gestione degli armamenti, così come del rispetto dei diritti umani nel paese. Ma lo scoppio della guerra e l’assenza di attori internazionali sul territorio ucraino hanno limitato le possibilità di effettuare tutte queste valutazioni, come spiega Giuseppe Famà, direttore della sezione Unione europea dell’International Crisis Group.

L’Ue quindi ha deciso di intervenire in favore del governo di Kiev anche in assenza di un’adeguata analisi del conflitto e di una completa valutazione del rischio, scegliendo la strada di una rapida azione a sostegno del diritto all’autodifesa dell’Ucraina.

Poca trasparenza

La mancanza di adeguate garanzie non è l’unico problema che l’impiego dell’Epf nel conflitto ucraino porta con sé. In un contesto di guerra aperta come quello attuale è difficile seguire il percorso delle armi inviate a Kiev e monitorarne l’utilizzo, sia nel breve che nel lungo periodo, anche a causa di mancanza di trasparenza da parte di alcuni stati membri.

Ad oggi, infatti, i trasferimenti di materiale bellico sono stati effettuati dai singoli paesi Ue e non tutti i governi hanno reso noto quali armamenti sono stati messi a disposizione. Lo stesso esecutivo italiano ha secretato le informazioni relative alla tipologia di armi che sta cedendo a Kiev, agendo in deroga della legge 185/90 che regola l’export di materiale d’armamento. Una scelta effettuata anche da Francia, Grecia, Lituania e Romania.

Nemmeno l’attivazione dell’Epf comporterà una maggiore trasparenza nella condivisione di questo tipo di informazioni. Il consiglio degli Affari esteri Ue in formato Difesa dovrà valutare le richieste avanzate dal governo di Kiev e coordinare l’invio del materiale bellico nel paese, ma il trasferimento continuerà ad essere normato a livello di singoli stati membri, che potranno continuare a secretare i dati.

Inoltre, trattandosi di un fondo che opera fuori dal bilancio comunitario, il consiglio non è tenuto a informare in maniera puntuale il parlamento europeo sull’utilizzo dell’Epf, contribuendo così alla creazione di un gap informativo che andrà a danneggiare anche la capacità di controllo e monitoraggio della società civile. Un problema sollevato anche dall’International Crisis Group.

Problemi di controllo 

La mancanza di controllo sull’impiego degli armamenti inviati dall’Ue è un tema ancora più rilevante se si considera che all’interno dell’esercito ucraino e più in generale nel paese sono presenti gruppi estremisti come la brigata d’Azov o il partito-milizia Ascia democratica, che non hanno fatto mistero in passato della loro intenzione di rivoltarsi contro lo stesso governo di Kiev in caso di accordo con la Russia per la cessione del Donbass. Un punto su cui il presidente Volodymyr Zelensky sembra invece disposto a cedere nelle trattative con la Russia per la fine delle ostilità

Le formazioni estremiste attive in Ucraina dunque rappresentano un problema non solo per la reputazione del governo di Kiev, ma anche per la stessa stabilità del paese, soprattutto in un contesto fragile come quello post-bellico.

Per evitare che gli aiuti militari europei possano contribuire al loro rafforzamento, Bruxelles, secondo il Crisis Group e altre organizzazioni civili, dovrebbe coordinarsi con Kiev per far sì che gli equipaggiamenti comunitari non siano usati da gruppi che non corrispondono sul piano valoriale e politico a ciò che l’Unione rappresenta. Al momento il tema non sembra essere in discussione in quanto di difficile applicazione nel pieno di una guerra, ma in un’ottica di lungo periodo il monitoraggio degli armamenti inviati è cruciale per la stabilità della regione, oltre che della stessa Ucraina.

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