«Questo mestiere ti obbliga a combattere per tutte le persone che non possono farlo». A dirlo Veronica Pivetti. «Avere un microfono a disposizione porta con sé l’obbligo di occuparmi di diritti umani». Usare la visibilità per dare voce a chi non ce l’ha: è una missione che insieme ad Amnesty si è presa a cuore anche Valeria Solarino. «Noi abbiamo un megafono che è la popolarità: è come se il rapporto che ho da un po’ con Amnesty abbia dato un senso a tutto». 

Nella seconda giornata del festival che il quotidiano Domani sta dedicando alla cultura, all’arte, al cinema, alla musica e alla letteratura “Le sfide di Domani”, al Teatro Franco Parenti di Milano, le due attrici e testimonial di Amnesty international hanno discusso – moderate da Marika Ikonomu – dello stato dei diritti nel mondo nell’ambito di un panel dedicato ai cinquant’anni di Amnesty Italia.

«Il fatto che ti chiedano un selfie aumenta la responsabilità, non l’egocentrismo» dice ancora Pivetti. Insomma, bisogna prendere posizione: «Una delle più alte cariche dello stato sta cercando di non farci partecipare alla vita politica del nostro paese invitandoci a non votare al referendum. È una cosa gravissima» aggiunge Solarino. Essere presenti nella vita pubblica con un corpo, una presenza, è un diritto e dovere per tutti, ma non tutti hanno a disposizione la stessa audience. 

Un altro punto su cui si consumano le distanze nel dibattito pubblico è il modo in cui si raccontano i migranti. «Non è criminalizzando chi arriva e chi presta soccorso che si arresta la migrazione delle persone» dice Solarino, che ha anche guardato da vicino i destini delle persone che sbarcano in Sicilia. Una questione che riguarda corpi che vengono raccolti e criminalizzati anche solo per il fatto di esistere. 

Il corpo femminile

Pivetti affronta un altro significato del corpo, soprattutto quello femminile: la presunta inferiorità – teorizzato anche da alcuni scienziati dell’ultimo secolo – delle donne. «L’emancipazione femminile non si fermerà. È un momento difficile perché è entrata nelle teste di tutte le donne: germoglia dentro di noi e i maschi hanno il terrore di questa cosa perché chi ha una posizione di privilegio non vuole perderla nemmeno a morire». 

Anche i femminicidi, però, non si fermeranno, dice la conduttrice di Amore criminale: «Otterremo tante cose, anche col sangue, ma le otterremo. Vorrei che ci fosse un giorno quando le donne non dovranno più sgomitare per esistere». Solarino riflette anche sulla passività a cui il patriarcato ha ridotto la donna: «Come tutti gli oggetti in casa, la donna doveva essere bella. Adesso che la donna sta passando da oggetto a soggetto attiva nella società è importantissima la battaglia sulle parole. Bisogna dare un nome femminile alle professioni, non è un vezzo». 

Delle conseguenze di una consapevolezza completa del proprio corpo fa anche parte un’identità sessuale più realizzata. «Possiamo essere tutti uguali e tutti con diritti pieni!» aggiunge Pivetti. 

Manifestazioni e migranti

Si è parlato anche del nuovo rapporto di chi manifesta dissenso nei confronti del potere, per esempio i ragazzi che hanno occupato licei a Roma e hanno dovuto fare i conti con conseguenze molto dure. «Magari è la prima volta in cui ti occupi di qualcosa che riguarda la collettività e viene ostacolata» spiega Solarino. 

Un passaggio anche sulla storia di Maysoon Majidi, l’attivista curdo-iraniana arrestata perché accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Solarino l’ha raccontata: «Mi sembra assurdo che prima celebravamo Vita donna libertà e poi abbiamo arrestato una sua esponente. Dovremmo intervenire sull’aggravante di lucro sul favoreggiamento dell’immigrazione irregolare». L’esempio è quello del protagonista di Io, capitano, costretto dalla situazione a condurre l’imbarcazione su cui si trova con altri migranti. «Quello non è uno scafista. Si sta criminalizzando la solidarietà». 

© Riproduzione riservata