L’attacco alla Nato era il piano che stavano studiando. Avevano un contatto all’interno di una struttura sul territorio italiano e stavano costruendo armi rudimentali, così i neonazisti di Ordine Ario Romano volevano passare dalla propaganda ai fatti: «Da lì puoi fare un milione di cose, bisogna vede’ solo come movese». È una delle conversazioni agli atti dell’inchiesta della procura di Roma, che questa mattina, in sinergia con i carabinieri del Ros della capitale, ha eseguito diverse perquisizioni nei confronti di 12 indagati, esponenti riconducibili all’associazione Ordine Ario Romano, tra Cosenza, Frosinone, Latina, L’Aquila, Milano, Roma e Sassari.

L’indagine nasce dal monitoraggio che i detective del Ros stanno eseguendo da tempo sulla galassia suprematista e neofascista in Italia. Gli investigatori hanno individuato in particolare due pagine Facebook e una community VK – il social network usato dell’estrema destra- riconducibili al gruppo Ario Romano, oltre a un gruppo WhatsApp denominato «Judenfreie Liga (Oar)». Il promotore sarebbe Mario Marras, 41 enne di Sassari, che già nel 2007 era stato individuato come fondatore di un gruppo di ispirazione fascista.

Il nuovo nucleo era composto da militanti di età compresa tra i 26 e i 62 anni. Innumerevoli post e scritti sul negazionismo della Shoah e l’esaltazione di Hitler. Ma tra di loro si mandavano anche suggerimenti per «creare un modo per difenderci» quando il piano di attaccare la Nato sarebbe stato realizzato.

Le istruzioni, spiega uno dei militanti in un audio, erano state prese da Internet: «È un’ottima cosa scovare quest modi alternativi per creare un modo per difenderci, ecco… gran bel video… ce vonno due canne, un saldatore e basta e poi le cartucce quelle cartucce se rimediano», e poi le molotov «ci vuole un cazzo a farle». Per i neonazisti «basta documentasse».

Il contatto

Tra le parti su cui si indaga c’è anche un presunto complice, che secondo quanto si dicono i militanti tra loro, avrebbe lavorato alla Nato: «Ascolta c’è una persona, te posso di’ solo che ha lavorato alla Nato. È strainformato, è uno dei nostri, te dico solo che è uno che s’è rotto er cazzo...». L’incontro con il misterioso contatto interno alla Nato sarebbe avvenuto anche di persona: l’identikit, un uomo di più di 60 anni. Di più non si sa, di certo però le verifiche del militari del Ros proseguono.

Il piano, emerge dalla conversazioni tra i neonazisti, era dettagliato: «Quella cosa in progetto da tempo» si può fare di notte tramite «dei passaggi sotto, perché lui sa gli orari, i cambi, quando fanno i cambi». Un piano che doveva diventare internazionale, infatti a quanto riporta la procura avevano già lavorato per mettersi in contatto con il Portogallo: «C’è una persona all’interno del gruppo, te dico eh, che s’è offerta di parlare con amici suoi che abitano in un altro paese della zone europea, non te posso dire il nome».

L’armamento ideologico 

Non tutto, specifica la procura, può essere individuato come reato. Il gruppo ha divulgato immagini, video, e messaggi di contenuto «palesemente razzista». Più nello specifico attacchi nei confronti di persone di origine ebraica. Frequenti le citazioni ai membri del partito nazista, e in primis, ad Adolf Hitler. Oltre a lui esaltavano Goebbels, Himmler, Rosenberg e Mengele, il medico nazista che portò avanti sperimentazioni genetiche crudeli dettate dall’ideologia della purezza della razza.

I post erano di questo tenore: «Non esiste menzogna più grande dell’olocausto, i 6 milioni è tutto inventato». «L’olocausto è la menzogna del 21esimo secolo». O ancora: «La Shoa è la menzogna più madornale che possono aver inculcato in tutto il mondo per oltre 70 anni». 

Gli altri messaggi, che compaiono sul profilo VK di Marras, dipingono un «regime demo-judeocratico» creato da «quegli esseri allogeni che noi, veterani dell’antica scuola nazionalsocialista usiamo denominare in gergo “Maiali abramiti del sistema”». L’azione “Fascista nazional-socialista” «affronta il problema coi fatti e non a parole. Riconosce solo due unici geni e salvatori dell’umanità ario-iperborea: Adolf Hitler e Benito Mussolini». E infine: «Noi rigenereremo l’Italia fascista e antisemita – Siamo l’unica opposizione al sistema giudaico – Fuori i giudei dall’Italia».

Per gli inquirenti non c’è dubbio che in casi come questi si tratti di istigazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Un vero e proprio «armamentario ideologico» tipico della propaganda nazista: «Appare del tutto verosimile che una così estrema e profonda ostilità possa fungere da detonatore per iniziative future di analoga natura».

Una volta scoperti nel 2019, gli amministratori si sono affrettati a chiudere chat e gruppi. Così la violenza, attacco alla Nato incluso, è rimasta solo «sul piano virtuale e puramente ideale, senza alcuna minima traduzione nella realtà materiale», hanno scritto gli investigatori.

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