I militari del comando provinciale della guardia di finanza di Taranto hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sei soci e amministratori della Internazionale Biolife, l'azienda che era riuscita a firmare un contratto da 27 milioni con l'ente guidato dal 'ex segretario e presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti.

Si tratta di Antonio Formaro, Raffaesle Buovolo e Francesco Oliverio, «in qualità di promotori, costitutori e organizzatori», come rilevato nel provvedimento firmato dal gip Benedetto Ruberto; dell'avvocato Pietro Rosati, citato in un'inchiesta sui servizi segreti e criminalità organizzata, Luciano Giorgetti e Giacomo De Bellis, «in qualità di pertecipi».

Le accuse, a vario titolo, sono di associazione a delinquere, truffa aggravata, falso, vendita di prodotti industriali con segni mendaci, frodi nelle pubbliche forniture di mascherine, camici e tute, ai danni della Protezione civile del Lazio e di altre imprese; riciclaggio e autoriciclaggio. Si trovano tutti agli arresti domiciliari.
Dei 27 milioni previsti dal contratto, cinque erano già stati incassati, di cui quattro sono stati messi sotto sequestro dagli agenti.

L'azienda e l'accordo

L'Internazionale Biolife, come già scritto da Domani, è nata nel 2017 con 3 dipendenti, un fatturato di 330 mila euro e un utile di mille euro. Un'azienda che fino al mese di marzo 2020 operava soltanto nel commercio di integratori alimentari.
Poi la svolta con l'arrivo della pandemia: si trasforma e si immette sul nuovo mercato di mascherine, camici e tute, fino ad arrivare al contratto da capogiro con la capitale. 
L'impresa si era infatti proposta di fornire dispositivi di protezione individuali all’ente Protezione civile del Lazio, necessari per far fronte al rischio di contagio da Covid-19, e colmare il buco lasciato dalla Ecotech srl, altra azienda che si era accordata con l'ente di Zingaretti per far arrivare, tra il 16 e il 20 marzo 2020, quasi 38 milioni di mascherine ffp2 ed ffp3, e per le quali la regione aveva anticipato ben 14 milioni di euro.

Ma le mascherine non sono mai arrivate, o almeno non prima di agosto 2020, mentre di camici e tute nessuna traccia. 

Come si legge negli atti, a fronte dei contratti sottoscritti, infatti, l'azienda avrebbe fornito «documenti rilasciati da enti non rientranti tra gli organismi deputati a rilasciare la specifica attestazione e, successivamente, per superare le criticità emerse durante le procedure di sdoganamento della merce proveniente da Cina e Turchia, ha prodotto falsi certificati di conformità».

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