Anche in quest’anno scolastico il principio della didattica in presenza è rimasto solo un’intenzione. Il principio era stato cristallizzato in un decreto-legge dell’agosto scorso (n. 111/2021) e sintetizzato dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, con l’espressione “mai più Dad” (didattica a distanza).

Ma la realtà stenta a conformarsi alla volontà del legislatore espressa attraverso le norme, specie se le norme stesse non tengono conto dei dati di realtà. Se poi esse scaturiscono dal tentativo di bilanciare l’obiettivo delle scuole aperte a ogni costo con l’obiettivo di “massima precauzione” – obiettivi agli antipodi l’uno dall’altro e difficilmente coniugabili fra di loro - il tentativo di tenere insieme il tutto produce un groviglio normativo, qual è la disciplina Covid sulla gestione dei casi di positività e dei contatti stretti a scuola.

Tra norme inattuabili e incoerenti

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L’attuale situazione di disagio – scuole aperte e classi chiuse - è stata determinata, tra l’altro, da regole inidonee allo scopo dichiarato dal legislatore, quello di garantire la didattica in presenza. E le regole risultano inidonee, da un lato, se non vengono svolti studi di fattibilità preventivi, così da evitare che i migliori intendimenti del legislatore si infrangano contro il muro della realtà, cioè della effettiva realizzazione delle sue prescrizioni; dall’altro lato, se manca una valutazione di coerenza delle nuove regole rispetto alle altre vigenti sullo stesso argomento, così da garantire l'equilibrio del sistema.

Quanto al primo punto, la considerazione della concreta attuabilità delle norme, nei mesi di novembre e dicembre la previsione dei doppi tamponi (T0 e T5) a tutti gli studenti contatti di positivi a scuola concorse a determinare il collasso del sistema dei test Covid. Si era forse sopravvalutata la capacità delle strutture sanitarie. Con le nuove regole di inizio gennaio – decreto-legge del 7 gennaio (n. 1/2022) e circolare esplicativa del ministero dell’Istruzione dell’8 gennaio - seguite da altre disposizioni dettate dal decreto Sostegni-ter (d.l. n. 4/2022), il sistema dei test è stato alleggerito, ma in maniera irrilevante, e al contempo si è aumentata la burocrazia regolatoria nella gestione dei casi di positività e dei contatti stretti a scuola, con notevole aggravio per tutti.

Nemmeno con la nuova disciplina le aziende sanitarie sono riuscite a trattare i casi in modo da consentire la continuità della frequenza a scuola, e così i dirigenti scolastici hanno dovuto supplire alle carenze del sistema, come espressamente previsto da una delle innumerevoli regole vigenti. Infatti, «nel caso in cui le autorità sanitarie siano impossibilitate ad intervenire tempestivamente», il dirigente scolastico può «sospendere temporaneamente le attività didattiche in presenza».

A fronte della latitanza di centri di potere e di altre autorità, i dirigenti in molti casi non hanno potuto che adottare la soluzione più cautelativa. E i genitori hanno dovuto fare il resto, alla ricerca affannosa di strutture per i tamponi ai propri figli, con lunghe code e disagi, e di medici di base per le attestazioni richieste dalle regole o dalle scuole, oltre a molto altro.

Quanto al secondo punto, l’incoerenza tra le disposizioni vigenti – nel groviglio di norme primarie, circolari, note e Faq, spesso interpretate in maniera difforme dagli interessati – può essere compresa attraverso qualche esempio. Un ragazzo che sia contatto stretto di due positivi, asintomatico, e che abbia completato il ciclo vaccinale, deve stare a casa se è uno studente delle elementari, mentre se è alle medie o alle superiori continua a frequentare in presenza.

Sempre uno studente della scuola primaria, con due positivi in classe, anche se vaccinato con due dosi da meno di 120 giorni e asintomatico, deve stare in quarantena, secondo la citata circolare del ministero dell’8 gennaio, mentre solo in didattica a distanza, per il decreto-legge del 7 gennaio, e in auto-sorveglianza, come si evince dal decreto Sostegni-ter.

Lo stesso ragazzo della scuola primaria, con due positivi a casa anziché in classe, è libero di andare ovunque, per le regole generali previste dalla circolare dello stesso ministero della Salute del 30 dicembre scorso, ma non a scuola.

Il senso di queste disposizioni, che sanciscono trattamenti irrazionalmente contrastanti, non è dato sapere. L’incoerenza delle regole, oltre al loro affastellamento nel tempo, non solo rende difficile per i destinatari individuare quelle alle quali conformarsi, ma nuoce anche alla certezza del diritto, nonché alla fiducia delle persone nel legislatore e nelle regole stesse.

Le nuove regole, e “io speriamo che me la cavo”

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Il governo ha deciso di modificare – nel Consiglio dei Ministri del prossimo 2 febbraio – alcune disposizioni sulla scuola, probabilmente anche al fine di rimediare alle storture sopra evidenziate.

Da quanto è dato sapere, mentre nelle scuole per l'infanzia la disciplina resterà uguale a quella precedente – con un caso positivo le attività sono sospese e i bambini restano in quarantena per 10 giorni, da cui escono con tampone negativo - per le elementari le regole saranno rese conformi a quelle vigenti per le medie e le superiori. Con un positivo in classe, si applicherà l’auto-sorveglianza per tutti, quindi didattica in presenza e obbligo di mascherine Ffp2.

Con due casi positivi, vi saranno 5 giorni di didattica a distanza (anziché 10, come finora) per gli studenti non vaccinati o per quelli che hanno completato il ciclo vaccinale primario da più di 120 giorni, con obbligo di tampone in caso di eventuale comparsa di sintomi; invece, per i vaccinati con tre dosi, oppure con due o guariti da meno di 120 giorni la scuola resterà in presenza, con auto-sorveglianza e obbligo di mascherine Ffp2.

Con almeno tre contagiati nella classe, tutti svolgeranno didattica a distanza per 5 giorni (anziché 10, come finora). Il certificato medico sarà comunque richiesto solo per la riammissione a scuola dei positivi, mentre per gli studenti con super “green pass” non servirà il tampone per rientrare, purché non abbiano avuto sintomi Covid, che invece comportano un controllo con test.

Le nuove modifiche seguono a quelle di inizio gennaio, come detto, quindi di circa tre settimane fa, e poi di qualche giorno fa con il decreto Sostegni-ter. È vero che la pandemia evolve e che la regolamentazione ne segue l’evoluzione.

Ma di certo nelle ultime tre settimane non sono emerse evidenze tali da imporre certe correzioni, invece rese necessarie dai problemi operativi che le soluzioni normative avevano causato. La verità è che si cambiano le regole non perché la situazione è cambiata, ma perché le si emanano senza valutarne fondatamente effetti, senso e contesto.

Poi le regole stesse cominciano a operare, si verifica che non solo non funzionano, ma anzi producono danni, allora le si cambiano di nuovo, e così continuamente. Insomma, è un metodo in stile “io speriamo che me la cavo”. Metodo poco edificante per la scuola, e non solo, a ogni livello.

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