il report

L’arcipelago di violenza dei Cpr rende gli stranieri dei nemici

AP Photo/Luca Bruno
AP Photo/Luca Bruno
  • La dura realtà dei dieci centri sul nostro territorio è fotografata in quasi 300 pagine di rapporto: detenzione, diritti, enti gestori, salute, fino ai mesi del Covid. Niente si salva di queste prigioni pensate per espellere gli stranieri senza regolari documenti.
  • Torino, Gradisca d’Isonzo (Gorizia), Ponte Galeria (Roma), Caltanissetta, Trapani, Bari, Brindisi Restinco, Palazzo San Gervasio (Potenza) e Macomer (Nuoro), sono i dieci centri attualmente attivi, con 1.100 posti. Non si sono fermati neanche durante la pandemia, nonostante le frontiere chiuse e l’impossibilità di attuare rimpatri.
  • La Cild ha calcolato che nel periodo 2018-2021 sono stati spesi 44 milioni di euro (nello specifico 43.964.512 euro, esclusa l’Iva) per la gestione da parte di soggetti privati, cui vanno sommati i costi del personale di polizia e quelli relativi alla manutenzione delle strutture.

Harry (20 anni), Hossain Fasal (32 anni), Aymen Mekni (33 anni), Vakhtang Enukidze (38 anni), Orgest Turia (28 anni) Moussa Balde, (23 anni): a loro è dedicato il rapporto Buchi neri. La detenzione senza reato nei Centri di Permanenza per i Rimpatri (Cpr) di Cild, Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili. I sei uomini sono morti negli ultimi due anni all’interno dei Cpr italiani. «Colpevoli di viaggio», c’è scritto. Il documento La dura realtà dei dieci centri sul nostro territ

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