Appalti truccati e comitati d’affari occulti: Cuffaro rischia il carcere, la Sicilia trema

Salvatore Cuffaro, detto Totò vasa vasa, si è ripreso la Sicilia a distanza di quasi due decenni mettendosi a capo di un comitato d’affari occulto in grado di condizionare l’attività politica della regione. Questo è l’atto d’accusa della procura di Palermo. L’isola è tornata nelle sue mani grazie al silenzio interessato dei vertici locali e nazionali dei partiti di maggioranza, a partire da Fratelli d’Italia, che predicano continuità con gli insegnamenti del giudice Paolo Borsellino, e poi si spartiscono seggiole e posti con il ras democristiano. Era il 2008 quando Cuffaro, dopo la condanna a cinque anni anni e una guantiera piena di cannoli per festeggiare il favoreggiamento semplice, si dimise. Aveva promesso l’esilio politico, ma dopo aver scontato la condanna e a seguito della riabilitazione è tornato quello di sempre: inarrivabile tessitore di clientele e dispensatore di favori. In Sicilia, a guida centrodestra, la sua parola è tornata a contare. Secondo la procura di Palermo, però, non è solo politica, non è solo un sistema di potere fondato sul mercimonio. È un’associazione a delinquere, con al vertice l’ex presidente e leader della Nuova Dc, in grado di «incidere sulle nomine dei dirigenti e funzionari pubblici e regionali negli enti e apparati amministrativi di maggior rilevanza», scrivono i magistrati. I settori quelli di sempre, come la sanità, ma anche gli appalti, le opere pubbliche, «in modo tale da potere poi condizionare, attraverso questa pregressa opera di fidelizzazione, l'attività di indirizzo politico-amministrativo della regione Sicilia», si legge nelle carte dell’indagine. In pratica la regione Sicilia, guidata dal presidente Renato Schifani, è stata infiltrata dal sistema di potere costruito da Cuffaro, dalla sua volontà e dai suoi uomini. In particolare, il capogruppo in consiglio Regionale, il neo-democristiano, Carmelo Pace, ma anche Vito Raso, braccio destro dell’assessora alle politiche sociali della regione, la cuffariana, Nuccia Albano (quest’ultima non indagata). L’indagine su Cuffaro e il potere dei gattopardi che non tramonta mai nella Sicilia immobile Il Sistema Un’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla turbativa d’asta, reati per i quali la procura di Palermo ha chiesto gli arresti domiciliari non solo per Cuffaro, Pace e Raso, ma anche per il deputato Saverio Romano, esponente di Noi Moderati. Grazie alla riforma voluta dal ministro Carlo Nordio, prima dell’eventuale arresto dovranno essere sentiti dal gip. Solo dopo l'interrogatorio il giudice deciderà se accogliere o meno la richiesta di domiciliari e se chiedere al Parlamento l'autorizzazione a procedere per Romano. In tutto sono 18 gli indagati, tra questi spicca il nome di Alessandro Caltagirone, prima commissario straordinario e poi direttore generale dell'azienda sanitaria di Siracusa. Quest’ultimo in grado di condizionare gli appalti. Il sistema era semplice, secondo l’ipotesi della procura. Il funzionario pubblico, sponsorizzato da Cuffaro, telecomandava l’appalto in favore di una ditta amica dell’associazione a delinquere, la Dussmann. In cambio l’azienda garantiva la promessa di assunzioni, contratti, subappalti e altri vantaggi patrimoniali. E questo rafforzava il potere di Cuffaro e sodali in termini elettorali alimentando la capacità di incidere nelle scelte e nelle decisioni. A spingere per l’accordo, curando l’intermediazione con la società privata, anche un ex deputato del Pd e di Sel, Ferdinando Aiello, finito a fare il lobbista del settore sanitario, indagato per corruzione e turbativa d’asta, anche per lui la procura ha chiesto i domiciliari. Di Matteo e Cuffaro, l’Italia alla rovescia della lotta alla mafia Gare e concorsi truccati L’appalto finito sotto inchiesta è la gara bandita dall’azienda sanitaria di Siracusa per il servizio di ausiliarato e reception. Per aggiudicarla alla ditta amica la banda ha coinvolto, l’intera commissione di gara, i cui componenti sono indagati per turbativa d’asta. In questa vicenda, sia per l’ipotesi corruttiva che di turbativa d’asta, è coinvolto Romano. Poi c’è il concorso per 15 posti a tempo indeterminato ed a tempo pieno di operatore socio sanitario bandito dall’azienda ospedaliera Villa Sofia Cervello. Anche in questo caso schema analogo. Gli indagati Roberto Colletti, prima commissario e poi direttore sanitario della struttura, e Antonio Iacono, presidente della commissione esaminatrice, ottenevano da Cuffaro conferme e promesse di incarichi pubblici in cambio di un concorso truccato. A vincere sono stati nominativi segnalati dall’ex governatore con il contributo di Raso, il braccio destro dell’assessore regionale, che ha materialmente fornito le tracce ai candidati prima del concorso. Altro settore, stesse logiche. Giovanni Giuseppe Tomasino, direttore del consorzio di bonifica occidentale della Sicilia, avrebbe preso soldi, anche da Cuffaro e Pace in una circostanza, in cambio di appalti indirizzati a un’altra ditta amica del comitato d’affari. I magistrati descrivono l’ex governatore come in grado di «mettere a disposizione le proprie entrature e la sua rete di conoscenze al fine di commettere un numero indeterminato di reati». L’obiettivo era chiaro: «Consolidare un comitato di affari occulto in grado di infiltrarsi e incidere sulle attività di indirizzo politico-amministrativo della Regione». Cuffaro è tornato, insomma. E con l’amico Romano si dicono totalmente estranei alle accuse. Ma non serviva l’indagine per capire che la Sicilia è tornata ai piedi di Totò vasa vasa.