razzismo e insulti

Da Henry a Prandelli, il calcio dice basta al fango dei social

Quattro casi diversi, avvenuti nell’ultima settimana, denunciano in modo definitivo l’emergenza da social network nel mondo del calcio. Razzismo, bullismo, fake news, versioni calunniose dei fatti mettono sotto stress i protagonisti. Che però non ci stanno e cominciano a reagire. Assumendo così una responsabilità sociale

  • Ha cominciato Thierry Henry, disattivando tutti gli account sui social per il disgusto verso il razzismo e il bullismo imperanti, ma soprattutto in dissenso verso la mancanza di controllo da parte dei gestori.
  • A ruota, sia pur con motivazioni e dinamiche distinte, sono giunte le esternazioni del CT inglese Gareth Southgate, dell’ex allenatore della Fiorentina, Cesare Prandelli, e dell’attaccante gallese del Tottenham, Gareth Bale.
  • L’illusione della disintermediazione e del dialogo col proprio (?) pubblico si è trasformata per i calciatori in una trappola comunicativa, che li espone a essere bersagli immobili di una comunicazione aggressiva e irresponsabile. Il ritiro dai social diventa un’opzione, ma si profila anche l’ipotesi del boicottaggio.

Il momento di mettere un argine. Nel mondo deformato attraverso la lente dei social il calcio mostra una sofferenza speciale e i suoi protagonisti cominciano a non starci più. Da Thierry Henry a Gareth Southgate, da Cesare Prandelli a Gareth Bale, con distinte motivazioni e diversi toni, si alza il coro di ribellione contro i Napalm 51 del pallone. Cioè i volenterosi produttori di odio, insulti, notizie false e ricostruzioni diffamatorie. Tutto materiale che in forma di parola tossica viaggia c

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