Che fine hanno fatto l’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, il cognato di Gianfranco Fini, Giancarlo Tulliani, quello della casa di Montecarlo, e il boss della camorra Raffaele Imperiale? Si godono Dubai, il mare e il sole degli Emirati. Hanno una cosa in comune oltre all’abbronzatura: sono tutti e tre latitanti, tra i nomi più noti dei ricercati che si sono rifugiati sul Golfo Persico. Ora, però, il governo italiano sembra voglia accelerare i tempi per riportarli in Italia. Insomma, la pacchia potrebbe essere finita. La prossima settimana i funzionari del ministero della Giustizia incontreranno gli omologhi degli Emirati Arabi per parlare dei nostri latitanti fuggiti a Dubai per non finire nelle patrie galere.

«Non ci sono più scuse, ridateci i ricercati», sarà più o meno questo, liberamente tradotto dal linguaggio diplomatico, il senso della conversazione. Le autorità italiane hanno fatto quanto possibile per favorire il trasferimento dei noti politici, imprenditori e boss sottoscrivendo un accordo e poi rinnovando la richiesta di estradizione, ma questi al momento sono rimasti nella città del Golfo Persico. Era l’agosto del 2018 quando il parlamento ha approvato la ratifica del trattato di estradizione tra il nostro paese e gli Emirati Arabi, firmato nel 2015. Approvazione che sembrava aver chiuso definitivamente la questione, ma non è stato così. Sono passati due anni e i vip latitanti, boss del crimine, politici o parenti di sono rimasti dove erano: al mare, in dimore da favola.

Il cognato e il politico

Nel 2017 la magistratura ha emesso un decreto che ha sancito lo stato di latitanza di Giancarlo Tulliani. Il cognato dell’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, è a Dubai, inseguito da un mandato di cattura internazionale. È inserito nella lista dei latitanti da quando il giudice del tribunale di Roma ha firmato una ordinanza di custodia cautelare in carcere, agli atti c’era l’auspicio di Tulliani di non tornare in Italia «per evitare guai giudiziari». Il suo auspicio è stato ampiamente esaudito, visto che da allora non si è più visto in Italia. Il giudice ha riferito di una «strategia criminale reiterata». Alla fine del 2017, inseguito dai giornalisti de La7, Tulliani era stato fermato dalla polizia emiratina, ma ha aggirato il nuovo guaio legale pagando una cauzione.

Nel 2018 è iniziato anche il processo che vede imputati Francesco Corallo, il re del gioco d’azzardo legale, e lo stesso Tulliani, che avrebbe contribuito a riciclare i soldi del magnate del gioco oltre all’ex presidente della Camera e alla sua compagna, Elisabetta Tulliani.

Ad ogni udienza il cognato di Fini risulta introvabile, eppure è stata anche rinnovata la procedura per riportarlo in Italia, senza esito. La settimana prossima si discuterà anche di lui nel corso dell’incontro tra il ministero della Giustizia italiano e i colleghi arabi.

Tra politica e ’ndrangheta

A Dubai c’è anche l’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato in via definitiva nel 2013 a tre anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, perché ritenuto vicino alla ’ndrangheta. Il ministero della Giustizia ha firmato una nuova richiesta di estradizione per l’ex deputato. La richiesta è partita con destinazione ambasciata italiana a Abu Dhabi, dove verrà poi girata alle autorità emiratine. Si tratta della terza richiesta di estradizione da parte delle autorità italiane per Matacena, dopo che le prime due sono cadute nel vuoto. Questa volta la richiesta dovrebbe andare in porto, spiegano funzionari del ministero, perché ad aprile del 2019 è entrato in vigore l’accordo siglato tra i governi.

Le prime due richieste, infatti, non erano state recepite anche perché il reato di associazione mafiosa o di concorso esterno non è previsto nel codice emiratino e quindi non dava la possibilità di estradizione per persone accusate di questi gravi reati.

Matacena era fuggito negli Emirati Arabi Uniti subito dopo la sentenza del 2013 e, secondo la procura antimafia di Reggio Calabria, la sua fuga è stata agevolata dalla stessa rete internazionale che aveva aiutato un altro già senatore di Forza Italia: Marcello Dell’Utri, rifugiatosi in Libano nel 2014, dopo la condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

Tra le persone accusate di avere favorito la fuga di Matacena c’è un altro berlusconiano di peso: Claudio Scajola, più volte ministro nel governo del Cavaliere. Scajola è stato condannato a due anni, in primo grado, proprio per questa vicenda nell’ambito del processo Breakfast condotto dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo.

Narcos

Matacena e Tulliani non sono i soli latitanti a Duba. C’è anche Raffaele Imperiale, detto “Lelluccio Ferrarelle”, passato dal commercio d’acqua minerale al traffico internazionale di stupefacenti. Imperiale è un narcos originario di Castellammare di Stabia, con una rete di pedine sparsa per l’Europa che gli garantisce investimenti e il riciclaggio del denaro. Anche per lui potrebbe essere l’ultimo bagno a Dubai.

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