Dai rifiuti alla rinascita. Nel Rione Sanità la plastica resuscita

Nel cuore del Rione Sanità, quartiere che per anni ha convissuto con fragilità sociali e ombre criminali, è germogliato qualcosa di nuovo: il ReMade Community Lab. Qui la plastica non è più un rifiuto, ma materia da trasformare in vasi ispirati alle cavità sotterranee, cornici che richiamano la monumentalità di Palazzo dello Spagnuolo e portasapone che evocano i crateri dei Campi Flegrei. L’idea nasce da Massimo Punzo che, insieme a un team di designer coordinati da Susanna Parlato, Raniero Madonna e Claudio Marcello, ha avviato una factory in cui le competenze si mescolano e le radici culturali contaminano la micro-produzione. Il risultato è una filiera di riciclo a bassa complessità, inserita in un modello sostenibile di economia circolare a km zero, che coinvolge giovani, università e comunità locali. Un mare di plastica. Ma la destra lascia la legge nel cassetto La questione dei rifiuti A raccontare questa realtà è Susanna Parlato, presidente del ReMade Community Lab. Per lei, prendersi cura dei propri scarti è prima di tutto un gesto di responsabilità collettiva. «A Napoli la questione dei rifiuti resta una delle più sentite – spiega – e quando, insieme alla Fondazione San Gennaro e alla rete del Rione Sanità, abbiamo delineato il progetto, ci è sembrato naturale includere un laboratorio dedicato a questo tema. Era un passaggio necessario per generare un cambiamento non solo sociale, ma anche ambientale». ReMade è un esperimento che tiene insieme memoria e innovazione. «Adottiamo un approccio progettuale che lega le produzioni alle esigenze del contesto in cui operiamo», racconta Parlato. Essere un presidio di prossimità significa osservare l’architettura, la natura, la cultura locale e tradurle in forme, in simboli capaci di innovare senza dimenticare le radici, rappresentando un’identità in continua evoluzione. GhostNets L’esperienza educativa Durante la pandemia da Covid-19 il laboratorio ha dimostrato la propria forza sociale. «Abbiamo realizzato valvole in stampa 3D per trasformare maschere da snorkeling in dispositivi di protezione», ricorda Parlato. Un esempio di come la digital fabrication possa diventare un supporto immediato alla collettività, soprattutto quando l’industria centralizzata non riesce a rispondere con sufficiente rapidità. Ma l’innovazione generata da ReMade va oltre la tecnologia. È soprattutto nei percorsi educativi che il progetto trova la sua dimensione più trasformativa. «Insieme alla comunità educante del Rione Sanità lavoriamo su etica e ambiente, creando empowerment nei ragazzi», spiega Susanna. L’obiettivo è renderli consapevoli della loro capacità di incidere sul territorio, affinché i più giovani diventino motore di consapevolezza anche per le generazioni adulte. «Partiamo dai bambini per raggiungere l’intero quartiere». Ed è così che la sostenibilità diventa un’azione corale: la comunità porta tappi e flaconi già puliti e separati per tipologia di polimero e colore, un gesto che nella sua semplicità alleggerisce il lavoro del Lab e rende più fluido l’intero processo di riciclo. Riciclarepersopravvivere Il futuro Il team di ReMade non nasconde l’ambizione di superare i confini del Rione, trasformando la propria esperienza in un modello capace di ispirare nuovi presìdi in altri territori. «Il progetto è pensato per essere replicabile», afferma Parlato, pur riconoscendo che la nascita di nuove unità produttive dipende dalle idee e dalla visione di chi decide di attivarle. Per questo il team lavora per rendere i processi chiari e trasmissibili, affinché altri possano reinterpretarli e farli propri. Per Susanna, coordinare il progetto significa vivere quotidianamente ciò che studia come ricercatrice al dipartimento di Architettura della Federico II. «Stare a contatto con le operazioni sociali del Rione Sanità, lavorare con il team e incontrare le persone che si avvicinano a ReMade ampliando la nostra comunità è estremamente gratificante», conclude. Un’esperienza, quella del laboratorio partenopeo, che dimostra come dall’amore per il proprio territorio possa nascere un’iniziativa di comunità capace di diffondersi come un seme di cambiamento possibile.