Deborah Bergamini, nel nuovo governo Draghi, è stata nominata sottosegretaria delegata ai rapporti con il parlamento. Dal 2008 è deputata di Forza italia, liberale, ma con la passione per l’oligopolio dei balneari, tifosa di Guido Bertolaso e sostenitrice di patti, dialoghi e alleanze tra opposti. Inizia da giornalista in Toscana, a fine anni novanta conosce Silvio Berlusconi, ne diventa assistente, nel 2002 entra in Rai, durante il secondo governo dell’ex cavaliere.

Nel perenne conflitto, a bassa intensità, tra servizio pubblico e le reti berlusconiane, Bergamini benedice il rapporto di buon vicinato come emerge dalle telefonate che vedono protagonista Bergamini con i manager della controparte.

Il quotidiano La Repubblica parla di struttura Delta «un’interposizione arbitraria e sofisticatissima, onnipotente perché occulta come la P2, capace di realizzare un’azione di spin su scala spettacolare, offuscando le notizie sgradite, enfatizzando quelle favorevoli, ruotando la giornata nel senso positivo per il Cavaliere», scriveva, allora, il direttore Ezio Mauro.

Bergamini querela, l’indagine avviata viene subito archiviata, nulla di penale sfiora Deborah Bergamini, che poi lascia la Rai. La vicenda ritorna di attualità nel 2011 a distanza di qualche anno con la pubblicazione di quei brogliacci a rinverdire l’accusa politica di un patto tra mondi televisivi in conflitto.

Sergio Zavoli, allora presidente della commissione di vigilanza Rai, parla di «telefonate inquietanti». Lei si è sempre difesa rivendicando di «aver lavorato per una sola azienda: la Rai» e denunciando la pubblicazione di quelle telefonate perché «non si mette una vita in piazza, non è dignitoso per nessuno», in nome del garantismo che ispirerà, di recente, anche il giornale Riformista, edito dall’imprenditore Alfredo Romeo, sotto processo per corruzione, di cui Bergamini è stata condirettrice fino all’ottobre scorso.

Contro i giudici e per Ruby

Archiviata la pratica Rai, la deputata Bergamini, muove, insieme ai falchi del Pdl, la protesta contro le toghe e la magistratura che osa indagare Silvio Berlusconi; i fedelissimi credono alla favola di Ruby, come nipote di Mubarak; sostengono il leader definito «unico e insostituibile».

Proprio Bergamini è tra le ideatrici dell’iniziativa liberiamo la giustizia, presidio a difesa del capo, ma non servirà. Proprio quell’anno, nel 2013, l’ex primo ministro viene condannato a 4 anni per frode fiscale.

Bergamini siede alla destra del capo, come nuova responsabile comunicazione del partito, quando Silvio Berlusconi, davanti ai giornalisti presenti, costruisce una surreale contro-verità per difendersi.

Parla di golpe, di nuovi testimoni e della richiesta di revisione del processo, ma alla fine, grazie alla legge Severino, il senato vota la sua decadenza. «È sempre stata molto apprezzata nel partito, di recente ha riallacciato i rapporti di un tempo anche con Lucia Ronzulli, fedelissima del presidente e questa è una nomina meritata», dice un forzista. Sottosegretaria nel governo Draghi, insieme al M5s, eppure proprio lei, mai incline ad attacchi e invettive contro il prossimo politico, di Di Maio ha detto: «Un ministro degli Esteri degradato politicamente renderà l'Italia ancora meno influente internazionalmente di quello che già è». Il ministro degradato è rimasto agli Esteri e lei ne è diventata collega di governo.

La lobby preferita

Nella maggioranza che sostiene l’esecutivo come alleato c’è anche Carlo Calenda che ha osato mettere in dubbio la sua anima liberale. Bergamini, infatti, è liberale, ma appassionata della lobby dei balneari per il quale si è battuta strenuamente presentando un emendamento rivendicato come una vittoria.

«Bergamini ha rimandato le gare per l’assegnazione delle concessioni balneari fino al 2033. L’Italia riceve dai concessionari solo 100 milioni di euro, praticamente 0. Sono concessioni che non vanno mai a gara e i balneari pagano canoni irrisori. Voi non voterete mai me che ho cercato di scardinare questo sistema, ma i balneari voteranno Bergamini perché gli ha prorogato le concessioni», diceva, lo scorso luglio, Carlo Calenda.

Oltre al mondo dei balneari, Bergamini porta al governo anche la sua idea per il dopo-Arcuri. Già un anno fa, proprio dalle colonne del Riformista, la sottosegretaria ha suggerito di puntare tutto sull’ex capo della Protezione civile ai tempi di Guido Bertolaso, raccogliendo consensi non solo a destra.

«Per anni si è gettato fango su Bertolaso, un grande servitore dello stato che con il presidente Berlusconi ha gestito emergenze drammatiche», ha più volte ribadito.

Oggi, finalmente al governo, e con Domenico Arcuri, commissario per l’emergenza Covid, sempre più in bilico, il sogno di Bergamini di richiamare Bertolaso è sempre più vicino.

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