Da Navalny a Pasolini, fino ai medici obiettori di coscienza e al decreto sicurezza che punisce la ribellione non violenta come lo sciopero della fame: «Una cosa degna del nazismo – dice Sofri – dello stalinismo. Anche in democrazia, esistono ripostigli totalitari»
«Chi oggi si illude di essere un dissidente, si inganna», Adriano Sofri parla nella sala piena del Teatro Franco Parenti ospite de “Le sfide del Domani” e cambia l’aria. Lo fa insieme a Chiara Francini, attrice, scrittrice capace di dar forma all’inquietudine con ironia e profondità. La moderazione dell’incontro “Dissentire, essere liberi”, affidata a Daniela Preziosi ruota e rovescia il senso delle parole restituendo loro il primo significato, riavvolgendo il nastro dall'inizio. Cosa vuol dire dissentire, essere liberi, pagarne il prezzo.
Ogni frase è un taglio. «Il dissenso esiste solo in due luoghi: le dittature e le chiese. O le chiese che diventano dittature, e le dittature che si fanno chiese», dice Sofri testimone e protagonista di un’Italia attraversata dal conflitto.

Nella sala del teatro riecheggiano i nomi di Don Milani, Alexey Navalny, Pier Paolo Pasolini, Marco Pannella. Figure diverse, accomunate da una scelta e da un modo di abitare lo spazio. Dice Sofri che l’unico modo per misurare quanto sia libera una società è vedere quanto costa dissentire. Se non costa nulla, è solo un gioco.
Chiara Francini con voce ferma legge un monologo tratto dal suo nuovo libro, Le querce non fanno limoni (Rizzoli). Parla del corpo, della memoria, della giustizia che si ottiene solo passando dal dissenso. «Il corpo ha una memoria». E poi rilancia: racconta la Resistenza, gli anni di piombo, le ombre che non si vedono più, oggi, dentro questo tempo corretto dove si porta avanti un dissenso “moderato” per avere consenso. Racconta i suoi personaggi, contraddittori, idealisti e mai ideologici. «Durante la Seconda guerra mondiale era più facile individuare il male. Negli anni di piombo no. Per questo li ho messi a confronto».
C’è chi scrive romanzi e chi ha fatto la galera. Chi cerca di capire e chi già sa. Vite lontane ma che raccontano il tempo in modi opposti e complementari. Una discussione densa, asimmetrica, che riporta al presente. Sofri insiste: «I ginecologi obiettori di coscienza non solo non vanno in galera, ma fanno carriera. Quando ero giovane, rifiutare il servizio militare ti portava in cella. Adesso si fa carriera dicendo di no. Questo non è dissenso, è privilegio». Applausi e sguardi attenti, Sofri non accarezza, smuove.
La discussione giunge al governo italiano e alla discussione più attuale sul decreto sicurezza: «Non si va in carcere per ribellione, ma per reati. Il ddl sicurezza», ricorda Sofri «prevede che un detenuto che passivamente non rispetta gli ordini commette un reato. Questa è una cosa degna del nazismo, dello stalinismo. Anche in democrazia, esistono ripostigli totalitari».
Francini parla di sé, del suo modo di stare nel mondo, che è politico. «Qualsiasi cosa faccio è un atto politico. Anche scrivere».
E c’è infine una frase che resta, la pronuncia Sofri, illumina la zona di comfort dove siamo precipitati: «Quando qualcuno rivendica di essere stato coerente perché ha perso una comparsata in Rai, mi viene da dire: perché non vai a farti fottere».
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