Esistono molti tipi di economia. Oggi si fa un gran parlare di economia circolare, ad esempio, o di economia sostenibile. A Cherasco, comune della provincia di Cuneo, preferiscono parlare di economia elicoidale, qualcosa che ha a che fare con il movimento a spirale dell’elica. O con il disegno presente sul guscio delle chiocciole. Da queste parti, nel territorio delle Langhe, patrimonio dell’umanità Unesco, le chiocciole sono una prelibatezza rinomata, presenti in tante ricette della tradizione. Un cibo che in realtà conosce il suo exploit nell’immediato Dopoguerra a causa della penuria di carne.

Sono gli anni in cui vede la luce anche l’Istituto Nazionale di Elicicoltura di Cherasco, nato nel 1973, considerato il più importante centro d’avanguardia d’Europa per protezione e diffusione della chiocciola, in particolare nelle tipologie di Helix pomatia e Helix aspersa. Ragionare su un tipo di economia alternativa è quello che fanno all’istituto da qualche tempo.

Il piccolo invertebrato è la loro fonte di ispirazione come spiega Simone Sampò, presidente del centro di ricerca: «La chiocciola rappresenta la nuova frontiera dell’agricoltura», racconta Sampò, «perché parliamo di una carne ad alto livello proteico (14 per cento), poverissima di grassi (0,7 per cento, meno della sogliola) e che contiene una ricca varietà di sali minerali (abbondano calcio e magnesio, oltre a ferro e a rame) e richiede, a differenza ad esempio dell’allevamento della carne tradizionale, quantitativi di acqua – risorsa sempre più scarsa – minimi. Per un chilo di carne bovina servono oltre 11mila litri di acqua, per la stessa quantità di carne di chiocciole allevate se ne utilizzano solo 150».

Economia elicoidale

Un lavoro di ricerca sistematizzato nel cosiddetto “Metodo Cherasco” realizzato in collaborazione con l’università di Scienze gastronomiche di Pollenzo e che, nel 2022, ha ottenuto la Certificazione della prima e unica filiera al mondo per l’Elicicoltura da parte dell’Ente certificatore Bureau Veritas. Il metodo è alla base dell’economia elicoidale: «Della chiocciola di Cherasco», continua il presidente, «non si butta via niente perché otteniamo la carne per l’alta ristorazione, la bava di lumaca per i prodotti medici e cosmetici, gli intestini per l’alimentazione di altri animali, il guscio, fonte di calcare, è utilizzato nei prodotti ortodontici. Insomma, una materia prima che si autorigenera e che apre opportunità di mercato in tutti e tre i settori dell’economia: primario, secondario e terziario. Un elicicoltore virtuoso alleva ma vende anche il prodotto a proprio marchio, può realizzare e curare laboratori didattici e può partecipare ad eventi e manifestazioni. Ecco perché elicoidale, perché è un’economia che non si chiude in un cerchio, ma ha la forma di una spirale che apre nuove prospettive».

Nuovi posti di lavoro

Le prospettive, in termini economici e imprenditoriali, sembrano in effetti interessanti, stando ai dati più recenti del settore elicicolo. In Italia esistono poco meno di 1.200 allevamenti che generano un volume di affari di 500 milioni di euro l’anno. Sono circa 11mila le persone che lavorano nell’indotto e solo il 15 per cento della richiesta di chiocciole viene prodotta nel nostro paese: «Questo vuol dire», continua Sampò, «che servirebbero 3.800 gli ettari per colmare il divario di produzione e sviluppare 80mila posti di lavoro in tre anni in Italia.

Dal 2019 a oggi la chiocciola ha visto aumentare il suo valore dell’83 per cento, da tre euro al chilogrammo a 5,50 euro. La domanda è più alta dell’offerta in questo momento». Diventare elicicoltore significa sostanzialmente optare per uno dei due diversi tipi di coltura, quello a ciclo completo o quello a ciclo breve. Il primo necessità di meno di un ettaro di terreno, parte dai riproduttori che generano i piccoli di chiocciola che dovranno poi essere messi all’ingrasso.

La prima raccolta è garantita nei 12/14 mesi successivi all’apertura dell’impianto. Il secondo, molto più celere e quello in cui sta investendo in termini di formazione e marketing l’Istituto Nazionale di Elicicoltura, ha una durata di sei mesi e prevede solo l’ingrasso delle baby chiocciole consegnate all’allevatore: «Sono le baby snails», sottolinea l’imprenditore, «nate nelle apposite “sale parto” dell’istituto che simulano l’ambiente originario – mi passi il termine “terroir” di Langhe – per luce, terreno e umidità. In seguito, all’interno dei recinti di allevamento, questi animaletti si nutriranno di verdure e di integratori vegetali».

Eliminare il sapore di terra

Seguirne interamente la filiera consente di deciderne il sapore e soprattutto evitare il gusto di terra che è ancora marcante nelle chiocciole raccolte in natura. Non a caso le famose escargot à la Bourguignonne, piene di aglio prezzemolo e burro, nacquero proprio per coprire il gusto terroso delle chiocciole. L’obiettivo del metodo è invece quello di offrire un prodotto subito gradevole.

Nell’alta ristorazione il messaggio sta prendendo piede ed è sempre più lunga la lista di noti chef che hanno deciso di inserire nel loro menù le Chiocciole Metodo Cherasco: dai tristellati Michelin Da Vittorio di Brusaporto, l’Osteria Francescana di Modena, Antonino Cannavacciuolo sul Lago D’Orta e il ristorante Uliassi di Senigallia, passando per bistellati e monostellati come Davide Oldani dell’omonimo ristorante di Cornaredo e Maurilio Garola della Ciau del Tornavento di Treiso. Il cuoco Wicky Priyan, famoso per la sua alta cucina giapponese a Milano, ha messo nel menù il Maki Lumaca.

Bava cruelty free

Oltre alle sale parto, le stanze dell’istituto di Cherasco ospitano anche MullerOne, un macchinario ideato dal centro di ricerca che consente l’estrazione della bava senza uccidere la lumaca. Gli invertebrati vengono posti sotto una cupola in cui è immesso dell’ozono. L’umidità che si crea induce le chiocciole a secernere il muco: «Noi la chiamiamo la spa delle chiocciole», scherza Sampò, «perché è un po’ come praticare un benefico solletico agli animaletti. Con questo metodo cruelty-free riusciamo a ottenere 120 litri di bava al giorno».

Pare, inoltre, che oltre a star meglio loro, le chiocciole facciano stare bene anche gli altri. È nato così il progetto F-Helicicultura che vuole insegnare a bambini e ragazzi il rispetto della natura attraverso l’osservazione e la cura delle chiocciole: «Ce lo ha insegnato Slow Food, che dell’invertebrato ha fatto il suo simbolo, che è importante apprezzare la lentezza, concetto che inseriamo nei nostri progetti riabilitativi dove i pazienti traggono giovamento nel prendersi cura della chiocciola con tempi lunghi e scanditi, proprio come quelli del piccolo mollusco».

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