Lavorano nelle scuole con gli alunni disabili. Assunti dalle cooperative con contratti precari. Tra le varie proposte c’è quella di internalizzarli all’Istruzione. Ma il ministero tace
Giugno è tempo di fine scuola, di centri estivi, della gestione dei bambini disabili solo sulle spalle delle famiglie. Nel mercato del lavoro il minimo comune denominatore di questo tempo è l’educatore che nelle classi si occupa per gli alunni disabili della loro autonomia e comunicazione.
Istituiti con la legge 104 del 1992, la loro gestione è affidata agli enti locali. Lavorano nelle scuole come i docenti di ruolo e di inclusione e come i collaboratori scolastici ma non sono dipendenti statali: sono assunti dalle cooperative. «Non è uguale fare l’educatore in Emilia, a Roma o al Sud», dice Giacomo Gresta dell’Usb.
«Ma la condizione di precarietà è la stessa». Condizione che va pensata in un quadro più ampio perché senza la tutela di questi lavoratori viene meno il percorso formativo e inclusivo degli alunni disabili in classe. Vale a dire il presupposto per creare una comunità sociale a partire dalla scuola.
Nel comune di Roma migliaia di lavoratori e lavoratrici Oepac (Operatori educativi per l’autonomia e la comunicazione) hanno contratti part time di 20-25 ore settimanali con una paga di 800-1000 euro netti al mese. Sono per lo più donne, dai 23 ai 50 anni circa. «Si forma un esercito sempre più grande di lavoratori con part time involontari dove spesso non viene pagato il lavoro supplementare», dice Gresta. «Se ho un contratto a 15 ore e ne lavoro 30, quando vado in malattia vengo pagato per le 15 euro quindi prendo 3 euro l’ora e non 6».
Estate senza stipendio
Dal 9 giugno gli educatori sono senza retribuzione fino alla riapertura delle scuole. «Spesso vanno a lavorare nei bar ma per una donna cinquantenne rimane complicato ricollocarsi nel mondo del lavoro così capita che facciano anche tre lavori durante l’inverno per ammortizzare la pausa estiva».
È di qualche settimana fa l’annuncio su Facebook di un centro estivo che offriva una paga di 6 euro l’ora per gli educatori. «A maggio come Usb abbiamo chiesto al ministero del lavoro che venga istituito un reddito per i mesi estivi o quantomeno l’accesso al sussidio di disoccupazione», dice Gresta. «La CGIL ha chiesto alla regione di dare un reddito a questi lavoratori. Noi pensiamo che la risposta debba essere in capo al governo. Abbiamo infatti chiesto l’internalizzazione di questi lavoratori nel MIiur. Con le stesse garanzie e condizioni di un insegnante». La richiesta però si scontra con gli interessi economici delle cooperative.
Il governo ha tagliato 4 miliardi ai comuni che non hanno la possibilità economica di assorbire questi numeri: «Roma spende 92milioni di euro l’anno per questo servizio», spiega Gresta. «Serve un aumento del budget perché crescono ogni anno sia le spese contrattuali sia le diagnosi di alunni disabili».
Valentina, 46 anni, per diventare Oepac ha seguito a sue spese il corso previsto di formazione di 370 ore: «Per ogni operatore Il comune dà 24 euro l’ora alla cooperativa che assegna 12 euro lorde al lavoratore e il restante 50 per cento lo tiene per sé. Una parte di questo 50 per cento andrebbe investito nella nostra formazione».
Tra burnout e insicurezza
Da alcuni anni il comune di Roma non paga più l’assenza dell’alunno disabile alla cooperativa che sposta quindi l’educatore su un’altra scuola: «Ci troviamo di fronte bambini disabili di cui non sappiamo nulla», dice Valentina. «Lo scorso anno venivo continuamente spostata per coprire altre scuole. Non sapevo cosa mi aspettava il giorno dopo. Soffrivo di crisi d’ansia molto forti. Sono andata in burnout».
Una condizione vissuta da molti educatori: «Questa situazione comporta gravi disagi sulla nostra salute psichica. Prima si rimaneva a disposizione della classe per preparare i materiali e fare un lavoro di relazione sulla classe con cui l’alunno deve includersi». La ricaduta è anche sugli alunni che dovrebbero essere tutelati e che invece vengono esposti a frustrazione e discontinuità nel percorso didattico e di inclusione.
«Dal 2022 le cooperative non devono più vincere un bando emesso dal comune», dice Anna Cascioli del Comitato romano Oepac. Ora con l’accreditamento è la famiglia a scegliere la cooperativa. «Ma in realtà sono le scuole a indicare alle famiglie quali cooperative scegliere tra quelle accreditate. Ciò significa che le cooperative spesso assecondano la scuola e questo si riflette sulle nostre tutele».
«La disabilità è cambiata nel corso del tempo», dice Emanuela, 49 anni. Ci sono meno disabilità fisiche e motorie; aumentano i disturbi del comportamento. «Viviamo situazioni esplosive nelle scuole. Per fermare un bambino che stava lanciando banchi e sedie e stava fuggendo dalla scuola, sono caduta e mi sono infortunata. Una mia collega ha avuto fuori uso una mano per due mesi».
Con una precisazione: «Sono gesti fuori dalla volontà e dalla responsabilità dell’alunno. E le famiglie sono da sole». Emanuela lavora in una scuola nella zona popolare di Ostia: «Un contesto dove ci sono tante mancanze. Alcuni bambini non hanno la 104 e hanno bisogni speciali non riconosciuti». Molti educatori non reggono e lasciano il lavoro: «Non li biasimo. Chi sta da anni lo fa per passione, per una società più inclusiva, per interesse per l’essere umano non allineato, ma in fondo chi lo è?».
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