Quando l’economia mondiale uscirà dal tunnel del Covid si troverà con molti più debiti. Avrà preso a prestito dal futuro per sopravvivere alla pandemia. Poiché l’indebitamento del mondo è in crescita eccessiva da vent’anni, occorre prepararsi fin d’ora ad evitare una crisi finanziaria dopo quella pandemica.

Passato il Covid, i Pil si saranno più bassi e loro tassi di crescita rimarranno probabilmente inadeguati e diseguali come prima della pandemia, nonostante i miglioramenti strutturali, tecnologici, ecologici e redistributivi previsti con qualche ottimismo dai progetti per riparare i danni del virus.

Per contenere i rapporti fra debiti e Pil si dovrà dunque intervenire anche sui numeratori, soprattutto quando cresceranno i tassi di interesse.

La grande crisi finanziaria del 2008 è stata alimentata dal troppo crescere dei debiti pubblici e privati fin dagli ultimi anni del secolo scorso.

Abbiamo curato la crisi da debito in modo omeopatico e il rapporto mondiale fra debiti privati e pubblici e Pil ha raggiunto nel 2018, nelle stime molto approssimate del Fmi e della Banca dei regolamenti internazionali, il 250 per cento, circa 100 punti in più che 20 anni prima e 50 punti in più che nel 2008.

Ricchi e poveri

Ci sono due diversi profili del problema del debito: quello dei Paesi avanzati, che hanno soprattutto debiti interni e in valuta nazionale e quello dei Paesi in via di sviluppo che hanno spesso debiti esteri in valute estere.

La media del rapporto fra debiti privati e pubblici e Pil nei Paesi del G7 più la Spagna passa da 248 nel 1998 a 291 nel 2008 a 325 nel 2018.

Il peso dei debiti privati (di imprese e famiglie) nel primo decennio sale dovunque salvo in Germania e Giappone; dopo la crisi del 2008, scende un poco dappertutto salvo in Francia.

Scende anche perché i debiti privati vengono spiazzati da quelli pubblici che salgono dappertutto salvo in Germania.

Tutti questi numeri saranno molto più alti alla fine della pandemia. Che fare per avviarne la riduzione?

Per i debiti pubblici sarà urgente far rientrare disavanzi gonfiati dai provvedimenti per il Covid. Non mancheranno senz’altro attenzione e dibattiti sulle politiche di bilancio.

Rischia invece di essere trascurata la questione dell’indebitamento privato della quale in diversi Paesi almeno due aspetti sono cruciali: la carenza di capitale proprio delle imprese e l’aumento del numero delle cosiddette imprese zombie, cioè mantenute in vita da banche e creditori ma con ricavi netti da tempo insufficienti a rimborsare i debiti.

Per capitalizzare meglio le imprese ci si potrebbe muovere in varie direzioni: cambiare gli incentivi fiscali che, con la deducibilità degli interessi dall’imponibile, favoriscono il debito rispetto al capitale; disincentivare le banche dal prestare a imprese molto indebitate; riformare i sistemi pensionistici in modo da canalizzare di più i risparmi che li nutrono verso l’investimento azionario; incentivare i piccoli capitalisti anche migliorando la governance e la trasparenza delle imprese nelle quali possono investire.

Le imprese zombie

Circa le imprese zombie, le stime Ocse sono impressionanti: fra il 1996 e il 2016, nei 14 principali Paesi avanzati, risultavano cresciute dal 4 al 13 per cento delle imprese quotate. Immaginiamo quindi la loro incidenza fra quelle più piccole e non quotate!

La crisi pandemica potrebbe aumentarle ma anche diminuirle se gli aiuti verranno gestiti in modo selettivo, lasciando morire le imprese senza potenziale mentre si aiutano quelle promettenti.

Andrebbero comunque riviste alcune leggi fallimentari e certi aspetti dei sistemi di welfare per favorire rapidi e meno traumatici trasferimenti di risorse verso impieghi più produttivi.

Guardando al mondo meno avanzato, i suoi debiti internazionali sono molto cresciuti negli ultimi decenni, riflettendo insieme la globalizzazione e l’espansione della moneta e del credito mondiali.

Sono note le enormi difficoltà finanziarie di diversi importanti Paesi emergenti come l’Argentina e la Turchia che in passato hanno beneficiato dall’imprudenza della finanza internazionale stimolata dall’abbassamento eccessivo dei tassi di interesse sulle attività sicure.

Il debito minaccia anche i creditori

Il mondo dovrà affrontare anche le prospettive debitorie di Paesi tutt’altro che emergenti, con implicazioni importanti per la diseguaglianza mondiale e le tensioni geo/socio-politiche che ne conseguono.

La Banca mondiale stima il debito estero dei Paesi meno sviluppati con basso e medio reddito a fine 2018 in 7800 miliardi di dollari. Otto anni prima erano 4400: un aumento dall’82 al 101 per cento del valore delle esportazioni di questi Paesi.

Quel che colpisce è la piccola e decrescente parte di questo indebitamento coperta da istituzioni multilaterali quali la Banca Mondiale: dall’11 per cento del 2010 all’8 per cento del 2018.

Quasi tutto il debito è dunque bilaterale, nei confronti di singoli Paesi creditori che spesso hanno un’invadente strategia di potere nei confronti dei debitori più deboli.

Negli ultimi anni e con la crisi pandemica l’indebitamento di questi Paesi è andato crescendo al punto di fare emergere più chiaramente i suoi profili di insostenibilità. I ministri finanziari del G20 hanno deliberato la sospensione del servizio del debito (interessi e quote di rimborso) del gruppo di Paesi a reddito più basso da maggio alla fine di quest’anno.

In vista di nuove delibere in merito è stata stimata l’evoluzione degli oneri per interessi e rimborsi fino al 2024 individuando quanto di essi spetterebbe ai singoli paesi creditori.

Da questi calcoli emerge l’enorme prevalenza della Cina fra i creditori. Per fare l’esempio di due dei maggiori debitori di questo gruppo di Paesi poveri, gli interessi e i rimborsi dovuti alla Cina dall’Angola nel 2020 sfiorano il 90 per cento (previsti in 93 per cento nel 2024) e dal Pakistan il 70 per cento.

La diplomazia del G20 deve dunque affrontare un gran problema per cancellare i debiti insostenibili contenendo la leva politica che alla Cina deriverebbe dal salvataggio. 

Speriamo che il G20 del 2021, a presidenza italiana, sviluppi nuova concertazione globale per cominciare a pianificare la riduzione dei debiti nel mondo.

Nota: Calcoli dell’autore su dati Fmi  – Inoltre, il valore della media aritmetica non è ponderata con il Pil: la ponderazione non rifletterebbe la fragilità del debito dei singoli Paesi né il costo globale di un episodio di illiquidità o insolvenza di uno o più dei suoi debitori o intermediari.     

* Per Debito pubblico si intende “General government debt”

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