A 24 ore dall’attacco di Alessandro Giuli a Elio Germano, l’attore – dal palco del teatro Franco Parenti di Milano, durante l’evento di Domani dedicato alla cultura – ha replicato a distanza alle parole del ministro della Cultura, rispondendo a una domanda del pubblico. «L’obiettivo della propaganda è alzare polveroni, uno dei migliori metodi che hanno è fare dei personalismi: prendersela con Elio Germano. A me non interessa personalizzare il mio malcontento. Sono rimasto sconcertato che lui dicesse un’altra cosa, quando dice di me “cianciare in solitudine”. Questo “cianciare in solitudine” è proprio quello che mi ha preoccupato quando ho assistito alla sua “ciancia in solitudine”  poco rispettosa del Quirinale».

Giuli, durante l’evento “Spazio Cultura” organizzato da Fratelli d’Italia a Firenze, aveva esplicitamente citato Germano, facendo riferimento a «una minoranza rumorosa che si impadronisce perfino dei più alti luoghi delle istituzioni italiane, il Quirinale, per cianciare in solitudine, isolati. Mi riferisco – ha aggiunto – a Elio Germano».

Elio Germano partecipava al panel dedicato alla figura di Libero De Rienzo, in cui è stato proiettato il documentario “Sangue nostro”, sull’esordio cinematografico di De Rienzo in cui ha recitato anche un giovanissimo Germano.

«È Giuli a “cianciare in solitudine”»

Elio Germano prosegue ricordando di aver condiviso, in questi mesi, i «drammi delle persone che non sanno cosa dire alle loro famiglie, perché da un anno e mezzo sono senza lavoro. Perché il comparto cinema porta allo Stato il triplo di quanto viene investito. Queste cose dimostrano grande incompetenza. Se un ministro della Cultura, che dovrebbe rappresentare il Paese, non sa che ci sono persone a casa, vuol dire non sapere che c’è un dramma sociale e vuol dire che “ciancia in solitudine”. Se Elio Germano fa una brutta figura –  continua –  ed è distaccato dalle cose che accadono, va bene. Ma se “ciancia in solitudine” il ministro della Cultura è un problema per il Paese».

La polemica era scaturita perché, a margine della premiazione dei David di Donatello, l’attore aveva attribuito a Giuli «una grossa responsabilità» della crisi del cinema: «Piuttosto che piazzare i loro uomini come fanno i clan nei posti chiave, si preoccupassero davvero di fare il bene della nostra comunità mettendo le persone competenti nei posti giusti e incontrando i rappresentanti di categoria per risolvere davvero i problemi».

«Non sta risolvendo i problemi»

Un concetto, quello della crisi del settore cinematografico, sui cui è tornato anche durante l’evento di Domani a Milano: «Io, personalmente, non ho mai appoggiato nessun ministro della Cultura. Io ho avuto confronti e critiche con tutti. Però, sentirsi rispondere che stanno facendo un lavoro patriottico perché non danno più privilegi alla sinistra, è un discorso preoccupante. L’atteggiamento di chi sembra voglia fare piazza pulita del vecchio governo e cambiare i posti dirigenti sono loro. In dei posti importanti che fanno la differenza sulla vita delle persone mettono chi è individuato per la vicinanza politica che per la loro competenza reale. Qui mi sembra che ci si concentri molto di più sulla continua campagna elettorale, alzare polveroni. In più, la sua modalità d’espressione non aiuta, sembra che si cura più dell’aspetto esteriore che del concreto».

«Ma il cinema è fermo», ha continuato, «c’è gente disperata, che piange, che non sa cosa fare, che ha cambiato lavoro. Da un anno e mezzo il cinema è fermo. Sulle linee guida dei finanziamenti al cinema, questo governo ha messo che i soldi vanno dati soltanto a film che parlano bene di personaggi italiani. È una follia per vari motivi. La nostra storia cinematografica, che ci ha fatto conoscere all’estero, è una storia di sarcasmo, di commedia, di ironia. E poi, è compito del cinema fare delle pubblicità sul Paese? Neanche la Cina e la Russia fanno un cinema di propaganda che debba parlare bene del proprio Paese. Tre: è una cosa totalmente arbitraria. Chi decide se Berlinguer o Mussolini sono dei rappresentanti del nostro Paese? Quattro: dimostra l’incompetenza della persona per fare una cosa di parte, di propaganda, di campagna elettorale. Non sta risolvendo i problemi, questa cosa è devastante».

«Il terrorismo è un mezzo per zittire il dissenso»

«Io penso –  ha concluso Germano –  sia normale che un cittadino possa lamentarsi di un rappresentante del proprio Paese. È un po’ più inquietante –  ed è una cosa che mi succede da tanto –  che il rappresentante della politica faccia nome e cognome di un cittadino. Non so dove esiste in altre parti del mondo, non abbiamo uno strumento di difesa. Gli scorsi anni girava la mia faccia col tiro a segno sui siti della Lega. Molte persone potrebbero sentirsi legittimate a fare cose violente contro di me perché c’è qualcuno che rappresenta tanti. Sono partiti subito gli attacchi sui guadagni, sulle appartenenze. Il terrorismo è uno strumento del potere per zittire il dissenso. Noi a questo dobbiamo ribellarci, è una paura fittizia. Perché a me hanno messo paura, da sempre, eppure continuo a lavorare perché conta solo che gli porti i soldi. Dobbiamo divincolarci da questo terrorismo che fa sì che noi ci censuriamo». E poi un appello: «Non autocensuriamoci, non succede niente, è la democrazia!».

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