30 luglio 2019. La nave Gregoretti della capitaneria di porto italiana è ormeggiata in sosta all’interno del porto militare di Augusta. Sono passati quattro giorni da quando il comandante dell’imbarcazione, il tenente di vascello Carmine Berlano, aveva ricevuto l’ordine di dirigersi a nord dell’isola di Lampedusa per accogliere a bordo un numero non precisato di migranti che stavano per essere soccorsi, in due distinte operazioni di salvataggio, da un pattugliatore della guardia di finanza e da una motovedetta della guardia costiera.

Sono le ore 19.00 del 30 Luglio quando termina, a bordo della nave Bruno Gregoretti, l’ispezione dei carabinieri delegati dalla Procura della Repubblica di Siracusa. Nel decreto consegnato al procuratore capo, Fabio Scavone, i militari scrivono che «con specifico riguardo alle dotazioni e all’efficienza dei servizi igienici, docce, e alle condizioni dei luoghi individuati per il loro ricovero, è stato accertato che i migranti sono stati dislocati nel ponte di coperta di poppa; in assenza di bagni chimici, hanno la disponibilità di un solo bagno con doccia e lavandino; in assenza di impianto docce è stato messo a disposizione un tubo di gomma collegato ad un punto d’acqua per il refrigerio».

Materiale depositato agli atti del processo Gregoretti in corso a Catania contro l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona per aver impedito lo sbarco dei migranti dalla nave della guardia costiera. Nel verbale e nelle foto anche uno spazio dove in quei gironi è stata accumulata la spazzatura: circa 40 sacchi neri uno sopra l'altro. 

Contagi a bordo  

Scrivono nel loro rapporto i carabinieri che sono stati accertati «venti soggetti affetti da scabbia, un soggetto affetto da sospetta Tbc, tre soggetti da micosi cutanea». Per un totale di 29 persone sintomatiche presenti sulla nave, per alcune delle quali era stato chiesto il ricovero. Mentre il materiale sanitario e farmaceutico in dotazione alla Gregoretti «risulta inadeguato», riportano i militari, rilevando che «le condizioni igieniche sanitarie dei 131 migranti presenti sono scadenti e in graduale peggioramento data la loro permanenza a bordo». Inoltre, segnalano i detective, i migranti dormono a terra sulle coperte termiche ricevute durante il salvataggio. Una situazione che avrebbe dovuto far decidere le autorità per uno sbarco rapido. Il Viminale di Salvini li ha lasciati per quasi una settimana in quelle condizioni.

Le foto della vergogna

All’indomani dell’ispezione, i carabinieri consegnano ai magistrati di Siracusa, oltre al verbale, un ampio fascicolo fotografico  concernente lo stato dei luoghi sulla nave Gregoretti. Lo stesso giorno, il 31 luglio, il Procuratore di Siracusa, con una lettera indirizzata alla Prefettura e alla Questura della città siciliana, chiede di procedere allo sbarco immediato delle persone adducendo motivazioni di tipo sanitario. Nel frattempo, sul pontile dell’imbarcazione erano rimaste 116 persone oltre all’equipaggio. Perché i minori e i più vulnerabili erano già stati fatti scendere nelle ore e nei giorni precedenti dopo le proteste delle organizzazioni della società civile.

I muscoli del Capitano 

Così, il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, il 31 Luglio cede, autorizzando lo sbarco dei migranti, ma nel porto di Catania. La città cioè dove si sta svolgendo l’udienza preliminare del processo che lo vede imputato proprio «per avere, nella sua qualità di Ministro dell’Interno, abusando dei suoi poteri, privato della libertà 131 migranti di varie nazionalità a bordo dell’unità navale “B. Gregoretti” della guardia costiera italiana dalle ore 00.35 del 27 luglio sino al pomeriggio fino al successivo 31 luglio», si legge nel capo di imputazione.

Tuttavia, al di là delle contestazioni mosse dai giudici che hanno indagato il capo della Lega per il reato di «sequestro di persona, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, dall’abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché dall’aver commesso il fatto anche in danno di soggetti minori di età», a Catania è in corso una resa dei conti tra vecchi alleati. La difesa di Salvini infatti ha chiamato a testimoniare ex ministri che hanno, sostiene il leghista, avallato le sue scelte. Salvini, quindi, vuole dimostrare che la politica sugli sbarchi era condivisa da tutto il governo. 

Per questo in aula tra i testimoni sfileranno gli allora ministri, rispettivamente, alle Infrastrutture, Danilo Toninelli, e alla Difesa, Elisabetta Trenta. Alcuni tra gli esponenti del Governo giallo-verde già chiamati in causa, in passato, dal Capitano: «Ci sono i fatti, le carte, le mail che dimostrano che fu una decisione collegiale. I decreti sicurezza li abbiamo approvati insieme e i no agli sbarchi anche», aveva tuonato il leader della Lega contro i suoi ex alleati. E contro Palazzo Chigi, cioe Giuseppe Conte, che aveva smentito attraverso una nota ufficiale: «Nel periodo tra il 27 e il 31 luglio nell’unica riunione del Consiglio dei Ministri che si era tenuta il 31 luglio la questione della nave “Gregoretti” non figurava all’ordine del giorno e non è stata oggetto di trattazione nell’ambito delle questioni varie ed eventuali nel citato Consiglio dei Ministri né in altri successivi».

Le polemiche non cancellanole immagini delle condizioni in cui hanno vissuto i migranti «sequestrati» da Salvini. Condizioni non degne di essere umani, vittime in Libia di torture e in Italia di propaganda.

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