La semplificazione mediatica e la tendenza a scaricare tutte le colpe della guerra in Ucraina su un ristretto circolo del Cremlino hanno fatto passare un messaggio molto in voga sui social e nell’opinione pubblica: i soldati russi sono tutti poveri ragazzi mandati al macello da Putin, carne da cannone inconsapevole e vittima di questa guerra quanto i difensori ucraini.

La situazione, in verità, è un po’ più complessa. Le forze mobilitate da Mosca per l’invasione ammontano a quasi duecentomila uomini, con estrazioni e responsabilità diverse. A fianco dei coscritti ci sono soldati di professione, i veterani della Siria, gli spietati ceceni di Kadyrov, ma anche miliziani e mercenari stranieri.

A due settimane dall’inizio del conflitto il ministero della Difesa russo ha ammesso ciò che era ormai evidente dai video emersi sui canali Telegram: in Ucraina erano stati mandati a combattere migliaia di soldati di leva, convinti di partecipare solo a un’esercitazione congiunta con la Bielorussia.

Poche ore prima dell’invasione, solo i comandanti delle unità erano stati messi al corrente dei nuovi ordini e la truppa è rimasta all’oscuro sino all’ultimo, quando è caduta prigioniera delle imboscate ucraine o, peggio, è morta carbonizzata sotto i colpi dei droni Bayraktar. Il peculiare sistema di coscrizione russo merita di essere spiegato per comprendere chi sono queste giovani reclute mandate allo sbaraglio in una guerra sanguinosa.

L’arruolamento

Un militare Russo in Ucraina, frame tratto da un video del ministero della Difesa russo (Russian Defense Ministry Press Service via AP)

Le forze armate russe hanno una componente professionale e un’altra formata da coscritti della riserva. Negli ultimi decenni la Russia ha modernizzato molto la sua Difesa ma rimane ancora dipendente dalla leva per raggiungere la massa necessaria ad una guerra convenzionale.

I tanto citati Gruppi Tattici di Battaglione (Btg), l’unità preferita dai generali russi in queste circostanze, non sarebbero in grado di operare senza il contributo di uomini provenienti dalla riserva.

In Russia è prevista una coscrizione due volte l’anno in primavera ed autunno, in cui vengono convocati per le selezioni oltre un milione di uomini. Di questi, nella leva di primavera 2021 sono stati coscritti 134mila e in quella di autunno 127mila. In totale nel 2021 si sono uniti per un periodo di un anno alle forze armate circa 261mila russi, in età tra i 18 e i 27 anni.

Le persone convocate sono obbligate a presentarsi davanti a una commissione militare-sanitaria ed esistono una serie di casi di esclusione. I coscritti sono sottoposti a un paio di mesi di addestramento base e altri di specializzazione prima di essere assegnati ai reparti. La legge russa proibisce l’impiego di coscritti in combattimento se non hanno ricevuto almeno quattro mesi di addestramento, ma la legge marziale o la mobilitazione generale possono derogare a questa norma.

Sono emersi i casi in cui ad alcuni coscritti è stato chiesto di firmare un documento di dimissioni retrodatato mentre si trovavano in Ucraina. Dal 2021 il Cremlino ha implementato un nuovo programma in grado di attivare alcune migliaia di riservisti, ma i risultati sarebbero sotto le aspettative. Anche per questo, il 22 febbraio la Duma ha adottato un provvedimento sulla mobilitazione in caso di legge marziale che rende obbligatorio presentarsi su annuncio del governo.

La provenienza

Un aspetto interessante e poco approfondito nella composizione dell’esercito russo è la provenienza etnico-geografica dei soldati. Secondo alcuni analisti una quota molto significativa dei coscritti e delle vittime sarebbe appartenente a comunità non slave o regioni periferiche della Federazione russa.

Tra le migliaia di caduti, infatti, ci sono numerosi nomi tipici del Tatarstan, del Daghestan, della Mordovia, kazaki dell’Astrakhan o reclute della remota Jacuzia in Siberia. Quando le notizie della morte o prigionia dei loro figli hanno raggiunto la Russia, talvolta anche sotto forma di videochiamata con gli ucraini, le famiglie hanno protestato con i governatori e chiesto spiegazioni, come testimonia il video di una contestazione durante un’assemblea in una palestra. Probabilmente è anche per questa ragione che, nel suo discorso televisivo sull’andamento della cosiddetta “operazione militare speciale”, Putin abbia dedicato un passaggio ad elogiare il pluralismo etnico della Federazione.

Il presidente russo ha detto: «Sono un Lak, un daghestano, un ceceno, un inguscio, un russo, un tataro, un ebreo, un mordoviano, un osseto. È impossibile elencare gli oltre trecento gruppi etnici e nazionali della Russia. Penso che mi abbiate capito. Sono orgoglioso di far parte di questo popolo potente e multinazionale della Russia». L’umore delle minoranze etniche è attentamente monitorato dall’Fsb e dall’apparato repressivo interno, per scongiurare spinte nazionaliste o rivolte come quelle nel Caucaso settentrionale.

Proprio da quella regione arriva un’altra componente significativa delle truppe schierate in Ucraina e non si tratta di giovani coscritti. Il 25 febbraio il dittatore ceceno e vassallo di Putin, Ramzan Kadyrov, ha convocato in pompa magna migliaia dei suoi uomini armati sino ai denti a Groznyj, per annunciare la partecipazione all’invasione. In particolare, sono già sul campo il 141° reggimento “Sever” (nord) e il battaglione “Yug” (sud), oltre a unità della polizia Omon cecena. Ma Kadyrov ha promesso di inviare altre migliaia di uomini che potrebbero entrare in Ucraina a breve.

Questi soldati sono in alcuni casi veterani del conflitto ceceno noti per la loro ferocia. Si tratta di reparti su cui Putin può contare per operazioni sporche, come i tentativi di eliminazione del presidente Zelensky, sventati a Kiev. Se queste truppe verranno impiegate negli assedi delle città e nei combattimenti urbani, dovremo aspettarci estrema brutalità e crimini di guerra verso i civili. Vale la pena citare il fatto che alcune centinaia di ceceni in esilio si sono invece arruolati nella difesa territoriale ucraina, come il battaglione Sheikh Mansur a Mariupol, integrato da tatari della Crimea, e il battaglione Dzhokhar Dudayev.

Così come i ceceni di Kadyrov sono ben consapevoli di partecipare a un’invasione, anche i piloti dell’aviazione russa sanno benissimo di bombardare l’Ucraina e la popolazione civile. Uno degli ufficiali catturati a seguito dell’abbattimento del suo caccia si è rivelato essere un veterano della guerra in Siria, come testimonia una foto in compagnia di Bashar al Assad e Putin.

In quel conflitto l’aviazione russa ha sperimentato tattiche di bombardamento a tappeto e l’utilizzo di bombe a grappolo che potrebbero essere riproposte sulle città ucraine assediate. Alcuni ricercatori hanno segnalato anche che sul social network russo VKontakte circolano appelli di reclutamento del gruppo privato Wagner, in cerca di volontari per combattere in Ucraina. Tra questi ci sono molti ex criminali e mafiosi, così come tra i miliziani del Donbass unitisi all’avanzata. Ad esempio, il comandante del battaglione Sparta di Donetsk, Vladimir Zhoga “Vokha”, ucciso il 5 marzo in battaglia e già accusato di crimini di guerra suoi prigionieri ucraini.

La scarsità di truppe

Viste le perdite e la scarsità di truppe professioniste a disposizione, Putin ha puntato su ceceni, mercenari e stranieri per riempire le fila. Venerdì 11 il Cremlino ha annunciato l’arrivo di migliaia di miliziani siriani fedeli ad Assad in Ucraina, definiti volontari dalla propaganda russa. Questi rinforzi, per raggiungere il paese, dovrebbero tuttavia passare necessariamente attraverso lo spazio aereo turco e la posizione ambigua di Erdogan lascia un’incognita sulla loro partecipazione alla guerra. Un’altra componente con cui Putin ha tentato di rinfoltire il suo dispiegamento è l’esercito bielorusso, a seguito della visita di Lukashenka a Mosca.

Tuttavia, secondo Franak Viačorka, stretto consigliere della leader bielorussa in esilio Sviatlana Tsikhanoskaya, ci sarebbe una forte contrarietà delle gerarchie militari di Minsk e alcuni ufficiali avrebbero disertato contattando l’opposizione all’estero.

Molti si chiedono quante forze restino a Putin per proseguire il conflitto e soprattutto di che tipo, semplici coscritti o truppe veterane tenute per ora da parte.

La Russia ha schierato circa 115 Gruppi Tattici di Battaglione, un’unità alternativa alla tradizionale brigata che ha dei vantaggi in quanto più agile, ma allo stesso tempo più vulnerabile a perdere la capacità operativa. L’Ucraina sostiene di aver danneggiato o distrutto 31 Gruppi Tattici fino all’11 marzo.

Il più grande fallimento dei Gruppi Tattici deriva dal fatto che sarebbero pensati per controllare il territorio, mentre riescono a malapena ad avanzare sulle strade principali e sono vittime di imboscate. Inoltre, quando subiscono delle perdite consistenti, tali unità tattiche sono costrette a cannibalizzare altri reparti per mantenere la capacità operativa.

Riassumendo, l’ordine di battaglia russo comprende la 41a Armata con guarnigione a Novosibirsk, la 1a e la 2a Armata corazzata della Guardia, la 5a, la 6a, la 29a, la 58a, la 35a e 36a Armata, oltre all’8a e alla 20a Armate della Guardia. Il titolo di Guardie è attribuito a reparti che si sono distinti nella Seconda guerra mondiale. Sappiamo che fino ad ora sono morti almeno tre generali russi dei venti sul campo: Andrej Kolesnikov, comandante della 29a Armata, Vitalij Gerasimov (da non confondere con Valerij, quello della “dottrina”) capo di stato maggiore della 41a Armata e Andrej Sukhovetsky, vicecomandante della medesima. Si aggiungono un alto numero di colonnelli e comandanti di unità impegnate nell’invasione, che sicuramente abbassano il morale e interrompono l’esecuzione delle operazioni.

Il Cremlino ha schierato una parte consistente delle sue forze a disposizione. Potrebbe attingere da altri corpi d’armata per ora non inviati al fronte, ma l’impopolarità del conflitto tra i soldati e il basso morale suggeriscono a Putin di fare affidamento su truppe come i ceceni e forse i mercenari siriani. La variegata composizione delle forze d’invasione dimostra dunque che gli invasori non sono tutti ventenni innocenti mandati allo sbaraglio, ma segnala anche la debolezza delle forze armate russe in una guerra convenzionale.

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