Il racconto di un giornalista e fotoreporter che abita a poche decine di metri dal distributore esploso a Roma Est. Il panico, i danni e la rabbia dei residenti che da anni segnalavano la pericolosità dell’impianto
Ieri il mio quartiere Villa De Santis, un tempo chiamato Casilino 23, uno dei complessi più densamente abitati del quadrante, è stato svegliato di soprassalto da un boato. È esploso un impianto di rifornimento gpl. La mia “stecca” di palazzi, la K, è la più colpita. È quella più frontale alla stazione di rifornimento.
Faccio il giornalista, ero sveglio e stavo lavorando al pc per capire quali notizie coprire. Alle 8.23 la notizia mi è deflagrata dentro casa con una raffica violenta. Un’onda d'urto. Mi è mancata l'aria, risucchiata via dall'onda di pressione, mentre sentivo rumore di vetri infranti, urla nell'androne delle scale e sui mobili si depositava una fuliggine nera. Ma è stato un terremoto?
Sto bene, però sono scosso. In strada incontro Alberto, un musicista ventenne: è coperto di sangue ma lucidissimo. Stava guardando l’incendio che divampava fuori dalla sua stanza, aveva deciso di chiudere la finestra per non respirarne i fumi. Un paio di secondi dopo i vetri gli sono scoppiati in faccia.
I soccorritori stavano già combattendo da un’ora contro l’incendio. Il campo estivo di Villa de Santis era stato evacuato, così come il distaccamento della Croce rossa. I miei vicini in strada si chiedono perché non sia stato diramato un messaggio di evacuazione per una zona così altamente abitata. Perché nessuna allerta? Da 30 anni accanto alla stazione di gpl c'è un deposito giudiziario che lavora anche come demolitore: accumula carcasse di auto ed è pieno di materiali infiammabili. È vicinissimo a una scuola elementare, la Valentino Banal, e a una “villa”, polmone verde della zona, dove la mattina si riversano centinaia di persone.
L’esplosione ha fatto scoppiare i vetri di tutte le case delle prime tre file di palazzi, ha divelto cancelletti di ferro e inarcato le tapparelle. Dopo i sopralluoghi dei Vigili del fuoco sono state evacuate due palazzine, 21 famiglie, le hanno dichiarate inagibili. In attesa di ricevere forse un risarcimento a pagare i danni saranno intanto gli stessi proprietari.
Luisa e Carlo hanno un borsone di calcio dove hanno infilato tutto quello che sono riusciti a portare via. «Ci hanno fatto salire solo per prendere poche cose. Stiamo in ansia perché in casa c’è una crepa importante e sono saltati tutti gli infissi. Anche il garage ha subito danni. Ci siamo tagliati con i vetri ma siamo feriti anche moralmente. Venticinque anni di mutuo, tanti sacrifici e ora non sappiamo quando potremo tornare a casa. Per fortuna i nostri figli vivono qui vicino e ci daranno una mano».
Anche Antonella è stata evacuata ed è in strada: «Musumeci e Gualtieri hanno applaudito per la rapidità di intervento delle forze dell’ordine e della protezione civile. Ma la verità è che è stata una tragedia annunciata ed evitabile. Non si possono lasciare depositi e stazioni di gpl in un’area così popolata. Non hanno ascoltato i comitati di quartiere, hanno ignorato le nostre segnalazioni».
Antonella è arrabbiata: «Nel nostro quadrante c’è un'importante base militare», l'aeroporto militare Francesco Baracca, un chilometro in linea d’aria dal punto dell’esplosione. «La nostra sicurezza dovrebbe essere garantita, dovrebbe essere a prova di bomba, dovremmo essere pronti a reagire a qualsiasi minaccia. Eppure, eccoci qua, senza casa. Non erano bastati i roghi sulla Togliatti di qualche anno fa per capire che c’è bisogno di una riqualificazione delle periferie. Qui non non siamo pronti ad affrontare nessuna emergenza».
Le foto in questa pagina sono di Andrea Berrelli
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