Niente luci color arcobaleno sulle mura dell'Allianz Arena di Monaco di Baviera. Motivo: la politica deve essere tenuta lontana dal calcio. È questa la posizione assunta dall'Uefa nella giornata di ieri e ribadita stamani, per rigettare la proposta della municipalità bavarese che intendeva così esprimere dissenso nei confronti dell'ennesima legge omofoba emanata in Ungheria. E poiché proprio la nazionale ungherese stasera sarà impegnata sul terreno dell'Allianz contro la nazionale tedesca (calcio d'inizio alle 21), quel gioco di luci avrebbe avuto un impatto e un significato estremamente rilevanti.

E invece niente, perché secondo la confederazione continentale le partite dell'Europeo vanno tenute fuori dalla contesa politica e ideologica. Ma il generico appello a evitare che il calcio sia politicizzato pare una giustificazione di comodo. Perché in questa vicenda la politica c'entra eccome, ma da tutt'altra via. E chiama in causa l'ambigua posizione del presidente Uefa, lo sloveno Aleksander Ćeferin. Il cui invito all'apoliticità del calcio ha grande probabilità di essere tutt'altro che disinteressato.

Una frattura netta 

Il veto dell'Uefa è giunto nella giornata di ieri e a esprimerlo è stato lo stesso presidente. Ćeferin ha detto della necessità che la confederazione rimanga neutrale sia sul piano politico che su quello religioso e perciò non ha assecondato la richiesta del sindaco di Monaco, Dieter Reiter. Questi voleva che il principale stadio della sua città (e del paese intero) diventasse il medium per un messaggio di mobilitazione e dissenso contro l'ennesimo provvedimento legislativo omofobo e liberticida assunto dal parlamento ungherese dominato da Fidesz, il partito del premier Viktor Orbán.

La legge in questione pone il divieto di divulgare ai minori di 18 anni qualsiasi oggetto o contenuto comunicativo in cui si tratti la tematica Lgbtqi. Il provvedimento in questione ha generato una vasta mobilitazione internazionale di protesta, cui partecipano anche molti calciatori. Fra essi il portiere della nazionale magiara, Péter Gulácsi, che nei mesi scorsi si è schierato pubblicamente contro il provvedimento legislativo quando ancora era in itinere, ricevendo come risposta una vasta campagna d'odio in patria. Stasera Gulácsi, che alla vigilia della gara ha preferito astenersi dal commentare la questione limitandosi a segnalare di essersi espresso già abbastanza in passato, sarà in campo. E da una porta all'altra osserverà il collega tedesco Manuel Neuer, che indosserà una fascia di capitano coi colori dell'arcobaleno.

Un dettaglio, quest’ultimo, che l'Uefa ha deciso di lasciar passare mantenendosi però inflessibile sulla questione dell'illuminazione arcobaleno da (non) proiettare sullo stadio. Ciò che è costata una piccata presa di posizione da parte del ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas («L'Uefa manda un messaggio sbagliato») e provoca malumori presso gli ambienti politico-istituzionali Ue, che in queste ore sono mobilitati contro la legge ungherese voluta da Orbán. Il quale, per inciso, ha fatto sapere che stasera non sarà presente in tribuna all'Allianz.

I Difensori dell'Arcobaleno

Giusto nelle scorse ore il sito dell'Uefa ha pubblicato in gran fretta un comunicato intitolato “L'Uefa rispetta l'arcobaleno”. Una formula che è una bella supercazzola tanto quanto il testo:

Oggi, l'Uefa è orgogliosa di vestire i colori dell'arcobaleno. È un simbolo che incorpora i nostri valori profondi, che promuove tutto ciò in cui crediamo – una società più giusta e egualitaria, tollerante verso chiunque e senza tenere conto dell'origine, della credenze o del genere. Qualcuno ha interpretato come 'politica' la decisione dell'Uefa di respingere la richiesta della città di Monaco di illuminare coi colori dell'arcobaleno lo stadio di una gara di Euro 2020. Al contrario, era la richiesta stessa a essere politica, legata alla presenza della squadra ungherese per la gara di questa sera contro la Germania. Per l'Uefa l'arcobaleno non è un simbolo politico, ma un segno del nostro impegno per una società più diversa e inclusiva.

Antani come se fosse blinda. Viene quasi fuori che quelli dell'Uefa siano i Difensori dell'Arcobaleno, da scriversi così in maiuscolo come se fosse una nuova serie di fumetti Marvel. E invece le cose non stanno esattamente così.

Il bacino elettorale dell'Est

Il comunicato dell'Uefa giunge nelle ore in cui una lettera contro la legge omofoba approvata dal parlamento ungherese viene firmata dai rappresentanti di 17 paesi presso il Consiglio Affari Generali Ue. L'Italia si aggrega un po' in ritardo, ma soprattutto c'è che leggendo la lista delle adesioni spicca un elemento: vengono tutte da paesi euro-occidentali con aggiunta delle repubbliche baltiche. Nessuna firma dai paesi dell’Est, che si tratti dei quattro di Visegrad, di Slovenia e Croazia, o di Romania e Bulgaria.

Un'assenza sistematica. Segnata giusto dai paesi che per Ćeferin, il primo presidente Uefa proveniente dall’est Europa e giunto a quella poltrona tramite voto (prima di lui soltanto l'ungherese Śandor Barcs era stato a capo dell'Uefa, ma ad interim e per meno di un anno fra il 1972 e il 1973), costituiscono il principale bacino elettorale. Le relazioni con quei governi vanno tenute salde, specie se si pensa che invece dal quadrante occidentale giunge per l'avvocato sloveno il nemico più acerrimo: la Superlega. È politica anche questa, caro Ćeferin. Ma di levatura ben più bassa che quella schierata in difesa dei diritti della persona.

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