Il cammino verso il dischetto è stato come un lungo addio. Kylian Mbappé lo sentiva e forse lo sentivamo tutti mentre lo vedevamo viaggiare verso una svolta di carriera e di destino. Stava per chiudere la sua prima vita da star del calcio mondiale, quella in cui la strada verso il successo pare un lungo rettilineo privo di trappole, per andare verso una seconda fase per la quale non era pronto. Forse nemmeno immaginava potesse esservene un'altra. E adesso che ci si ritrova deve attrezzarsi per affrontare il segmento adulto della carriera. Dove nessuno più è disposto a concederti qualsiasi cosa e a farti aperture illimitate di credito. Devi riguadagnarti tutto da capo, portandoti dietro la tara della prima disillusione.

Non solo storytelling

Adesso che tutti quanti sappiamo come è andata, lui compreso, è facile rappresentare queste scene da storytelling per raccontare il rovesciamento del mondo dell'attaccante francese, passato da hero a villain nel breve volgere di pochi secondi e 11 metri. Ma proprio questa è stata la piega degli eventi. Completamente avversa a lui. Dal cerchio di centrocampo, lì dove attendeva il proprio turno nella serie dei rigori, deve essergli parso che l'orizzonte si stesse pericolosamente trasformando in un imbuto. E lui DOVEVA passarci dentro.

Le condizioni in cui tutto stava avvenendo portavano esattamente verso l'evento negativo. A partire dal fatto che gli svizzeri fossero stati designati a tirare per primi. Non è affatto vero che, quando si va a giocarsela ai rigori, è meglio tirare per secondi perché si godrebbe del vantaggio di sapere come è andato il tiro degli avversari. È vero l'esatto contrario: meglio tirare per primi, scaricare la tensione prima degli avversari e metterla addosso a loro, quale che sia l'esito del tuo tiro (se hai segnato non possono sbagliare, se hai sbagliato non possono mancare l'occasione per approfittarne).

E in quella serie di rigori Kylian era stato designato a essere l'ultimo tiratore nella serie di 5. A ogni rigore segnato da compagni e avversari l'orizzonte a imbuto si stringeva fino a diventare un corridoio claustrofobico, con vista il portiere svizzero Yann Sommer al centro di una ristretta porzione di porta.

Da come ha proceduto verso il dischetto era chiaro che l'errore fosse nell'aria. Tiro neanche malaccio ma parata strepitosa di Sommer. Che poi è anche rimasto lì un attimo senza esultare in modo particolare, come non si fosse reso conto che quello era l'ultimo rigore della serie e la sua prodezza consegnava alla Svizzera il passaggio ai quarti di finale. Invece Kylian è stato lì a guardarsi intorno, senza capacitarsi. Il primo minuto della sua nuova vita, da idolo abbattuto.

Sono affari di famiglia

«Sono desolato, non sarà facile voltare pagina». È un estratto delle parole postate via social dall'attaccante dopo l'errore. Piena consapevolezza che sarà complicato ripartire, tanto più dopo tutti gli atteggiamenti da primadonna tenuti durante la stagione giunta al capolinea col rigore fallito a Bucarest. Negli ultimi mesi Mbappé ha dato ripetutamente l'impressione che il Paris Saint Germain (per inciso, il club più ricco e munifico al mondo unitamente al Manchester City) gli stesse stretto. Di sicuro avrà davanti un'estate intera per meditare sui propri errori (non soltanto quello dal dischetto) e prepararsi a un ritorno in campo che negli stadi francesi sarà estremamente complicato.

Ma intorno al caso Mbappé sarà l'intera nazionale francese a dover rivedere alcune cose riguardo al suo ambiente. Dai campioni del mondo in carica ci si sarebbe aspettati tutt'altro rendimento e invece la nazionale di Didier Deschamps non ha mai convinto pienamente. Ma il punto più delicato della questione riguarda non già il campo, quanto la gestione dell'ambiente intorno ai Bleus. Che risulta popolato da troppi clan familiari. Le tensioni fra Veronique Rabiot, la mamma-agente dello juventino Adrien, e le famiglie dello stesso Mbappé e di Paul Pogba hanno fatto il giro dei media internazionali.

La signora Veronique era presente sugli spalti dello stadio di Bucarest così come gli altri familiari dei calciatori. E si è dapprima scagliata contro i Pogba, alla fine dei tempi regolamentari, perché il gol del 3-3 svizzero era nato da una palla persa dal centrocampista del Manchester United. Quindi è toccato al clan Mbappé, dopo il rigore sbagliato, sentirsi apostrofare con invito affinché indottrinassero il figliolo a essere meno arrogante. Un bel quadretto di affari di famiglia che spiega bene quale possa essere il clima dello spogliatoio francese e chiama la federazione a dare un bel giro di vite. Fra un anno e mezzo ci sarà da difendere un titolo mondiale e in queste condizioni l'impresa sarà ardua.

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