Un incubo che inizia ad assumere i contorni di una profonda ingiustizia, di quelle che ti cambiano la vita per sempre. Un’ingiustizia che potrebbe coinvolgere anche lo stato visto che tra gli indagati ci sono quattro carabinieri. Il protagonista è un giovane ventisettenne milanese che è stato accusato di un reato di una gravità inaudita, violenza sessuale, oltre che di resistenza a pubblico ufficiale. Prima è finito in carcere, poi ai domiciliari continuando a dirsi innocente.

Le prime crepe nella ricostruzione arrivano quando la parte offesa ha ritrattato la prima versione fornita agli inquirenti addossando la responsabilità delle sue parole ai carabinieri. I dubbi si sono fatti più sostanziali consultando i video e gli audio depositati, che Domani ha visto e ascoltato, nei quali la donna di fatto leggeva la denuncia spiegando, successivamente, che sono stati i militari a suggerirle le frasi più compromettenti. Lei leggeva in italiano, ma non capiva visto che parla cinese.

La svolta, due mesi dopo le rivelazioni di questo giornale, è arrivata con l’iscrizione nel registro degli indagati di quattro carabinieri per falsità ideologica. Si tratta di Gianluca Carofalo, Marino Castano, Francesco Cruciani e Andrea Naso, tutti del reparto operativo del nucleo radiomobile di Bologna. Carofalo e Castano sono i carabinieri che intervennero quella notte mentre Naso e Cruciani erano nella seconda gazzella che arrivò poco dopo. Non solo, tra gli indagati c’è anche la denunciante per il reato di calunnia oltre che i suoi familiari per il reato di violenza privata.

Un quadro che risulta totalmente ribaltato, anche in questo caso la fase dell’indagine è quella preliminare e tutti sono innocenti fino a pronunciamento di condanna definitiva. Già lo scorso novembre, il giudice per le indagini preliminari, Sandro Pecorella, aveva deciso di revocare i domiciliari per il ragazzo, che nel frattempo ha perso il lavoro, con queste parole: «In effetti le indagini difensive evidenziano un andamento dei fatti che appare incompatibile con la versione dei fatti resa dalla parte offesa anche se è chiaro che qualcosa è accaduto perché altrimenti non si spiega il perché persone che non sono neppure conosciute dall'indagato dovrebbero essere così adirate con questi». Torniamo a quella notte.

La versione doppia

Sono le 3 e 25 del 29 settembre dello scorso anno. Viene segnalata una rissa in strada e i carabinieri intervengono. Ci sono due uomini, uno in stato di alterazione colpisce l’altro, i militari sedano lo scontro ma uno dei due mette in atto «una vera e propria aggressione nei confronti dei carabinieri che venivano colpiti più volte con calci e pugni dall’uomo».

Qui si configura il primo reato, la resistenza. Il secondo si concretizza poco dopo quando i militari vedono due donne (una in gravidanza) che piangevano. Una dichiarava «di aver subito una violenza sessuale posta in essere dal soggetto da noi fermato», si legge. Nell’audio della denuncia, che Domani aveva già rivelato, la donna legge chiaramente un testo e in due parti accusa il giovane. «Mi appoggiava le mani sulle spalle, palpeggiandomi per circa mezzo minuto, con l’intento di spingermi verso il muro allo scopo di tenermi bloccata strusciando il suo corpo sopra il mio». La donna continuava: «Il citato uomo è stato molto violento anche con voi carabinieri perché ha colpito con svariati calci i primi due carabinieri che sono arrivati sul posto». Una testimonianza decisiva, il ragazzo viene arrestato, ma il quadro accusatorio viene totalmente ribaltato dalle indagini difensive, condotte dall’avvocato Paolo Sevesi, e ora dall’iscrizione dei militari.

Il giorno cruciale è quello dell’incidente probatorio quando arriva la completa ritrattazione: la donna dice «di aver letto senza capire», «che ha scritto...poliziotto (carabiniere, ndr) e ha fatto leggere». Ha negato che l’uomo le abbia detto «Vieni qui, fatti toccare, ti voglio solo toccare lì». Quando il pubblico ministero, Luca Venturi, le ricorda la parte della denuncia riguardante i presunti colpi sferrati contro i carabinieri, la donna dice: «Quella frase ha aggiunto polizia (carabinieri, ndr)».

Una ritrattazione che ora ha portato all’iscrizione dei carabinieri. «La cosa grave è che quel verbale lo firmano in sei carabinieri su otto, quattro ora sono indagati. Possibile che nessuno abbia sollevato un dubbio, posto una questione di opportunità su quello che stava facendo? Emerge un quadro di omertà preoccupante oltre alle conseguenze fisiche e morali per il mio assistito», dice l’avvocato Sevesi. Il legale ha presentato una memoria alla procura per chiedere ai pubblici ministeri di valutare l’iscrizione dei carabinieri anche per i reati di arresto illegale e calunnia.

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