Per la prima volta dopo un ventennio hanno portato due squadre agli ottavi di finale di Champions. Sono Feyenoord e PSV, quelle che hanno eliminato Milan e Juventus: la prima ora è sulla strada dell’Inter. Hanno un campionato con club dall’età media fra i 24 e i 26 anni, e stranieri che vengono da 56 nazioni diverse. Corsa, qualità e mescolanza: sanno ancora stupire
Una ha cambiato allenatore, artefice di una «falsa partenza» nonostante la sua squadra sia decimata dagli infortuni e «manchi di qualità»; l’altra è definita «in vrije val», in caduta libera: questione di prospettive, e il bello del calcio è anche questo, poter valutare in maniera opposta situazioni analoghe, a seconda dei punti di vista.
Già, perché le parole di cui sopra sono quelle che la versione online di Voetbal International, il più antico settimanale sportivo dei Paesi Bassi, ha utilizzato negli ultimi tre giorni per descrivere l’attualità, rispettivamente, di Feyenoord e Psv Eindhoven. Un po’ quello che in Italia si sta scrivendo di Juventus e Milan, ma mentre gli olandesi criticano le loro squadre per ciò che non stanno riuscendo a ottenere in campionato, per le italiane la cartina al tornasole è evidentemente l’Europa (i bianconeri vengono da cinque vittorie consecutive in A, anche se non tutte convincenti), dove sono state eliminate proprio dal Psv, la squadra di Motta, e dal Feyenoord, quella di Conceição, più che meritatamente e nonostante i favori del pronostico.
L’habitat ideale del genius loci
Forse, allora, proprio da questa considerazione – che quanto accade nelle coppe è un magnifico regalo, un’avventura nella quale potersi liberare e mostrare il genius loci calcistico, senza sovrastrutture – si può partire per cercare di capire l’attualità di un movimento, quello dei Paesi Bassi, che in Europa sta volando.
Lo raccontano i percorsi in Champions del Psv di Peter Bosz e del Feyenoord oggi affidato a Robin Van Persie, entrambe agli ottavi di una competizione nella quale erano considerate vittime sacrificali (e, per inciso: tra andata e ritorno, in otto giorni, l’Arsenal e l’Inter sono le nuove squadre chiamate appunto a sacrificarle), ma pure quelli di Az Alkmaar e Ajax, che sono ancora in gioco in Europa League, mentre il Twente è stato eliminato ai playoff di quest’ultima competizione e solo il Go Ahead Eagles si era fermato prima della qualificazione alla fase di campionato di Conference League.
Insomma: quattro club su sei ancora in ballo e con la Francia nel mirino, perché il ranking Uefa per nazioni stagionale vede l’Eredivisie in corsia di sorpasso sulla Ligue 1: prima dell’inizio degli ottavi erano 14.857 i punti dei francesi, sesti (con tre squadre in gioco), 14.750 quelli degli olandesi e, se questo sorpasso magari non cambierà granché la prossima stagione, nel periodo di cinque anni su cui si calcolano i coefficienti per i posti disponibili nelle varie coppe, per la stagione 2026-27 il sogno di portare tre club in Champions non è impossibile: attualmente l’Olanda è sesta: serve il quinto posto, dunque tenere dietro il Portogallo e superare la Francia.
La rincorsa è partita dal basso, dall’annata in cui l’Uefa, facendo debuttare la Conference League, rese periferica l’Eredivisie, facendole per paradosso un buon servizio: il Psv vi retrocedette dopo essere stato eliminato prima dalle qualificazioni di Champions, quindi dal gruppo di Europa League, e giunse ai quarti, mentre il Feyenoord arrivò alla finale di Tirana, persa con la Roma di Mourinho.
Oltre l’algoritmo
Tirana, già. C’era, sulla panchina degli olandesi, Arne Slot, capelli zero ma tante idee in testa, più o meno come Erik Ten Hag, che però allora allenava l’Ajax (lo aveva portato, nel 2019, sino alla finale di Champions) ed era molto più di moda, tanto da aver convinto il Manchester United ad affidargli l’ennesimo tentativo di ricostruzione post Ferguson.
Ebbene: ciò che non è riuscito a Ten Hag ai Red Devils – ma non è che il suo successore, il portoghese Ruben Amorim, stia facendo meglio, anzi: allo United i problemi vanno ben oltre l’identità del tecnico – sta invece riuscendo proprio a Slot al Liverpool, perché la sua squadra sta dominando la Premier League e, sinora, ha messo in mostra il calcio più efficace, oltre che godibile, anche della Champions.
L’ex Feyenoord potrebbe così diventare il primo olandese a vincere il campionato inglese, Slot, e a farlo al primo tentativo, cosa che non riuscì nemmeno a miti quali Guus Hiddink o Louis Van Gaal. Slot, ad Anfield, l’ha portato un algoritmo, ed è in questo momento il miglior spot per l’intelligenza artificiale applicata al calcio, ancor di più valutando chi è stato chiamato a rimpiazzare, vale a dire Jürgen Klopp, il tedesco nel quale la Liverpool dei Reds, in campo e fuori, si era totalmente identificata. Magari l’empatia con Slot non sarà completa come quella con Klopp, ma il Liverpool attuale è decisamente orange, nella filosofia del tecnico e nella presenza in rosa di Virgil Van Dijk, Ryan Gravenberch e Cody Gakpo.
Con loro il discorso può spostarsi anche sulla nazionale, della quale il difensore è capitano, per ricordare che i Paesi Bassi non vengono considerati oggi vivere l’era di una qualche generazione d’oro (dei ragazzi nati dopo il 2000, sono Xavi Simons, il già citato Gravenberch e Frimpong quelli di maggior valore), eppure ai Mondiali in Qatar sono stati eliminati ai quarti e solo ai rigori dall’Argentina e, allo scorso Europeo, in semifinale dall’Inghilterra. Funziona, l’Olanda di Ronald Koeman, anche senza effetti speciali.
Dopo tutto, nella Eredivisie non cercano necessariamente la rottamazione e, per un Farioli – anni 36 ancora da compiere, italiano che al calcio olandese doveva molto già prima di giungervi, lanciatissimo verso il titolo con l’Ajax – c’è appunto un Bosz che di anni ne ha 61 e non è affatto superato.
Una lezione mandata a memoria
In tutto questo, può apparire singolare che non sia ancora stato citato Johan Cruijff, la cui lezione in panchina è ormai mandata a memoria da gran parte dei tecnici che allenano o hanno allenato in Eredivisie. Lo spirito del calcio del luogo è, ormai da anni, sempre lo stesso, uno spirito d’attacco, in sé, se vogliamo, anche poco originale: tutte – ma proprio tutte – le squadre della massima divisione neerlandese 2024-25 scendono in campo, a livello di sistema di gioco, con la difesa a 4 e, a parte Go Ahead Eagles e Nac Breda che giocano stabilmente con il 4-4-2, le altre si dividono tra 4-3-3 e 4-2-3-1, mentre l’Utrecht privilegia il 4-1-3-2.
Corsa, ampiezza e qualità, all’interno di rose invece eterogenee in termini di provenienza e di età, dove possono trovare spazio e possibilità di incidere tanto veterani come Perisic e Klaassen, quanto giovanotti come Flamingo e Rijkhoff, al punto che l’età media delle squadre varia in un range molto limitato, tra i 24,1 anni dell’AZ e i 26,4 del Rkc Waalwijk, e dove gli stranieri sono la metà dei calciatori della varie rose e vengono da 56 Paesi diversi, per una confluenza di esperienze che poi, in campo, migliora le caratteristiche endemiche di un calcio a sé stante.
Perché è un porto, il calcio olandese, un luogo di nessuno e per questo di tutti, e nonostante le logiche economiche dell’Uefa lo abbiano reso periferico e i club europei egemoni lo vedano come una miniera da depredare, sa ancora stupire perché ha sempre qualcosa da mostrare.
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