L’ambiguità dei leader sovranisti

Meloni e Salvini proteggono i fascisti ma fingono di non conoscerli

  • C’è una legge non scritta negli statuti della destra istituzionale, con i neofascisti si convive ma non ci si sposa. I movimenti extra parlamentari lavorano sul territorio, catalizzano consenso nelle periferie, si intestano battaglie contro i migranti e alimentano scontri per difendere il diritto del «prima gli italiani».
  • La sede del giornale che in questi mesi ha preparato il terreno agli scontri di Roma e all’assalto della Cgil ha sede in un immobile di proprietà della fondazione Alleanza nazionale. «Hanno fatto riunioni fino a prima degli scontri», dice una fonte investigativa a Domani. 
  • Anche a Milano la linea dei partiti di Meloni e Salvini è equivoca. Qui cambiano le sigle, ma non l’ambiente con il quale interloquiscono alcuni rappresentanti istituzionali di Lega e Fratelli d’Italia. C’è anche un eletto con la Lega che viene dal neofascismo secondo il quale se definirsi patriota vuol dire essere fascisti «io lo sono». 

Tenere il conto di quante volte Giorgia Meloni è intervenuta sulle case popolari occupate da immigrati è compito arduo. «La proprietà privata è inviolabile», la parola d’ordine di Fratelli d’Italia. Più facile è calcolare quante volte Meloni ha chiesto di sloggiare dalla sede della fondazione Alleanza Nazionale a Roma ai neofascisti arrestati e accusati di essere i registi dell’assalto alla sede nazionale della Cgil. Il conto è semplice: zero. C’è una legge non scritta negli statuti della destr

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