La funivia di Stresa, dove domenica 14 persone sono morte in un incidente, è un’impresa gestita da mezzo secolo dalla famiglia Nerini di Verbania. Ma gli impianti di risalita richiedono parecchia manutenzione e hanno costi molto alti e così, negli ultimi decenni, i Nerini hanno chiuso più volte l’impianto, a volte per anni, per cercare dal comune o dalla regione i finanziamenti con i quali mantenerlo in attività.

I problemi

La storia della funivia di Stresa è quella di un continuo tira e molla tra la famiglia che lo gestisce da generazioni, il comune di Stresa e la regione Piemonte. Tra il 1995 e il 1997, ad esempio, l’impianto viene chiuso e i dipendenti ricevono una lettera di licenziamento. L’impresa deve ricomprare i cavi d’acciaio, anticipa il denaro per l’acquisto che ritiene spetti alla regione, ma la giunta trattiene il rimborso perché sosteneva che prima bisognasse fare una gara tra fornitori.

La situazione si sblocca nel 1998, ma la funivia chiude per nuovi lavori di manutenzione nel 1999. Nel luglio del 2001, quaranta persone restano bloccate nella cabina a causa di un incidente e l’impianto deve essere nuovamente chiuso. Riapre solo nel gennaio dell’anno successivo. Seguono nuovi stop e continue discussioni con la politica locale. La questione tocca da vicino gli abitanti del lago. «Stresa è il principale attrattore turistico del Lago Maggiore e il monte Mottarone con la sua funivia è una delle principali attrazioni di Stresa», spiega Enrico Borghi, deputato del Pd originario della zona e uno dei primi ad arrivare sul luogo dell’incidente.

L’ultimo restauro

Alla fine, in un modo o nell’altro, un accordo per mantenere in funzione l’impianto viene sempre trovato. Ma la questione resta ingarbugliata: oggi non è chiaro nemmeno chi sia il proprietario dell’impianto, se il comune o la regione.

L’ultima chiusura per un lungo periodo avviene tra 2014 e 2016. L’impianto è arrivato alla sua data naturale di scadenza e deve essere sottoposto a una ricostruzione quasi completa, un “revamping” come dicono in gergo.

La società della famiglia Nerini non ha i soldi per effettuare i lavori e non partecipa nemmeno alla prima gara per trovare un nuovo affidatario, che va deserta. Ma dopo due anni di interruzione si arriva a un accordo. «Comune e regione concorrono alla ristrutturazione che costa circa 4 milioni e 400mila euro», ricorda Borghi.

«Il titolare della concessione non era in grado di affrontare l’investimento», concorda Giacomo Olivo, responsabile della federazione dei trasporti della Cgil di Novara-Vco. «Così è intervenuta la regione e il comune, che ha avuto grandi difficoltà a reperire le risorse».

Un evento eccezionale

I lavori sono affidati alla Leitner di Vipiteno, in provincia di Bolzano, una società che opera in tutto il mondo ritenuta un’eccellenza del settore.

Valeria Ghezzi, presidente di Anef, l’associazione dei gestori di impianti di risalita, descrive Leitner come una società di fama mondiale, un’eccellenza nella costruzione e nella gestione degli impianti di risalita. «Non posso garantire per tutti – dice – ma l’attenzione alla sicurezza nel nostro settore è maniacale».

Sempre alla Leitner è stata affidata l’attività di manutenzione dell’impianto. Le ultime ispezioni si sono svolte lo scorso novembre e non hanno rivelato nulla di anormale. L’impianto aveva tutte le certificazioni in ordine.

Tutto, insomma, dovrebbe far pensare che la funivia di Stresa, nonostante i suoi lunghi decenni di problemi, sia stata costruita e mantenuta a opera d’arte.

Eppure, domenica, due diversi sistemi di sicurezza hanno fallito contemporaneamente: il cavo trainante e il sistema di freno, che avrebbe dovuto agganciare la cabina al secondo cavo e impedire che scivolasse all’indietro fino a staccarsi e a precipitare al suolo per 20 metri, causando il più grave disastro per il settore dal crollo della funivia del Cermis nel 1998.

Per un evento eccezionale come questo, servirà una spiegazione altrettanto eccezionale.

 

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